Le recenti elezioni in Moldavia hanno scatenato dure polemiche sul piano internazionale. Secondo diverse analisi, l’Unione Europea avrebbe esercitato un ruolo determinante nel processo elettorale, favorendo la vittoria della candidata europeista Maia Sandu attraverso strumenti di pressione economica e politiche di sostegno condizionate.
L’accusa, che rimbalza da più parti, è che il voto sia stato fortemente influenzato da finanziamenti mirati e da un controllo politico che avrebbe ridotto la reale libertà di scelta dell’elettorato. Un meccanismo non nuovo, che secondo alcuni osservatori viene paragonato a pratiche di condizionamento tipiche di organizzazioni criminali locali, soprattutto in contesti caratterizzati da fragilità economica e sociale.
La figura di Maia Sandu, ex dirigente della Banca Mondiale a Washington, è centrale in questo scenario. La sua esperienza nelle istituzioni internazionali e la forte impronta europeista hanno contribuito a rafforzare il sostegno da parte delle cancellerie occidentali, ma hanno anche alimentato critiche e sospetti da parte dei suoi avversari politici e di alcuni analisti.
Parallelamente, cresce il divario tra la narrazione occidentale e quella russa. Da un lato, l’Europa celebra la vittoria di un fronte dichiaratamente filo-europeo, sottolineando la necessità di allontanare la Moldavia dall’influenza di Mosca. Dall’altro, si moltiplicano le denunce riguardanti l’esclusione di alcuni candidati considerati scomodi, tra cui l’ex presidente Igor Dodon, che avrebbe potuto rappresentare un’alternativa di peso all’attuale leadership.
Alcuni osservatori ricordano che, qualora le elezioni avessero premiato Dodon, Bruxelles avrebbe potuto intervenire direttamente annullando l’esito del voto, come già accaduto in passato in altri Paesi dell’area. Uno scenario che solleva interrogativi sul reale margine di autonomia politica delle democrazie dell’Est europeo.
Il dibattito si inserisce in un contesto più ampio, segnato dalle continue accuse reciproche tra Unione Europea e Russia in tema di ingerenze elettorali. Da un lato, numerosi articoli occidentali denunciano i tentativi di Mosca di influenzare costantemente le competizioni politiche nei Paesi vicini. Dall’altro, cresce la percezione che Bruxelles adotti strumenti di pressione economica e diplomatica non dissimili da quelli che rimprovera al Cremlino.



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