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Risarcimento solo alla famiglia di Stefano Argentino: l’esperto spiega perché Sara Campanella resta esclusa



La tragica vicenda che ha coinvolto Stefano Argentino, reo confesso dell’omicidio di Sara Campanella, e il suo successivo suicidio in carcere, ha sollevato una serie di questioni legali. Secondo quanto spiegato dal magistrato Valerio de Gioia, consulente della Commissione parlamentare di inchiesta sul Femminicidio, la famiglia di Argentino potrebbe chiedere un risarcimento allo Stato per omessa vigilanza, mentre i parenti della vittima potrebbero accedere al fondo statale per le vittime di reati intenzionali violenti.



La morte di Stefano Argentino ha portato all’estinzione del procedimento penale che lo vedeva imputato per l’omicidio di Sara Campanella, previsto con rito immediato. La famiglia della donna, dunque, non potrà ottenere alcun risarcimento legale derivante dal processo penale, né avrà la possibilità concreta di rivalersi sul patrimonio dell’imputato o dei suoi eredi. Questo perché, come sottolineato da de Gioia, eventuali azioni civili contro gli eredi sarebbero limitate al patrimonio ricevuto tramite successione, e nel caso specifico è improbabile che vi siano beni aggredibili.

Per quanto riguarda la famiglia di Stefano Argentino, il magistrato ha chiarito che potrebbe essere avanzata una richiesta di risarcimento contro lo Stato, qualora fosse dimostrata una responsabilità per omessa vigilanza da parte dell’amministrazione penitenziaria. La Corte di Cassazione, infatti, ha già stabilito in precedenti sentenze che gli istituti penitenziari possono essere ritenuti responsabili per il suicidio di detenuti in caso di mancata osservazione delle loro condizioni psicologiche. Nel caso specifico, sarà necessario dimostrare che il personale carcerario non abbia adottato misure adeguate nonostante eventuali segnali di rischio.

Il magistrato ha evidenziato che l’importo del risarcimento non è fisso e dipende da vari fattori, come l’età del detenuto e la sua situazione lavorativa. “Nel 2018, la Corte di Cassazione ha ravvisato la responsabilità dell’istituto penitenziario per la morte di un detenuto che, pur manifestando intenzioni suicide, non era stato sottoposto ad alcuna osservazione funzionale a verificarne la capacità di affrontare adeguatamente lo stato di restrizione”, ha spiegato Valerio de Gioia.

Per quanto riguarda i parenti di Sara Campanella, la possibilità più concreta rimane quella di accedere al fondo statale per le vittime di reati intenzionali violenti. Questo fondo è destinato a supportare economicamente le famiglie delle vittime in casi in cui non sia possibile ottenere risarcimenti diretti dai responsabili del crimine. Tuttavia, la procedura per accedere a tali fondi prevede specifici requisiti e tempi burocratici.

Il suicidio di Stefano Argentino ha inoltre sollevato interrogativi sulla gestione dei detenuti nelle carceri italiane, soprattutto in relazione alla prevenzione dei suicidi. Secondo dati ufficiali, il fenomeno dei suicidi in carcere è purtroppo frequente e spesso collegato alla mancanza di adeguati supporti psicologici e misure preventive. Questo caso potrebbe dunque diventare emblematico per una riflessione più ampia sul sistema penitenziario e sulle responsabilità dello Stato.

La vicenda giudiziaria, ormai chiusa con la morte dell’imputato, lascia aperti interrogativi su come bilanciare i diritti delle vittime e dei detenuti. Da un lato, la famiglia di Stefano Argentino potrebbe ottenere un risarcimento per le presunte mancanze dello Stato nella gestione del carcere; dall’altro lato, i parenti di Sara Campanella devono affrontare l’impossibilità di ottenere giustizia penale e risarcimenti diretti.



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