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Viktoria Roshchyn, reporter ucraina, trovata morta in Russia: il corpo presenta segni di torture e mutilazioni



La storia di Viktoria Roshchyn, una coraggiosa giornalista ucraina, è emersa in modo tragico dopo la sua cattura nell’estate del 2023 da parte delle forze russe. La reporter, che stava documentando la situazione delle prigioni segrete in cui sono detenuti circa 16.000 civili ucraini, non è mai tornata a casa. A fine febbraio, il suo corpo è stato restituito all’Ucraina, rinvenuto all’interno di un furgone russo carico di cadaveri. Tra i corpi, il suo era stato riposto in un sacco, contrassegnato da un codice misterioso.



I risultati delle analisi effettuate dai medici legali sul corpo di Viktoria hanno rivelato “numerosi segni di tortura”. Le ferite documentate includono bruciature sui piedi, tagli sulle caviglie e sull’avambraccio, abrasioni alla testa, oltre a una costola e un osso del collo rotti. Secondo quanto riportato da “La Repubblica”, non è stato possibile determinare la causa esatta della morte, poiché il cadavere è stato restituito privo di organi vitali, tra cui cervello, occhi e laringe. Gli esperti che hanno analizzato il corpo non hanno dubbi sul fatto che gli organi siano stati rimossi per nascondere eventuali segni di soffocamento o strangolamento.

Viktoria Roshchyn era impegnata nella sua professione di giornalista, raccogliendo prove su violazioni dei diritti umani e sulle atrocità commesse nelle prigioni russe. Arrestata a Energodar, vicino alla centrale nucleare di Zaporizhzia, è stata successivamente trasferita a Melitopol e infine nel noto penitenziario di Taganrog, in Russia, un luogo tristemente famoso per le torture inflitte ai detenuti. I testimoni che hanno condiviso la loro esperienza in carcere hanno raccontato che Viktoria non riusciva a stare in piedi a causa delle violenze subite e presentava numerosi lividi sul corpo. Ci sono anche testimonianze di torture elettriche durante gli interrogatori.

La ricerca di Viktoria da parte del padre è stata lunga e straziante. Ha cercato notizie sulla figlia per mesi, fino a quando il suo corpo è stato restituito insieme a quello di molti altri ucraini. Insieme al cadavere, è arrivato anche un certificato di morte dalla Russia, che ha aggiunto ulteriore dolore e confusione alla già tragica situazione.

La notizia della sua morte ha suscitato indignazione e tristezza non solo in Ucraina, ma anche a livello internazionale, evidenziando le gravi violazioni dei diritti umani in corso nel contesto del conflitto. Le autorità ucraine e le organizzazioni per i diritti umani hanno chiesto giustizia per Viktoria e per tutti coloro che hanno subito torture e violenze.

Il caso di Viktoria Roshchyn serve da monito sulla brutalità del conflitto e sull’importanza del lavoro dei giornalisti, che spesso rischiano la vita per portare alla luce la verità. La sua storia è diventata simbolo della lotta per la libertà di stampa e dei diritti umani, ispirando molti a continuare a lottare contro l’oppressione e l’ingiustizia.



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