Un recente studio condotto dalla Florida State University e dall’Università di Montpellier, pubblicato su Alzheimer’s & Dementia, ha analizzato per 18 anni oltre 24.000 adulti anziani inizialmente privi di demenza.
I risultati hanno mostrato che circa il 22% delle persone sposate ha sviluppato demenza durante il periodo di osservazione, rispetto a circa il 13% di quelle divorziate o mai sposate. Questa differenza è rimasta significativa anche dopo aver considerato fattori come età, condizioni di salute, abitudini di vita e predisposizione genetica.
Questi dati mettono in discussione l’idea tradizionale che il matrimonio offra una protezione contro il declino cognitivo. Tuttavia, ulteriori ricerche suggeriscono che non è lo stato civile in sé a influenzare la salute cerebrale, ma piuttosto la qualità e la quantità delle interazioni sociali.
Ad esempio, uno studio del Rush University Medical Center ha evidenziato che gli anziani con una vita sociale attiva presentano un rischio inferiore del 38% di sviluppare demenza e una probabilità ridotta del 21% di incorrere in un lieve deterioramento cognitivo, rispetto a coloro meno socialmente attivi. Inoltre, l’insorgenza della demenza in queste persone è stata ritardata in media di cinque anni .
Al contrario, l’isolamento sociale è stato associato a un aumento significativo del rischio di demenza. Una meta-analisi che ha coinvolto oltre 600.000 persone ha rilevato che la solitudine prolungata aumenta del 31% la probabilità di sviluppare demenza, indipendentemente da età o sesso .
In sintesi, mentre il matrimonio da solo non garantisce una protezione contro la demenza, mantenere relazioni sociali significative e una vita sociale attiva può svolgere un ruolo cruciale nel preservare la salute cognitiva in età avanzata.
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