Il governo italiano si appresta a sbloccare domani la Carta docente, un bonus di 500 euro destinato all’aggiornamento professionale degli insegnanti, ma le spese legali legate a questo provvedimento superano le risorse che sarebbero state necessarie per includere fin dall’inizio i docenti precari. Recentemente, la Carta è stata estesa anche ai docenti con contratto di supplenza fino al 30 giugno, ma fino all’anno scorso era riservata solo ai supplenti con contratto annuale, escludendo così la maggior parte dei precari.
Le nuove norme, introdotte con il decreto Scuola, non risolvono le controversie legali già aperte. I sindacati della scuola hanno a lungo denunciato quella che appare come una discriminazione ingiustificata, che ha portato a decine di migliaia di ricorsi legali. I precari hanno prevalso in questi contenziosi, ottenendo il diritto al risarcimento delle spese legali e, naturalmente, ai 500 euro della Carta. Nonostante i ritardi nel pagamento delle sentenze, il costo che lo Stato dovrà affrontare per aver violato la normativa europea sulla parità di trattamento tra personale a tempo determinato e personale di ruolo è superiore a quanto avrebbe speso includendo tutti i docenti fin dall’inizio.
Per ogni Carta docente non riconosciuta, il ministero è stato quasi sempre condannato a risarcire spese legali che si aggirano intorno ai 2000 euro. Negli ultimi tre anni, i costi totali hanno raggiunto un miliardo di euro e si prevede che questa cifra aumenti fino a un miliardo e mezzo, rappresentando un evidente spreco di denaro pubblico.
In questo contesto, la deputata Piccolotti di Avs ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Istruzione, Valditara. Secondo le informazioni in possesso della parlamentare, il contenzioso in materia di lavoro scolastico è aumentato drasticamente dall’ottobre 2022, assumendo i contorni di un fenomeno strutturale. Il valore complessivo di tutti i contenziosi è stimato oltre un miliardo e mezzo di euro.
La causa principale di questo aumento è attribuibile alla mancata attuazione delle direttive europee riguardanti la parità di trattamento tra personale a tempo determinato e personale di ruolo, insieme alla disapplicazione della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Le vertenze, che si sono quasi sempre concluse con esiti sfavorevoli per il Ministero dell’Istruzione, hanno generato un ingente spreco di risorse pubbliche e un impatto finanziario significativo per le casse dello Stato.
Si stima che circa 110.000 ricorrenti abbiano contestato il diniego della Carta docente ai precari, in violazione del diritto dell’Unione Europea. Sebbene un recente intervento normativo, attraverso il Decreto 127/2025, abbia esteso il bonus da 500 euro anche agli insegnanti non di ruolo con contratti annuali, questo non risolve le problematiche pregresse e continua a escludere i supplenti con almeno 150 giorni di servizio, contravvenendo alla giurisprudenza della Corte di Cassazione.
Inoltre, si stima che circa 30.000 ricorrenti abbiano contestato la disparità di trattamento retributivo tra docenti di ruolo e docenti a termine, mentre circa 70.000 ricorrenti chiedono l’equiparazione economica e giuridica al personale stabile, in violazione della clausola 4 della direttiva 1999/70/CE. Vi sono anche circa 110.000 persone che hanno avviato o intendono avviare ricorso per la mancata monetizzazione dei giorni di ferie non goduti, in contrasto con il principio europeo di effettività dei diritti del lavoratore.



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