Dodici anni dopo, le tracce genetiche individuano Bossetti come colpevole dell’omicidio di Yara Gambirasio, con dubbi ancora aperti circa il DNA mitocondriale.
La tragedia di Yara Gambirasio, tredicenne di Brembate di Sopra scomparsa il 26 novembre 2010, è stata risolta solo attraverso un’imponente indagine forense. Il suo corpo, ritrovato il 26 febbraio 2011 in un campo a Chignolo d’Isola, portava tracce genetiche fondamentali: il DNA “Ignoto 1” rinvenuto sugli slip e sui leggings, associato a un taglio sul gluteo della ragazza .
Da quella traccia è partita una massiccia raccolta DNA tra migliaia di uomini residenti nella zona. Grazie a sofisticati test sul cromosoma Y si è risaliti al padre putativo, un ex autista di bus deceduto nel 1999, e di lì alla madre naturale, Ester Arzuffi, infine al suo primogenito vivente: Massimo Giuseppe Bossetti, muratore di Mapello .
Il 16 giugno 2014 Bossetti viene fermato durante un finto controllo stradale, con test del DNA eseguito tramite etilometro. Il profilo genetico è risultato concordare con “Ignoto 1” . L’accusa ha presentato l’evidenza anche delle telecamere che avevano ripreso il furgone di Bossetti passare di fronte al centro sportivo di Brembate di Sopra e dalle celle telefoniche agganciate quella sera .
Nel primo grado, in appello e infine in Cassazione (12 ottobre 2018), la sentenza confermava l’ergastolo per l’omicidio aggravato . Nonostante ciò, la difesa continua a contestare la prova principale: o il DNA sarebbe inquinato, o la quantità sarebbe insufficiente, e il profilo mitocondriale mancherebbe . Allo stesso modo, è stato evidenziato un secondo profilo genetico, definito “Ignoto 2”, che farebbe pensare a una possibile contaminazione .
In carcere, Bossetti, assistito dagli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, ha sempre sostenuto la sua estraneità: “Il Dna mitocondriale… non c’è. Vorrei capire anche io come il mio Dna è finito sugli slip di Yara” . Ha inoltre ipotizzato la contaminazione dovuta a strumenti da lavoro, rubati e insanguinati per un’epistassi cronica .
Sul fronte opposto, esperti come la criminologa Roberta Bruzzone hanno ribadito la solidità dell’analisi forense: “Il Dna trovato sulle mutandine della ragazza è il suo… ha rifatto gli esami due volte… non c’è nessuna possibilità di errore” .
Nel corso del 2021 la difesa ha chiesto l’accesso ai reperti originali, conservati presso il San Raffaele di Milano, ma il tribunale di Bergamo ha respinto la richiesta a causa dell’esaurimento delle tracce di DNA decisive . Restano tuttavia richieste di revisione del processo e i legali continuano a cercare nuovi esami .
Di recente, anche il Gip di Venezia ha aperto un’inchiesta sul comportamento del pm Letizia Ruggeri, accusata di possibili depistaggi legati alla gestione dei campioni genetici .
Il quadro resta complesso: da un lato prove genetiche, telecamere e tracciamento del cellulare che hanno portato all’individuazione di Bossetti; dall’altro dubbi tecnici sulla qualità e conservazione del DNA. Il caso è oggetto di diverse docuserie e analisi mediatiche incentrate sui lati oscuri dell’inchiesta e delle procedure analitiche.
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