Un nuovo capitolo si aggiunge alla vicenda che ha coinvolto il convento di clausura di San Giacomo di Veglia, situato nella frazione omonima del comune di Vittorio Veneto, in provincia di Treviso. Nelle scorse settimane, dodici suore hanno deciso di lasciare il monastero per protestare contro l’allontanamento dell’ex badessa, suor Aline Pereira Ghammachi, accusata di maltrattamenti. Tuttavia, tali accuse sono state successivamente smentite come infondate.
Secondo quanto riportato dal quotidiano Il Gazzettino, una delle suore che si trovava ancora nel convento sarebbe stata sorpresa a visitare siti erotici. Questo dettaglio ha riacceso il dibattito interno alla comunità religiosa, sollevando interrogativi sulla gestione del monastero e sul comportamento delle monache rimaste. Una delle suore fuggitive ha dichiarato: “Invece di rimuovere le criticità, è stata rimossa la badessa”. La stessa suora ha inoltre spiegato che suor Aline, con grande sensibilità, aveva cercato di aiutare una consorella a rispettare il voto di castità.
Le tensioni all’interno del monastero sarebbero culminate con una lettera anonima inviata a Papa Francesco da alcune monache, tra cui la suora accusata di aver calunniato l’ex badessa. Nella lettera, suor Aline Pereira Ghammachi veniva accusata di comportamenti inappropriati e maltrattamenti verso le consorelle. Tuttavia, indagini successive hanno rivelato che tali affermazioni erano prive di fondamento.
Le dodici suore che hanno lasciato il convento si sono rifugiate in una villa messa a disposizione da un benefattore. La posizione esatta della residenza è mantenuta segreta per timore di eventuali ritorsioni. Una delle monache fuggitive ha raccontato al quotidiano: “Abbiamo bisogno di molte cose. Mancano anche gli arredi per la nostra piccola chiesetta: una statua della Madonna, un altare, sedie e banchi”. Nonostante le difficoltà iniziali, le suore hanno ricevuto sostegno dalla comunità locale e alcune donazioni che hanno permesso loro di sostenersi economicamente.
Nel frattempo, il monastero è stato affidato a una nuova badessa, suor Martha Driscoll, 81 anni, inviata da Roma dopo l’allontanamento di suor Aline. Attualmente, nel convento sono rimaste undici monache sotto la guida della nuova superiora. Tuttavia, l’atmosfera sembra essere ancora tesa, con le suore fuggitive che ribadiscono l’assenza di prove contro l’ex badessa. Una di loro ha sottolineato: “Le criticità c’erano, certo. L’errore però è stato rimuovere la badessa”.
La vicenda ha portato alla luce anche altre questioni legate alla gestione dei monasteri da parte delle autorità ecclesiastiche. In particolare, sono state smentite le recenti dichiarazioni dell’abate priore Mauro Giuseppe Lepori, che aveva affermato di non aver mai chiuso un monastero. Secondo il sito specializzato Silere non possum, basato su documenti interni alla Chiesa, l’abate avrebbe invece avuto un ruolo nella chiusura del monastero di Zirc, in Ungheria.
Le dodici monache rifugiate nella villa mantengono un clima sereno e continuano a ricevere aiuti dalla comunità locale. Nonostante i fondi lasciati nel monastero, come stabilito dalla successione interna, le suore hanno dichiarato di poter contare su uno stipendio e una pensione per coprire le loro necessità immediate. La situazione resta comunque delicata, con molte domande ancora senza risposta.
La storia del convento di San Giacomo di Veglia evidenzia le difficoltà e le tensioni che possono sorgere all’interno delle comunità religiose. Mentre le dodici suore continuano a sostenere l’innocenza di suor Aline Pereira Ghammachi, il futuro del monastero e delle sue abitanti rimane incerto.
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