Un ex detenuto del carcere di Canton Mombello, a Brescia, ha rotto il silenzio sulle difficoltà affrontate all’interno dell’istituto penitenziario. Walter Monaco, che ha scontato parte della sua pena in questa struttura, ha raccontato a Fanpage.it la realtà che ha vissuto: “Si vive come scarafaggi, costretti a nascondersi dal sole”. Le sue parole gettano luce su una situazione di grave disagio, caratterizzata da sovraffollamento, temperature insopportabili e condizioni igienico-sanitarie precarie.
Secondo quanto riferito da Walter Monaco, la vita quotidiana all’interno del carcere è segnata da una totale mancanza di umanità. “Viene il vomito all’interno di quella sezione, di quei corridoi pieni di polvere, dove si fatica anche a respirare”, ha dichiarato. L’ex detenuto ha descritto un ambiente dove l’idea dominante sembra essere quella di “buttare via la chiave”, con detenuti che spesso arrivano al punto di togliersi la vita o, una volta usciti, perdono ogni speranza e dignità.
La questione delle condizioni disumane nelle carceri italiane è stata affrontata anche durante l’ultima assemblea della Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private della libertà personale, tenutasi a Roma a giugno. In quell’occasione, Luisa Ravagnani, Garante dei detenuti per il Comune di Brescia, ha sottolineato la necessità di interventi urgenti per migliorare la situazione nel carcere di Canton Mombello. Tra le proposte avanzate vi è l’indulto per circa 16.000 detenuti con pene brevi e l’apertura delle celle durante le ore più calde della giornata. “Con l’abolizione della sorveglianza dinamica, i detenuti che non rientrano nelle aree a trattamento avanzato sono costretti a rimanere chiusi in celle sovraffollate”, ha spiegato la Garante. “Servono ventilatori e frigoriferi per rendere sopportabile la vita durante l’estate. Altrimenti, le condizioni diventano insostenibili”.
Walter Monaco, che ora si trova in misura alternativa alla detenzione, ha confermato la gravità della situazione, richiamando l’attenzione sull’articolo 27 della Costituzione italiana, secondo cui “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Secondo lui, questa norma viene sistematicamente violata all’interno del carcere bresciano. “Come mai l’aria condizionata è presente solo negli uffici del personale penitenziario? Se è installata lì, significa che è considerata essenziale. Eppure i detenuti devono accontentarsi di un ventilatore per cella, dove le temperature raggiungono i 40 gradi”, ha affermato.
L’ex detenuto ha anche raccontato la sua esperienza lavorativa nelle cucine del carcere, un ambiente ulteriormente aggravato dal caldo estremo: “Ricordo che il latte diventava acido non perché fosse scadente, ma per via delle temperature roventi”. La mancanza di risorse adeguate non si limita al caldo; Walter Monaco ha descritto un clima generale che porta molti detenuti a gesti estremi: “C’è chi sta male, chi si dà fuoco, chi si taglia perché non ce la fa più”.
Le testimonianze come quella di Walter Monaco evidenziano una problematica che va oltre il singolo istituto penitenziario. La situazione nel carcere di Canton Mombello rappresenta un caso emblematico di una crisi più ampia che coinvolge molte strutture carcerarie italiane. Le richieste avanzate da figure come Luisa Ravagnani mirano a garantire almeno i diritti fondamentali delle persone private della libertà personale.
Nonostante le difficoltà affrontate, Walter Monaco ha deciso di condividere la sua esperienza per sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere un cambiamento. “Non si tratta solo di migliorare le condizioni materiali”, ha concluso. “È una questione di rispetto per la dignità umana”.



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