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Quando un amore infelice sfocia in omicidio: la vicenda di Melania Rea



Poco prima delle 15, il centralino del 113 di Teramo riceve una telefonata inquietante. Un uomo di mezza età, con un accento locale, segnala il ritrovamento di un cadavere mentre si trovava in una passeggiata nel bosco di Ripe di Civitella, vicino a un chiosco. L’informatore, pur non mostrando segni di shock, suscita sospetti di mitomania o di uno scherzo. Tuttavia, le autorità avviano immediatamente le verifiche.



Il punto indicato nella segnalazione è una zona boscosa adiacente a un chiosco di legno gestito da Carlo N., noto per le sue simpatie nostalgiche. Qui, su un tappeto di foglie e aghi di pino, giace il corpo di Carmela Rea, conosciuta in famiglia come Melania. La donna è seminuda, con ferite evidenti e una siringa conficcata nel cuore, mentre il suo corpo è avvolto in una scena di violenza.

Poco dopo la scoperta, il telefono della famiglia Rea a Somma Vesuviana, a circa 40 chilometri da Napoli, squilla. È il fratello di Melania a recarsi sul posto per identificare la vittima, mentre il marito, Salvatore Parolisi, riceve la notizia da un amico delle forze dell’ordine. Riconosce immediatamente il luogo del ritrovamento come quello dove, due settimane prima, si era appartato con la moglie durante una gita. Nonostante entrambi siano campani, i Parolisi risiedono a Folignano, dove Totò, militare del 235° Reggimento Piceno, ha la possibilità di alloggiare in caserma. Spesso portano la loro figlia Vittoria, di 18 mesi, a giocare nel parco di Ripe, dove Melania si era allontanata per andare al bagno e non era più tornata.

L’analisi della scena del crimine rivela che Melania è stata aggredita con un coltello. L’assassino l’ha colpita da dietro, cercando di sgozzarla e infliggendole 35 coltellate, fino a farla morire dissanguata. Non contento, il killer torna sulla scena per incidere misteriosi segni simili a una svastica sulla pelle della vittima. Questo gesto, apparentemente simbolico, viene inizialmente interpretato come un’aggressione sessuale, ma gli inquirenti escludono questa ipotesi, ritenendo più probabile che i pantaloni fossero abbassati perché Melania era stata sorpresa mentre si accovacciava.

Scartata l’idea di un maniaco, si esplora la pista di un possibile fanatico, anche se i giudici ritengono che i segni siano un tentativo di depistaggio. La siringa e un laccio emostatico trovati sul posto potrebbero suggerire un collegamento con un tossicodipendente, ma le indagini si concentrano su Salvatore Parolisi e il suo comportamento.

La storia tra Melania Rea e Salvatore Parolisi è complessa. Melania, figlia di un militare, si era innamorata di Salvatore, che lavorava come istruttore in una caserma femminile. Nonostante le differenze sociali, i Rea avevano accolto Parolisi come parte della famiglia. Dopo la nascita della loro figlia, Melania aveva ricominciato a sentirsi felice, ma la situazione si era complicata quando scoprì che il marito aveva una relazione con una giovane allieva.

Quando Melania affrontò Salvatore riguardo alla sua infedeltà, lui minimizzò l’importanza della relazione, promettendo di tornare alla vita coniugale. Tuttavia, il 19 aprile 2011, mentre Melania era ancora scomparsa, Parolisi contattò la sua amante, chiedendole di cancellare i suoi contatti. I messaggi recuperati dagli inquirenti rivelano un uomo che, mentre si mostrava addolorato per la scomparsa della moglie, stava in realtà continuando la sua relazione extraconiugale.

Le indagini si intensificano e, tre mesi dopo l’omicidio, Salvatore Parolisi viene arrestato. L’arresto porta alla luce le problematiche all’interno della vita militare, dove le relazioni extraconiugali sono comuni e spesso coperte dai colleghi. Parolisi chiese ai suoi compagni di non menzionare le lunghe telefonate avute in pausa e cercò di evitare che venissero organizzate ricerche per Melania.

Il processo per l’omicidio di Melania Rea si trasforma in un evento mediatico, con i dettagli della relazione extraconiugale di Parolisi che catturano l’attenzione del pubblico. La figura di Salvatore emerge come quella di un uomo calcolatore e distante, che avrebbe programmato l’omicidio per mantenere i privilegi di marito e padre, mentre Melania era vista come un ostacolo alla sua carriera.

Nel luglio 2016, Salvatore Parolisi viene condannato a vent’anni di reclusione per l’omicidio della moglie. La Corte di Cassazione conferma la condanna, e il militare, attualmente in carcere, ha subito un degrado. La piccola Vittoria, testimone della tragedia, è stata affidata alla famiglia materna. Quando Melania è stata trovata, indossava un braccialetto con il nome di Salvatore e una catenina con l’incisione: “Con te sarà sempre un nuovo giorno d’amore.”



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