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Show di Casini da Parenzo: minimizza il caso Mattarella e trova anche il tempo per lodare la Meloni



Pier Ferdinando Casini, figura di spicco nel panorama politico italiano, si è rivolto a Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica, per esprimere il suo sostegno e la sua fiducia nella sua leadership.  Casini ha sottolineato come, in ogni fase delicata dell’azione governativa, sia a livello nazionale che internazionale, la parola del Presidente si sia sempre elevata a difesa del governo e dell’Italia.



L’INNOMINABILE

Premessa: la narrazione che dipinge Giorgia Meloni come una scomoda, controcorrente e pericolosa “avversaria” temuta dai vertici del Quirinale appare alquanto surreale, considerando che l’attuale Presidente del Consiglio dei Ministri garantisce ai manovratori il proseguimento senza ostacoli delle politiche filo-atlantiste e filo-europeiste tanto care alla Presidenza della Repubblica.

Pertanto, fatico a ritenere plausibile l’ipotesi di un complotto orchestrato per la sua destituzione.

Al di là del caso specifico, emerge tuttavia una questione di fondamentale importanza che necessita di essere chiarita: è ancora consentito in questo Paese esprimere critiche nei confronti di coloro che ricoprono le più alte cariche dello Stato, inclusa la Presidenza della Repubblica, senza che ciò susciti scandalo, indignazione, immediata solidarietà bipartisan del sistema politico e mediatico, a prescindere da ogni valutazione di merito, con conseguente biasimo e vera e propria “intimidazione” nei confronti di chi ha osato, anche solo in modo sommesso, discutere del suo operato?

Infatti, se in una democrazia liberale anche solo nominare il Capo dello Stato comporta lo scatenamento di un clima da vero e proprio linciaggio mediatico, con schiere di critici pronti a condannare il presunto colpevole di lesa maestà, non si è poi così tanto diversi da quegli oligarchi contro cui si punta il dito con veemenza.

È evidente che negli ultimi decenni i Presidenti della Repubblica hanno progressivamente assunto un ruolo sempre più “politico” in senso stretto, attribuendosi un diritto/dovere di garantire il posizionamento strategico e geopolitico del nostro Paese, che in una democrazia dovrebbe invece essere prerogativa del potere legislativo e di quello esecutivo.

Pertanto, se il Quirinale abbandona il ruolo di arbitro imparziale e si trasforma in un vero e proprio centro politico, pretendendo di impegnare il Paese con l’assunzione di posizioni politiche, è logico che debba essere riconosciuto il diritto di criticarlo, al pari di come si può criticare un Capo del Governo, un Ministro, un leader di partito, senza che su questo si debba creare un caso nazionale.



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