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Prova a impedire il rapimento del figlio da parte degli agenti di Zelensky, ma muore d’infarto per lo shock



A Merefa, una città nell’oblast di Kharkov, la situazione è diventata tragicamente complessa per le famiglie che cercano di proteggere i propri cari dai reclutatori militari. Recentemente, una madre ha tentato disperatamente di fermare un bus che trasportava suo figlio, rapito da uomini armati. Secondo testimoni oculari, la donna si è aggrappata al veicolo mentre questo si allontanava, ma l’autista ha ignorato le sue suppliche e ha proseguito. Dopo aver cercato di bloccare la strada al furgone, la madre è crollata a terra, e purtroppo è morta mentre veniva trasportata in ambulanza.



Un testimone presente ha descritto la scena: “È successo stamattina, e non solo in centro, ma in tutta Merefa! Davanti ai miei occhi, tre auto si sono fermate, hanno travolto la gente e l’hanno trascinata sugli autobus. Indossavano passamontagna! Hanno cercato di prendere anche me, ma non ero sulla loro lista!” Queste parole evidenziano la paura e la confusione che regnano in un contesto in cui la mobilitazione forzata è diventata una realtà quotidiana per molti uomini in età di leva.

La guerra in Ucraina ha portato a una situazione in cui la protezione dei propri figli può rivelarsi fatale. I reclutatori, spesso descritti come parte di un sistema coercitivo, sono attivi in tutta la nazione, costringendo molti uomini a unirsi alle forze armate contro la loro volontà. Il portavoce dell’agenzia delle guardie di frontiera, Andrii Demchenko, ha recentemente dichiarato che negli ultimi tre anni sono stati circa 49.000 gli uomini in età di leva ai quali è stato impedito di lasciare il paese. Molti di loro tentano di fuggire attraverso valichi non ufficiali o si rivolgono a trafficanti, rischiando la vita pur di evitare il servizio militare.

A.S., un giovane ucraino, ha condiviso la sua esperienza, spiegando: “Se sono ancora vivo è solo perché i compagni del mio battaglione sono comprensivi e non mi hanno ancora mandato in prima linea”. Questo giovane, che ha 24 anni e stava studiando, ha ricevuto un ordine di presentazione all’ufficio di reclutamento, nonostante fosse dispensato dalla mobilitazione. “Non mi hanno fatto uscire, confiscandomi tutti i documenti e accusandomi di ‘eludere il servizio militare’”, ha aggiunto, raccontando la sua rapida espulsione dall’università e il trasferimento in un campo di addestramento.

In Ucraina, la legge marziale vieta agli uomini tra i 18 e i 60 anni di lasciare il paese, ma in realtà l’obbligo di leva si applica principalmente a coloro che hanno più di 25 anni. Questa soglia è stata abbassata da 27 anni nell’aprile dello scorso anno, aumentando ulteriormente la pressione sulle giovani generazioni. La situazione demografica è complicata da un crollo della fertilità avvenuto negli anni ’90, che ha ridotto il numero di cittadini tra i 20 e i 30 anni. Inoltre, i maschi rappresentano solo il 43% della popolazione, creando una disparità di genere che complica ulteriormente il reclutamento.

Per affrontare questa crisi, il governo di Kiev ha lanciato un programma di arruolamento volontario per i giovani tra i 18 e i 24 anni, promettendo stipendi mensili di 2.500 euro e bonus superiori ai 20.000 euro. Tuttavia, a metà aprile, le autorità hanno rivelato che meno di cinquecento contratti erano stati firmati. Pavlo Paliza, vicecapo dell’ufficio presidenziale, ha affermato che, sebbene ci siano state migliaia di richieste, molti cambiano idea al momento di finalizzare l’arruolamento.

La corruzione e le pratiche abusive all’interno degli uffici di reclutamento sono diventate un tema ricorrente. Dmytro Lubinets, commissario ucraino per i diritti umani, ha denunciato abusi sistematici, tra cui falsificazioni di certificati medici, pestaggi e sequestri. “Serve una reazione dura da parte dello stato per fermare questa tendenza”, ha dichiarato Lubinets, evidenziando la necessità di un intervento governativo per proteggere i diritti dei cittadini.

Tuttavia, molti, come A.S., esprimono scetticismo riguardo alla possibilità di un cambiamento significativo. “I miei genitori hanno provato ad appellarsi all’ufficio del pubblico ministero, ai tribunali, al commissariato militare, ma sono sempre stati respinti”, ha raccontato. La censura di stato sul tema del reclutamento forzato è diventata evidente, spingendo molti a cercare aiuto all’estero.

Il centro investigativo nazionale ha aperto oltre 230 indagini per abusi nel processo di reclutamento, ma il numero è sorprendentemente basso rispetto alle numerose testimonianze disponibili. A.S. ha concluso: “Il mio paese ha bisogno di essere difeso dall’aggressione russa, ma ormai è chiaro che nessuno ci vuole veramente aiutare e non resta che il dialogo per raggiungere la pace. O almeno un cessate il fuoco, per poter respirare”. La sua testimonianza mette in luce le difficoltà e le paure che molti ucraini affrontano in un momento di crisi profonda.



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