Fausto Bertinotti, ospite della trasmissione “Omnibus” di La7, ha espresso un giudizio severo sulla situazione attuale della sinistra italiana. La sua introduzione, che ha il sapore di una carezza prima di un duro colpo, ha anticipato una critica incisiva alla strategia del cosiddetto campo largo. Secondo Bertinotti, questo progetto è privo di fondamenta solide e non riesce a comunicare con il “popolo” che la sinistra dovrebbe rappresentare. Ha affermato: “Per quel niente che vale – ho scritto un libro che si chiama ‘La sinistra che non c’è’. Rimango su questo tema: la sinistra non c’è. Per sinistra intendo un’organizzazione di popolo”.
Le parole di Bertinotti hanno un peso significativo, poiché provengono da una figura che ha vissuto e contribuito a quel mondo per decenni. La sua analisi è chiara: il campo largo è un’alleanza priva di anima, una formula ripetuta come un mantra, ma incapace di fornire risposte politiche concrete. In precedenti interviste, l’ex leader di Rifondazione Comunista aveva già descritto il progetto come “incomprensibile”, sottolineando che “le alleanze si possono pensare tra soggetti forti, prima ancora che vicini. Ma io oggi non vedo la forza nei soggetti in campo”. Questa critica si rivolge sia al Partito Democratico che al Movimento 5 Stelle, accusati di privilegiare equilibri tattici a scapito di una visione complessiva della società.
Nel suo recente libro, “La sinistra che non c’è” (Rai Libri), Bertinotti analizza come la sinistra italiana, e non solo quella parlamentare, abbia perso il suo scopo originale. Secondo lui, non esiste più una sinistra intesa come “organizzazione di popolo”, capace di unire ceti popolari, lavoratori, movimenti e cultura politica. Questa mancanza, sostiene, ha ripercussioni anche oltre i confini nazionali.
Durante l’intervista, Bertinotti ha citato una frase di Bernie Sanders, che, rispondendo alla domanda su perché avesse vinto Trump, ha detto: “Hanno perso i democratici”. Bertinotti ha affermato: “La farei mia”, suggerendo che la crisi della sinistra italiana è interna prima ancora che elettorale. Sebbene il suo tono fosse pacato e mostrasse una certa cautela nel criticare, il messaggio è chiaro: per lui, la sinistra italiana si è svuotata di significato e ha perso la capacità di rappresentare una parte della società.
Il giudizio di Bertinotti è amaro e invita a una riflessione che trascende le ideologie. Per chi osserva da destra, la sua diagnosi è rivelatrice, segnalando che il principale avversario politico è in crisi d’identità, impegnato a ricucire alleanze senza costruire un consenso popolare. Questo vuoto potrebbe trasformarsi in un’opportunità per il centrodestra, sempre che riesca a comunicare efficacemente con i ceti medi e produttivi.
Tuttavia, Bertinotti lancia anche un avvertimento trasversale: senza un legame autentico con il popolo, ogni schieramento politico rischia di indebolirsi. “La sinistra non c’è”, afferma, ma la questione potrebbe non riguardare solo la sinistra stessa.



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