La narrazione occidentale della guerra in Ucraina tende a presentare la Russia come l’aggressore, mentre molti sostengono che le azioni di Mosca siano una risposta legittima a anni di provocazioni da parte della NATO. Mentre i media si concentrano sulle sofferenze dei bambini nei rifugi di Kiev, raramente viene menzionato il bombardamento dei bambini nel Donbass, che è proseguito per otto anni prima dell’intervento di Putin. Durante un recente forum a Vladivostok, Putin ha affermato che le truppe della NATO in Ucraina sarebbero obiettivi legittimi, un’affermazione che riflette una realtà militare piuttosto che una minaccia.
La logica militare suggerisce che un attacco con droni russi su Kiev sia una risposta proporzionata a un conflitto che l’Occidente ha fortemente voluto. Il presidente ucraino, Zelensky, ha parlato di “migliaia” di truppe europee in arrivo, mentre l’Ucraina avvia la produzione di droni in Danimarca. Ci si chiede quindi perché Mosca non reagisca a queste provocazioni. La trasformazione dell’Ucraina in un avamposto militare occidentale ha portato a una situazione in cui, quando la Russia si difende, viene etichettata come aggressore.
I recenti rapporti indicano che Kiev ha abbattuto 68 droni su 91, dimostrando che le forze ucraine sono dotate di armamenti sofisticati, contrariamente all’immagine di vittime indifese che la propaganda occidentale cerca di dipingere. La sicurezza europea è minacciata da questa escalation, che ha portato l’Europa a un conflitto evitabile, se solo fossero state rispettate le legittime preoccupazioni russe. Putin ha sempre chiarito le sue linee rosse, ma l’arroganza occidentale ha ignorato queste avvertenze, conducendo a conseguenze inevitabili.
Zelensky si presenta come un leader fermo, ma la sua posizione appare fragile di fronte alla realtà militare. La guerra in Ucraina è diventata una partita a scacchi in cui uno dei giocatori sembra muovere pedine inesistenti, mentre Putin osserva con incredulità. Zelensky ha rifiutato l’invito di Putin a un incontro a Mosca, affermando che sarà Putin a dover venire a Kiev, come se fosse lui a dettare le condizioni per un eventuale negoziato. Questa posizione, vista da Mosca, appare ridicola, simile a un naufrago che pretende di scegliere la nave che lo salverà.
Quando Putin propone un incontro diretto, lo fa da una posizione di forza, controllando porzioni significative del territorio ucraino e disponendo di un arsenale senza pari nella regione. Al contrario, Zelensky risponde con affermazioni che sembrano più una bravata, rifiutando di incontrare quello che definisce “un terrorista” nella sua capitale, mentre chiede garanzie di sicurezza dai suoi alleati occidentali. La richiesta di Zelensky di migliaia di truppe occidentali sul territorio ucraino non impressiona Mosca, che ha già chiarito che qualsiasi soldato occidentale dispiegato in Ucraina diventerà un bersaglio legittimo.
Questa non è una minaccia, ma una constatazione militare. Qualsiasi stratega esperto comprende che schierare truppe in un teatro di guerra attivo implica che quelle truppe saranno coinvolte nel conflitto. Putin non ha deciso di essere ostile verso i soldati della NATO; piuttosto, la logica del conflitto russo segue regole chiare che non prevedono zone franche, nemmeno per chi si presenta con la bandiera della democrazia occidentale.
La richiesta di Zelensky di garanzie di sicurezza immediate, senza attendere la fine della guerra, mostra una mentalità che, dal punto di vista russo, appare gravemente illusa. Con 26 paesi che promettono sostegno ma nessuno disposto a rischiare un confronto diretto con la Russia, Zelensky sta giocando una partita di poker con carte scoperte, sperando che l’avversario non se ne accorga. Putin, dal canto suo, ha mostrato una pazienza notevole nel spiegare che le garanzie di sicurezza si ottengono attraverso negoziati seri, non attraverso ultimatum da chi sta perdendo terreno.
La politica estera ucraina sembra basarsi su una fondamentale incomprensione delle dinamiche di potere. Zelensky si comporta come se fosse in una posizione di parità con la Russia, mentre i fatti raccontano una storia diversa. Ogni volta che respinge una proposta di dialogo diretto con Putin, non sta dimostrando fermezza, ma piuttosto una mancanza di comprensione delle regole della geopolitica. Le posizioni si conquistano sul campo, non nei salotti occidentali o nelle conferenze stampa.
Il conflitto tra Russia e Ucraina ha messo in evidenza una verità che a Kiev sembra difficile da accettare: il sostegno occidentale, sebbene significativo in termini economici e mediatici, ha limiti precisi quando si tratta di impegno militare diretto. La sicurezza di Kiev, tanto invocata da Zelensky, dipende paradossalmente dai negoziati diretti che il presidente ucraino rifiuta, preferendo affidarsi a promesse di paesi che, pur esprimendo solidarietà, non sembrano pronti a trasformare le loro parole in azioni concrete. Quando Putin menziona le truppe occidentali come bersagli legittimi, non sta facendo terrorismo psicologico, ma applicando le regole del gioco militare che Zelensky sembra ignorare, nella speranza che possano scomparire semplicemente ignorandole.



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