Secondo le dichiarazioni di Andrea Beretta, ex leader ultrà dell’Inter e ora collaboratore di giustizia, Pietro Andrea Simoncini, 42 anni, è stato scelto per la sua esperienza in azioni violente, essendo coinvolto in una faida criminale nel suo paese d’origine. L’omicidio di Vittorio Boiocchi, avvenuto sotto casa il 29 ottobre 2022, sarebbe stato commissionato dallo stesso Beretta per prendere il controllo degli affari legati alla Curva Nord di San Siro.
L’organizzazione del delitto è stata attribuita a Marco Ferdico, storico portavoce della Curva Nord, che ha pianificato l’operazione con l’aiuto di Simoncini e di Daniel D’Alessandro, soprannominato “Bellebuono”. I due avrebbero eseguito materialmente l’omicidio utilizzando una moto Gilera appositamente modificata.
Le indagini hanno evidenziato che Simoncini è stato reclutato direttamente da Ferdico, il quale è legato alla famiglia del 42enne attraverso la relazione con sua figlia Aurora. Ferdico, attualmente agli arresti nell’ambito di un’inchiesta della Dda sul tifo organizzato milanese, avrebbe sfruttato i legami personali per coinvolgere Simoncini nel piano.
Originario di Soriano, in Calabria, Simoncini è noto per essere coinvolto nella “faida delle Preserre”, un conflitto di ‘ndrangheta iniziato nel 1988 e ancora irrisolto nella provincia di Vibo Valentia. Questo scontro coinvolge diversi comuni calabresi, tra cui Gerocarne, Pizzoni e Vazzano. Ferdico stesso ha giocato a calcio in una squadra locale di Soriano, rafforzando i legami con il territorio e con Simoncini.
Nel luglio 2022, Simoncini si è trasferito a Milano per pianificare l’omicidio. Ha iniziato a studiare il territorio, concentrandosi sul quartiere Figino, dove risiedeva Boiocchi. Le analisi dei tabulati telefonici mostrano che il suo cellulare si agganciava frequentemente alle celle della zona e dello stadio Meazza, segnalando la sua presenza nei luoghi chiave.
In particolare, il 27 ottobre 2022, due giorni prima dell’omicidio, Simoncini è stato localizzato nei pressi del “Baretto”, un punto di ritrovo vicino a San Siro frequentato dai membri della Curva Nord. Secondo gli inquirenti, quella sera Simoncini avrebbe osservato Boiocchi per identificarlo con precisione come obiettivo. Beretta ha confermato questa ricostruzione, affermando che Simoncini si era recato al “Baretto” proprio per vedere Boiocchi di persona.
Durante gli interrogatori condotti dal pm Paolo Storari, Simoncini ha ammesso la sua partecipazione all’omicidio: “Ho preso parte all’omicidio di Vittorio Boiocchi”. Difeso dall’avvocato Mirko Perlino, il 42enne ha raccontato i dettagli dell’operazione.
Secondo la sua versione, lui e D’Alessandro si sono recati in via Fratelli Zanzottera a bordo di uno scooter Gilera, verniciato di nero per evitare riconoscimenti. Inizialmente alla guida c’era D’Alessandro, ma a causa dell’uso di cocaina, quest’ultimo sarebbe caduto durante l’operazione. A quel punto, i due avrebbero invertito i ruoli: Simoncini sarebbe passato alla guida del mezzo mentre D’Alessandro avrebbe sparato cinque colpi di pistola calibro 9 contro Boiocchi, uccidendolo sul posto.
La confessione di Simoncini è stata supportata dalle dichiarazioni di Ferdico e di suo padre Gianfranco, che avrebbero fornito ai due esecutori la moto, l’arma e un compenso di 15mila euro ciascuno. Ferdico ha inoltre ammesso che il delitto era stato pianificato nei dettagli per settimane al fine di eliminare Boiocchi e consolidare il controllo sulla Curva Nord.
Le indagini continuano a far luce sugli intrecci tra criminalità organizzata e tifo violento a Milano, portando alla luce dinamiche complesse e legami profondi tra i protagonisti coinvolti in questa vicenda.
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