Cavolo, come vola sto tempo. Tre anni e mezzo fa—sembra preistoria ormai—l’Unione Europea tutta solenne: “Niente soldati, niente armi, solo aiuti umanitari per Kiev e qualche sanzioncina a Mosca”. Già, certo. Poi, pian piano, la solita parabola: “Beh dai, qualche arma leggera, ma solo difensive! Così, per aiutare l’Ucraina a resistere mentre si chiacchiera a Istanbul”. Poi, oplà: “Ok, armi pesanti e pure offensive, però eh, giuriamo: solo per rispedire i russi da dove son venuti, mica per attaccare la Russia.”
Indovina? Poi via di missili a lungo raggio, ma “solo per colpire in Russia, ma solo vicino al confine, promesso!” e ovviamente, qualche settimana dopo: “No vabbe’, ormai tiriamo missili dappertutto, pure in Siberia se serve.” Poi si sbloccano 800 miliardi per riarmare la Ue e la Nato che vuole il 5% del Pil, con le famose “truppe volenterose” spedite a Kiev, ma—eh—solo dopo la pace, per scoraggiare future invasioni. Che, se ci pensi, è un modo brillante per non arrivarci mai, alla pace. Cioè, se Putin si è messo a fare la guerra proprio per non vedere la Nato in Ucraina, secondo te ora che si sente pure in vantaggio, accetta la Nato in casa? Sì, come no.
Tre giorni fa, l’ultima finta foglia di fico è volata: a Parigi, venti su trentotto “volenterosi” dicono sì alle truppe, e stavolta nessuno si sforza più nemmeno di fingere che sarà solo a guerra finita. Zelensky intanto gongola: “Arriveranno migliaia di soldati, così avremo garanzie di sicurezza subito”. Tradotto: truppe europee in Ucraina, guerra ancora in corso.
Intanto, Francia e Germania—alla faccia dei rispettivi parlamenti—stanno allargando gli ospedali militari: si aspettano una pioggia di feriti. E poi fanno pure la faccia sorpresa se Putin dice: “Oh, se vedo truppe Nato in Ucraina, specialmente ora, diventano bersagli legittimi”. Dai, mentre si spara, secondo te chi distingue un ucraino da un francese col fucile? Ma va’. Eppure i nostri media, gli stessi che qualche giorno fa si bevevano la storia del “complotto russo contro l’aereo di Ursula”, adesso gridano alla “minaccia di Putin all’Europa”. E nel frattempo piangono perché, dopo il raduno di Parigi, quasi tutti i “volenterosi” si sono già dati malati: “Solo Francia e Baltici si stanno preparando davvero. Coalizione in salita”. Sì, come scalare l’Everest in infradito.
Parliamo della Francia, intanto: governo evaporato, Macron a rischio sfratto. Ma i veri duri sono i baltici, no? Estonia, Lettonia, Lituania: tutti insieme fanno più o meno gli abitanti di San Pietroburgo, con eserciti da sagra di paese—3.700, 1.500 e 10.000 soldati. Manco la metà di quelli che la Russia arruola in un mese. Carri armati? Praticamente zero. Navi da guerra? Un sogno. Missili e aerei? Dai, non scherziamo. Eppure in Europa comandano su economia (il lettone Dombrovskis), politica estera (l’estone Kallas) e difesa (il lituano Kubilius). Insomma, una specie di armata Brancaleone digitale che illude Zelensky e provoca Putin, prontissimi a fare quello che gli americani fanno da decenni: iniziare guerre e, puntualmente, perderle.
Ah, e poi c’è Mattarella che giura “l’Ue non ha mai scatenato conflitti”. Certo, a parte le due guerre mondiali (dettagli), e quei 79 giorni di bombe sulla Serbia quando il vicepremier si chiamava—indovina un po’?—Mattarella. Un parente lontano, magari?



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