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Scintille a La7, Mieli rompe il silenzio: “I comunisti li facevano e nessuno scriveva nulla”



Durante un episodio di In Onda, il giornalista Paolo Mieli ha suscitato scalpore con le sue dichiarazioni riguardo alla percezione dei reati politici in Italia, in particolare in relazione alla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, che ha provocato la morte di 85 persone. L’occasione del dibattito era il 45esimo anniversario di questo tragico evento, e Mieli ha colto l’opportunità per affrontare una polemica attuale che coinvolge la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.



La discussione è stata innescata dalle parole di Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage, che ha criticato Meloni per aver cambiato il linguaggio utilizzato per descrivere l’evento. L’anno scorso, infatti, la presidente aveva parlato di “matrici neofasciste”, mentre recentemente ha optato per un approccio più generico, definendo l’accaduto semplicemente come “terrorismo”.

Bolognesi ha affermato: “Presidente Meloni, condannare la strage di Bologna senza riconoscerne e condannarne la matrice fascista è come condannare il frutto di una pianta velenosa, continuando ad annaffiarne le radici”. Queste parole hanno acceso un dibattito acceso nel programma, ma è stata la risposta di Mieli a colpire maggiormente l’attenzione del pubblico e dei presenti in studio.

Intervenendo nel dibattito, Mieli ha affermato: “Nessuno chiama i reati terroristici di sinistra comunista”, sottolineando una disparità nell’uso dei termini. Ha continuato dicendo che nelle sentenze e nelle targhe commemorative non si trova mai la dicitura “qui i comunisti ammazzarono Aldo Moro”, suggerendo che tale differenza di linguaggio sia ingiustificata. Secondo Mieli, “questa differenza non dovrebbe esserci”, e ha esortato a una maggiore coerenza nella definizione dei crimini politici, indipendentemente dalla loro origine ideologica.

Il giornalista ha anche messo in discussione il modo in cui i crimini delle Brigate Rosse siano percepiti nel discorso pubblico, affermando: “Nessuno, compreso me, si sogna di definire i crimini delle Brigate Rosse stragi comuniste; allora non dovrebbero neanche definirsi tali quelle del terrorismo nero”. Questa affermazione ha scatenato la reazione della giornalista Giovanna Botteri, la cui espressione è stata ripresa dalle telecamere, evidenziando la sorpresa e il disappunto per le parole di Mieli.

Il dibattito ha messo in luce una questione più ampia riguardante la memoria storica in Italia e il modo in cui vengono trattati i diversi episodi di violenza politica. Molti osservatori hanno notato che l’interpretazione dei fatti storici tende a variare a seconda dell’ideologia politica, e le parole di Mieli hanno sollevato interrogativi sulla necessità di una narrazione più equilibrata e onesta.

La strage di Bologna rimane uno dei momenti più bui della storia italiana, e il dibattito su come ricordarla e interpretarla è ancora molto attuale. Le affermazioni di Bolognesi e la risposta di Mieli riflettono le tensioni persistenti nel discorso politico italiano, dove le etichette ideologiche possono influenzare profondamente la percezione pubblica e la memoria collettiva.



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