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Sono andato ad un appuntamento pensando di aver incontrato qualcuno di speciale, ma la sua chiamata successiva ha cambiato tutto



Sono andata a cena con un ragazzo. Lui ordinò i piatti più costosi del menù. Io pensai: “Questo sì che è un buon partito”, ma alla fine chiese di dividere il conto. Non mostrai il mio fastidio. Pochi minuti dopo esserci salutati, mi chiamò e disse: “Ehi! Mi sono appena accorto che mi devi ancora 3,75 dollari per la tua parte.”



All’inizio pensai stesse scherzando. Risi persino al telefono, aspettando che aggiungesse: “Sto solo scherzando.” Ma la sua voce rimase piatta e seria. Mi spiegò che aveva ricontrollato lo scontrino e notato che il mio refill di caffè non era stato incluso nella divisione. Rimasi così sorpresa che non riuscii nemmeno a reagire. Dissi soltanto: “Va bene, te li mando.”

Chiusi la chiamata e rimasi un attimo in macchina a rivivere la serata nella mia mente. Quell’uomo aveva trascorso due ore raccontandomi del suo “gusto costoso” e della passione per la cucina raffinata. Si era vantato del suo orologio, della sua auto e dei suoi “weekend a Milano”. E ora si attaccava a meno di quattro dollari.

Gli inviai i soldi, non perché volessi, ma per evitare che trovasse una scusa per scrivermi ancora. Tutto ciò mi lasciò un’amara sensazione. Le mie amiche più tardi mi dissero che avrei dovuto bloccarlo subito, ma ero curiosa. Persone così di solito nascondono altro dietro i loro comportamenti.

Infatti, due giorni dopo mi scrisse di nuovo. Questa volta mi mandò la foto di uno scontrino di un espresso in un bar dove ci eravamo fermati dopo cena. Diceva che, siccome ne avevo “bevuto metà”, avrei dovuto pagare la mia parte. Rimasi a fissare il messaggio per un minuto prima di rispondere: “Stai scherzando, vero?” Lui replicò con un’emoji del pollice in su e un messaggio: “Si tratta di equità. Le piccole spese si accumulano.”

A quel punto gli dissi che non eravamo compatibili, e che non c’era motivo di risentirci. Avrebbe dovuto finire lì. E invece no. Una settimana dopo lo incontrai a una festa sul tetto di un amico di amici. Si avvicinò come se nulla fosse e iniziò a parlare di “darci un’altra possibilità”.

Io fui gentile ma distante, sperando che capisse. Lui si chinò vicino e disse sottovoce: “Mi devi ancora per l’acqua frizzante che hai preso alla festa dopo cena.” Rimasi a bocca aperta: “Ma quella era offerta!” ribattei. Lui sorrise con aria soddisfatta: “Niente è davvero gratis.”

Era quasi comico a quel punto. Mi allontanai e raccontai tutto alla mia amica Maribel, l’unica a conoscere la storia. Lei mi disse che quel ragazzo aveva una reputazione: frequentava diverse donne e ogni volta finiva in litigi assurdi per soldi. Una giurava che le avesse chiesto di rimborsarlo per l’“usura” della sua auto dopo averla accompagnata a casa. Un’altra raccontava che aveva persino calcolato il costo dei tovaglioli al bar per scalarli dal suo conto.

Sentirlo mi fece sentire stranamente sollevata. Non era qualcosa di personale: lui era semplicemente così. Ma mi chiesi comunque perché. Era al verde? Ossessivo? O solo meschino?

La vita sa dare risposte quando meno te le aspetti. Un mese dopo, Maribel mi invitò a una serata di beneficenza organizzata dalla sua azienda. Era un evento formale con asta silenziosa e musica dal vivo. Lo vidi in abito elegante, dall’altra parte della sala, a chiacchierare con un gruppo di signore. Sembrava sicuro di sé, quasi affascinante, proprio come quella prima sera.

Mezz’ora più tardi lo notai mentre infilava la mano in una delle urne per le donazioni. Il cuore mi balzò in gola. Pensai volesse solo spostare una busta, ma poi lo fece di nuovo, guardandosi intorno. Avrei potuto farmi i fatti miei, ma ripensai a tutte le donne trattate da lui come bancomat ambulanti. E ora stava approfittando persino di un evento di beneficenza.

Presi Maribel da parte e le raccontai tutto. Senza esitare, andò dall’organizzatore. Pochi minuti dopo due addetti alla sicurezza lo accompagnarono fuori. Lui cercava di ridere dicendo che era un “malinteso”, ma la voce già correva veloce.

Qualche giorno più tardi ricevetti un messaggio da una di quelle donne con cui parlava alla festa. Mi ringraziava per aver “protetto i donatori” e mi disse che aveva saputo che era stato bandito da vari eventi cittadini. Qualcuno aveva anche sporto denuncia alla polizia.

Dopo qualche giorno mi arrivò un ultimo messaggio da lui: “Spero tu sia felice. Hai rovinato la mia reputazione.” Non risposi. Ma dentro di me pensai: “Te la sei rovinata da solo.”

La parte che non mi aspettavo arrivò sei mesi dopo. Lo incontrai alla cassa automatica di un supermercato. Sembrava più magro, stanco, senza il suo orologio costoso. Quando mi vide, mi rivolse un sorriso incerto.

“Forse me lo sono meritato,” disse a bassa voce. Non sapevo cosa replicare, così annuii soltanto. Mi raccontò che stava facendo due lavori part-time e che aveva “imparato alcune cose” su come trattare le persone. Poi mi sorprese: mi chiese scusa. Non una scusa rapida e finta, ma lunga, sincera, ammettendo che in realtà era sommerso dai debiti e cercava di sentirsi in controllo comportandosi in quel modo ridicolo.

Non so se mi abbia detto tutta la verità, ma vidi un cambiamento nei suoi occhi. Gli augurai che le cose migliorassero, e lo pensavo sul serio.

La lezione che ho portato con me? Spesso la meschinità nasce da radici invisibili. Non giustifica i comportamenti sbagliati, ma ci ricorda che non dobbiamo portarne il peso sulle nostre spalle. A volte la cosa migliore da fare è fissare un confine, parlare quando serve e poi allontanarsi.

Se qualcuno ti mostra che tiene più ai centesimi che al buon senso, credigli. E se la vita un giorno ti dà la possibilità di vedere la loro svolta—che sia il karma, l’umiltà o entrambe—prendila come un promemoria: tutti possiamo cambiare, anche se la strada è disordinata.

Se questa storia ti ha fatto sorridere, scuotere la testa o pensare a qualcuno della tua vita, condividila. Non sai mai chi potrebbe aver bisogno di ricordarlo.



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