Donald Trump non ha intenzione di colpire obiettivi in Venezuela, almeno per ora. È stato lui stesso a chiarirlo. Quando i giornalisti gli hanno chiesto se stesse pensando a un’operazione militare, ha risposto semplicemente: “No”. Una smentita netta, arrivata dopo che il Wall Street Journal e il Miami Herald avevano parlato di possibili attacchi americani contro siti di produzione di droga, anche militari, in Venezuela. Secondo il WSJ, i raid sarebbero partiti tra un paio di settimane, dopo la stagione degli uragani. Ma alcune fonti sentite dall’Herald hanno detto che potrebbe essere questione di ore.
Intanto, la pressione degli Stati Uniti su Caracas si fa sentire. L’agenzia americana dell’aviazione, su ordine del Pentagono, ha imposto restrizioni di volo “per motivi di sicurezza” nella zona al largo della costa sudorientale di Ceiba, a Porto Rico. L’ordine scatta domani, 1 novembre, e dura fino al 31 marzo 2026. È proprio lì che si stanno concentrando le forze militari americane ed è dove sta arrivando la portaerei Gerald Ford, la più grande della Marina Usa. Due bombardieri B-1B sono arrivati a circa 50 chilometri da Caracas.
Nicolás Maduro, presidente del Venezuela, si è rivolto a Mosca, Pechino e Teheran, come riporta il Washington Post. Pare che Maduro abbia scritto a Vladimir Putin chiedendo, tra le altre cose, un aggiornamento dei radar difensivi, la riparazione degli aerei militari e forse anche missili. Sempre secondo il WP, il governo venezuelano avrebbe chiesto aiuti militari anche a Cina e Iran. A Xi Jinping, Maduro avrebbe proposto una collaborazione militare tra i due Paesi per affrontare quella che definisce “l’escalation tra gli Stati Uniti e il Venezuela”.



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