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Scontro Ranucci–Cerno: Ranucci si lamenta e tira fuori il ‘manganello’, ma la risposta è durissima



Tommaso Cerno, giornalista de Il Tempo, intervenuto a Lo Stato delle Cose per un dibattito sulla libertà di stampa, ha ricordato le critiche mosse da Ranucci nei confronti dei nostri organi di stampa e del mio editore, a seguito della pubblicazione di articoli documentati che mettono in discussione alcune sue inchieste.  A quanto pare, per Ranucci la libertà di stampa si configura come un diritto esclusivo di lui stesso o di Repubblica; quando si tratta di altri soggetti, tale diritto viene interpretato come fascismo, clientelismo o repressione.



Sigfrido Ranucci, come lo ha definito Rula Jebreal durante la presentazione del suo libro, è stato presentato come «un guardiano della democrazia e della verità» e «un eroe nazionale di questa Repubblica».

La gravità dell’attentato subito da Ranucci circa dieci giorni fa è indiscussa. Tuttavia, pur riconoscendo l’importanza della tutela della sua incolumità, è fondamentale preservare il diritto al dibattito e alla critica.

Durante la sua partecipazione al convegno alla Camera sul volume della giornalista, il conduttore di Report ha rilasciato dichiarazioni che potrebbero essere interpretate come un attacco alle critiche, una sottile pretesa di lesa maestà che, per chi come lui si batte per la libertà di stampa, appare quantomeno contraddittoria.

È importante sottolineare che la solidarietà non implica la delegittimazione di opinioni divergenti né il divieto di contraddittorio.  Anzi, la libertà di stampa consente di smontare un servizio quando si ritiene necessario, presentando anche interviste complete quando sono state trasmesse in forma ridotta.  Il sito de Il Tempo, ad esempio, ha pubblicato l’intervista integrale al presidente della Commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone, condotta da un giornalista di Report.  Questo rappresenta un esempio concreto di libertà di stampa, che deve valere per tutti, senza distinzioni.  Non è accettabile che ciò che si considera un diritto fondamentale per se stessi diventi un’arma contro gli altri.

Ranucci, alludendo ai giornali del gruppo di cui fa parte anche Il Tempo, ha affermato: «Noi abbiamo editori politicizzati, addirittura un senatore»,  accusando il nostro editore Antonio Angelucci (che, peraltro, non siede al Senato ma alla Camera) di gestire dei giornali utilizzati come strumenti di pressione.  Ha inoltre dichiarato: «Anche oggi ci sono tre-quattro articoli contro di me… Sono contento perché dopo tanta solidarietà mi stavo annoiando, sono tornato a come stavo prima: anche perché la solidarietà è ipocrita, non nascondiamolo. Quindi, hanno ricominciato a delegittimare Report».

Il moralismo, raramente isolato, si intreccia con un ulteriore aspetto, emerso durante la presentazione del libro di Rula Jebreal, intitolato “Genocidio”. Quest’opera si inserisce in un filone interpretativo, ampiamente condiviso dal mondo progressista, politico e culturale, sia in Italia che a livello internazionale, riguardo alla crisi di Gaza.

Alla presentazione era presente anche il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, il quale ha formulato un’affermazione di notevole gravità.  Riferendosi agli eventi del 7 ottobre e all’azione bellica di Hamas, ha dichiarato: «Una cosa è il massacro di un giorno, dove si commettono assolutamente crimini contro l’umanità».  Tuttavia, in riferimento alla reazione di Israele, ha affermato: «Stiamo parlando di un genocidio che si è sviluppato sotto i nostri occhi per due anni».

Tale affermazione, formulata dal leader pentastellato, rappresenta un grave errore, in quanto equipara temporalmente la strage del 7 ottobre a un conflitto prolungato.  Sebbene la strage del 7 ottobre si sia verificata in un solo giorno, essa ha causato la perdita irreparabile di vite umane, sia nei kibbutz che al rave nel deserto del Negev, nonché tra coloro che sono stati sequestrati e deceduti durante la loro prigionia nei tunnel di Hamas.  Molti degli ostaggi liberati, inoltre, non potranno riprendere una vita normale per molti anni, se non mai.  Se tali sono le basi su cui la sinistra intende costruire la propria “alternativa”, le prospettive appaiono piuttosto preoccupanti.



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