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Una donna in coma si sveglia poco prima della donazione dei suoi organi



Un episodio sorprendente ha avuto luogo ad Albuquerque, nel New Mexico, dove una donna di 38 anni, Danella Gallegos, ha ripreso conoscenza proprio mentre si stava per procedere al prelievo dei suoi organi. Ricoverata presso il Presbyterian Hospital in condizioni critiche, i medici avevano comunicato ai familiari che non c’erano possibilità di recupero e che la paziente sarebbe rimasta in coma per sempre. Di fronte a questa diagnosi, i parenti avevano dato il consenso alla donazione degli organi, un gesto altruistico che avrebbe potuto salvare altre vite.



Tuttavia, poco prima dell’intervento chirurgico, qualcosa di inatteso è accaduto. Danella, che era considerata clinicamente incapace di riprendersi, ha aperto gli occhi in sala operatoria. Lo staff medico, incredulo, ha interrotto immediatamente la procedura quando la donna ha risposto a un comando, sbattendo le palpebre. Nonostante ciò, secondo quanto riportato da un’inchiesta del New York Times, i coordinatori del New Mexico Donor Services avrebbero insistito per proseguire l’operazione, sostenendo che i movimenti della paziente fossero semplici riflessi. I medici, però, hanno deciso di fermarsi e di non procedere oltre.

Oggi Danella Gallegos è viva e ha sporto denuncia presso il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani per quanto accaduto. In un’intervista al New York Times, ha dichiarato: “Mi sento fortunata, ma è assurdo pensare quanto poco ci sia mancato perché tutto finisse diversamente”. La vicenda ha sollevato interrogativi sulle pratiche adottate dalle organizzazioni che gestiscono i trapianti di organi negli Stati Uniti.

Un’infermiera del Presbyterian Hospital, parlando sotto anonimato, ha espresso preoccupazioni riguardo alle pressioni esercitate da alcune organizzazioni per ottenere organi: “A loro interessa solo ottenere organi”. Questo tipo di testimonianze alimenta il dibattito su un sistema che, se da un lato mira a salvare vite umane, dall’altro sembra operare in un contesto caratterizzato da urgenza e talvolta da decisioni controverse.

Il New Mexico Donor Services ha negato qualsiasi interferenza nelle decisioni cliniche, affermando che i suoi coordinatori non partecipano direttamente alle valutazioni mediche. Anche il Dipartimento della Salute (HHS), interpellato sulla questione, ha scelto di non rilasciare commenti.

La pressione legata alla necessità di trapianti è evidente nei dati: negli Stati Uniti ci sono oltre 103.000 persone in lista d’attesa per un organo e ogni giorno 13 pazienti muoiono senza aver ricevuto il trapianto necessario. Un singolo donatore può salvare fino a otto vite e migliorare la qualità di vita di altre 75 persone. Questi numeri mettono in luce l’importanza della donazione degli organi, ma sollevano anche interrogativi sulla gestione etica delle procedure.

Tra le pratiche più controverse vi è la “donazione dopo morte circolatoria”, sempre più diffusa negli Stati Uniti. In questi casi, i pazienti non sono cerebralmente morti ma si trovano in coma e dipendono dalle macchine per il supporto vitale. Se non mostrano segni di ripresa, il respiratore viene spento e, se il cuore smette di battere entro due ore, gli organi vengono considerati idonei per il prelievo. Sebbene questa procedura rappresenti una speranza per molte persone in attesa di trapianto, episodi come quello di Danella Gallegos evidenziano i rischi associati a tali decisioni.

La storia di Danella non è un caso isolato; altre testimonianze raccolte dal New York Times rivelano situazioni simili e mettono in discussione la trasparenza delle organizzazioni coinvolte nei processi di donazione. La questione rimane aperta: come bilanciare l’urgenza di salvare vite con il rispetto assoluto per la condizione dei pazienti e la certezza della loro morte?



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