Con l’avvicinarsi dell’8 settembre, data che potrebbe segnare la caduta del governo di François Bayrou, sostenuto dal presidente Emmanuel Macron, la Francia si trova di fronte a un bivio politico ed economico cruciale. L’instabilità parlamentare rischia di aprire scenari che riportano alla memoria la crisi della Grecia del 2011, quando Atene fu costretta a ricorrere alla Troika e a varare manovre di austerità che segnarono profondamente il Paese.
Il cuore della crisi non è tanto un crollo produttivo: l’economia francese, pur rallentata, ha registrato nel secondo trimestre una crescita dello 0,3%, superiore alle stime dello 0,1%. Su base annua, l’incremento previsto è dello 0,7% contro lo 0,5% inizialmente ipotizzato. Tuttavia, a pesare è la questione dei conti pubblici. Il debito nazionale ha raggiunto il 114% del Pil, terzo nell’area euro dopo Grecia e Italia, mentre il deficit si attesta al 5,8%, quasi il doppio del tetto del 3% imposto dall’Unione Europea.
Secondo le stime della Commissione europea, Parigi sarà il Paese con il disavanzo più elevato dell’eurozona sia nel 2025 che nel 2026. Un dato che preoccupa non solo Bruxelles ma anche i mercati finanziari. Significativo lo spread tra i titoli italiani e francesi, che misura la fiducia degli investitori: attualmente il differenziale tra Btp e Oat decennali è sceso sotto i 5 punti, un livello considerato impensabile fino a poco tempo fa. Basti pensare che un anno fa era a 65 punti, due anni fa a 115, tre anni fa a 165 e durante la crisi del 2011 superò quota 400.
Il premier Bayrou ha presentato il 15 luglio un piano di rientro che punta a ridurre il deficit dal 5,4% al 4,6% entro il 2026 e al 2,8% nel 2029. L’obiettivo è riportare il debito al 117,6% del Pil nel 2026 e al 117,2% nel 2029, in calo rispetto alle precedenti stime del 118,3% e del 125,3%. Il programma prevede tagli per 43,8 miliardi di euro nel 2026, con l’80% derivante da riduzioni della spesa pubblica. Le misure includono il blocco delle assunzioni nel settore statale, il congelamento delle pensioni, la mancata indicizzazione delle aliquote fiscali e persino l’abolizione di due festività.
Si tratta di un pacchetto di austerità che ha già scatenato le reazioni dell’opposizione, contraria a sacrifici giudicati insostenibili per famiglie e lavoratori. L’assenza di un accordo politico ha spinto Macron a convocare una sessione straordinaria del Parlamento l’8 settembre, durante la quale il premier Bayrou chiederà la fiducia.
La sfida, tuttavia, non è solo interna. L’Unione Europea monitora da vicino la situazione, preoccupata che un eventuale collasso politico possa compromettere la stabilità dell’intera area euro. Le tensioni ricordano da vicino quanto accaduto in Grecia più di un decennio fa, con il rischio di nuove fratture tra le capitali europee.
La crescita, seppur minima, non basta a rassicurare mercati e partner europei. I dati mostrano un Paese che produce ma spende troppo, con un bilancio che fatica a rientrare nei parametri di Maastricht. L’eventuale caduta del governo Bayrou potrebbe innescare una fase di incertezza sui mercati, con possibili ripercussioni sul credito e sugli investimenti.
Nel frattempo, il dibattito politico si fa acceso. A sinistra e a destra si moltiplicano gli attacchi all’esecutivo, accusato di voler scaricare i costi della crisi sulla popolazione senza proporre alternative concrete di sviluppo. Anche tra gli alleati europei emergono divergenze sulla gestione della situazione francese: c’è chi teme che un approccio troppo rigido possa alimentare tensioni sociali e politiche.
In un contesto già segnato dalle sfide geopolitiche e dalla guerra in Ucraina, la fragilità di una delle principali economie europee rischia di diventare un fattore destabilizzante. Macron e Bayrou puntano a presentarsi all’appuntamento parlamentare come garanti della stabilità, ma la prova dell’8 settembre sarà decisiva per il futuro dell’esecutivo e per la credibilità finanziaria della Francia.



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