Un episodio avvenuto a Milano Marittima ha sollevato un acceso dibattito sull’accesso dei bambini nei locali pubblici. Andrea Mussini, turista originario di Modena, ha raccontato di essere stato respinto con la moglie e il figlio di cinque anni e mezzo da uno stabilimento balneare, il bagno Bicio Papao, dove voleva pranzare. La motivazione, secondo quanto riferito dal personale, è legata a una regola interna che da anni prevede il divieto di ingresso ai più piccoli.
La vicenda, riportata dal Corriere di Romagna e dalla Gazzetta di Modena, ha suscitato sorpresa e indignazione, attirando l’attenzione non solo dei cittadini e dei turisti, ma anche delle istituzioni locali.
Andrea Mussini, intervistato dopo l’accaduto, ha spiegato: “Siamo soliti mangiare fuori a pranzo e cena e tutti i giorni, per noi la vacanza è questo. Nostro figlio è abituato a stare a tavola, non disturba, non ha bisogno di seggiolone e non abbiamo mai avuto problemi, ristoranti stellati compresi”.
Il gestore del locale ha difeso la scelta, sottolineando che si tratta di una decisione imprenditoriale che non deriva da una mancanza di simpatia nei confronti dei bambini: “Non odiamo i bambini, da 33 anni facciamo così. All’inizio venivano solo giovani ed erano le famiglie a puntare su altri bagni. Ora vengono persone di tutte le età e scelgono noi perché vogliono stare più serene, sapendo che qui non ci sono bambini piccoli perché solitamente li prendiamo dai 10 anni in su, sia in spiaggia che al ristorante, con eccezioni che possono riguardare particolari momenti della settimana o persone con le quali abbiamo un particolare rapporto di fiducia”.
Il titolare ha aggiunto che il suo obiettivo è quello di garantire tranquillità alla clientela, rinunciando a possibili guadagni derivanti da eventi o feste rumorose: “Mi sto solo ritagliando una fetta di clientela, così come fanno a Milano Marittima altri tre o quattro alberghi e un mio collega. Se il turista si è offeso si è sbagliato, non avevamo nulla contro lui o suo figlio, è pieno di locali che lo avrebbero accolto senza problemi. Non prendo più neppure compleanni o addii al celibato o nubilato, per lo stesso motivo: disturbano l’atmosfera tranquilla. Così rinuncio a una barca di soldi per tutelare il mio lavoro”.
La vicenda ha attirato l’attenzione anche del sindaco di Cervia, Mattia Missiroli, che ha espresso la propria contrarietà: “Un locale deve essere aperto al pubblico, bambini compresi, salvo particolari limitazioni. Non è ammissibile, ne va dell’immagine della località, aperta a tutti”.
Il caso di Milano Marittima ha riacceso la discussione sui locali cosiddetti childfree, ossia esercizi che, per scelta commerciale, limitano o vietano l’ingresso ai minori. In Italia, tuttavia, non esiste una normativa che consenta ai gestori di vietare l’accesso esclusivamente per età, se non per ragioni specifiche legate a sicurezza o capienza.
Un episodio simile si era verificato a Bologna lo scorso maggio, quando l’Osteria del Sole aveva esposto un cartello che scoraggiava l’ingresso delle mamme con passeggini, motivando la scelta con problemi di spazio e sicurezza.
All’estero, invece, questo fenomeno è più diffuso e regolamentato. In Francia, ad esempio, la parlamentare socialista Laurence Rossignol ha proposto una legge per disciplinare gli spazi destinati esclusivamente agli adulti, suscitando un acceso dibattito tra chi sostiene il diritto alla quiete e chi invece lo considera una forma di discriminazione verso le famiglie.
La vicenda di Andrea Mussini e del bagno Bicio Papao rappresenta dunque un nuovo caso italiano che divide opinione pubblica, operatori turistici e amministrazioni locali. Da una parte c’è la volontà dei gestori di offrire un ambiente sereno e senza rumori, dall’altra il diritto delle famiglie di non sentirsi escluse da un servizio pubblico.
L’episodio ha colpito anche perché avvenuto in una delle località balneari più frequentate della riviera romagnola, luogo tradizionalmente scelto proprio da famiglie con bambini. La discussione resta aperta e il caso potrebbe portare a nuove riflessioni sul rapporto tra libertà imprenditoriale, diritti dei clienti e tutela dell’immagine di destinazioni turistiche note a livello nazionale.



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