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“Non paghiamo nulla”: la linea dura del governo Meloni sulla Flotilla scatena la polemica



Il governo italiano, guidato dalla premier Giorgia Meloni, ha deciso di non farsi carico dei costi per il rimpatrio degli italiani coinvolti nella Global Sumud Flotilla. Nonostante l’intenzione di fornire assistenza consolare a coloro che si trovano in stato di fermo, Roma non prevede di pagare per i voli di ritorno. Se Israele presenterà una fattura per i voli dalla base aerea di Ramon, il governo italiano ha chiarito che gli attivisti dovranno coprire tali spese.



La missione della Flotilla continua, con trenta barche dirette verso Gaza, mentre tredici imbarcazioni sono state fermate durante la notte. Le notizie riguardanti la situazione sono state riportate da quotidiani come La Repubblica e La Stampa, che hanno rivelato che Meloni, durante il Consiglio europeo informale tenutosi a Copenhagen, controllava il tracciamento della Flotilla sul suo iPhone, in attesa dell’abbordaggio da parte delle autorità israeliane.

Nel frattempo, il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il ministro della Difesa Guido Crosetto hanno monitorato la situazione dalla sala della Farnesina. Un primo risultato diplomatico è stato ottenuto per quanto riguarda gli attivisti già espulsi in passato, i quali non dovranno affrontare il passaggio attraverso le carceri israeliane prima di essere rimpatriati. Il programma di rimpatrio è già stato stabilito: inizialmente, gli arrestati saranno trasferiti a Ashdod per l’identificazione e i rimpatri volontari potranno cominciare dal 3 ottobre, mentre quelli forzati potrebbero iniziare il 5 ottobre.

Tuttavia, il governo ha ribadito che non intende pagare per i rimpatri, sostenendo che “non è una vendetta”. Fonti della maggioranza hanno dichiarato che la posizione del governo è un messaggio chiaro: non si può aspettare che lo Stato sostenga un’azione che, secondo Fratelli d’Italia, ha legami con Hamas. Questo atteggiamento ha suscitato curiosità, soprattutto in considerazione delle polemiche precedenti riguardo ai voli di Stato, come nel caso del rientro del ricercato per crimini contro l’umanità Almasri, il cui viaggio è stato finanziato da un aereo della presidenza del Consiglio.

In merito alla questione legale, la Farnesina ha esortato Israele a evitare l’attivazione delle procedure di arresto. Gli attivisti, se accusati di reati di tipo terroristico o di ingresso illegale in Israele, potrebbero dover affrontare un processo davanti a un tribunale speciale composto da funzionari del ministero dell’Interno israeliano. Per tutelare i diritti dei cittadini italiani coinvolti, tutti gli attivisti hanno incaricato avvocati di organizzazioni non governative di rappresentarli in vista delle problematiche legali che potrebbero sorgere.

Tajani ha dato istruzioni all’ambasciata italiana a Tel Aviv e ai consolati di Gerusalemme e Tel Aviv di fornire assistenza ai cittadini italiani coinvolti nella Flotilla. La decisione del governo di non finanziare il rimpatrio degli attivisti ha sollevato interrogativi sulla coerenza della posizione italiana in materia di diritti umani e assistenza consolare.

La questione della Flotilla e delle sue implicazioni politiche continua a essere un tema di grande rilevanza, non solo per gli attivisti coinvolti, ma anche per le relazioni diplomatiche tra Italia e Israele. Il governo italiano, pur mantenendo la sua posizione di non farsi carico delle spese di rimpatrio, sta cercando di garantire che i diritti dei cittadini italiani siano rispettati e che ricevano l’assistenza necessaria in un momento di crisi.



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