Nel 1978, Ivano Fossati compose un brano di notevole pregio per Anna Oxa, intitolato “Un’emozione da poco”, in cui si ripeteva il ritornello: “La mia incoerenza, pensare che vivresti benissimo anche senza”. Mario Monti, tuttavia, non si occupa di tematiche amorose, sebbene la sua incoerenza sia ampiamente riconosciuta a livello internazionale. Oggi, l’ex banchiere, sostenuto da Silvio Berlusconi e successivamente incaricato da Giorgio Napolitano di guidare l’Italia, ha raggiunto un livello di ridicolità senza precedenti.
Accuse di subordinazione agli Stati Uniti
Mario Monti ha accusato Giorgia Meloni di essere eccessivamente influenzata dagli Stati Uniti e da Donald Trump. Se tali accuse provenissero da un oppositore politico, come un membro del Partito della Rifondazione Comunista o un attivista dei centri sociali, potrebbero suscitare dissenso, ma anche rispetto. Provenendo, invece, da un individuo strettamente legato alle multinazionali, che ha costruito la propria carriera grazie alle lobbies, all’alta finanza, all’Unione Europea liberista e agli Stati Uniti, tali affermazioni risultano particolarmente irritanti.
Un bluff elevato a statista nell’epoca della decadenza
Mario Monti fu nominato Commissario Europeo nel 1994 da Silvio Berlusconi, dal quale prese immediatamente le distanze. La sua carriera è stata caratterizzata da rapporti privilegiati con i veri detentori del potere: agenzie di rating, lobbies bancarie, plutocrazie e, naturalmente, gli Stati Uniti. Inoltre, Monti, in qualità di senatore a vita, viene spesso presentato come uno statista, una valutazione che appare alquanto discutibile e rappresenta un riflesso dei tempi decadenti in cui viviamo.
Sottomissione a Barack Obama
Durante il suo mandato di 14 mesi a Palazzo Chigi, Mario Monti si mostrò eccessivamente deferente nei confronti di Barack Obama, impegnato in operazioni militari in Nordafrica. Che un ex Presidente del Consiglio, e soprattutto un senatore a vita, ruolo che dovrebbe essere esercitato con imparzialità, esprima tali opinioni è altamente discutibile. Che tali opinioni provengano da Mario Monti è palesemente ridicolo.
Mario Monti, noto per la sua posizione liberista, ha dimostrato una certa incoerenza nelle sue convinzioni, adottando un approccio keynesiano per sé stesso. Filo-atlantista per tutta la vita, ha beneficiato notevolmente di questa posizione, ma ora, in merito alla questione ucraina, manifesta una neutralità che suscita perplessità. Nonostante la sua associazione con le Borse, Monti viene talvolta paragonato a Che Guevara, una figura apparentemente incongrua.
Se Mario Monti fosse attualmente il Presidente del Consiglio, la sua visione per l’Italia, che ha mostrato equilibrio e fermezza nella questione di Kiev, suggerirebbe un ruolo di neo impero ribelle, pronto a opporsi a Mosca. Questa prospettiva implica che l’Italia abbia l’autorità di determinare l’esito di un conflitto complesso, in cui ha assunto un ruolo di mediazione per tutelare l’Ucraina. È improbabile che Monti, in tale posizione, intraprendesse azioni ostili contro gli Stati Uniti; la sua influenza sarebbe probabilmente limitata a un ruolo di consulenza.
È pertinente ricordare le parole di Indro Montanelli, giornalista anticomunista di spicco, che, pur avendo polemizzato con Beppe Niccolai, deputato missino, espresse una preferenza per i comunisti più convinti rispetto ai democristiani mediocri. Montanelli criticò coloro che non sapevano prendere una posizione chiara o che evidenziavano incoerenze. Queste parole risuonano particolarmente in relazione alla posizione di Mario Monti.



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