La recente liberazione degli ostaggi ha aperto la strada a una riflessione più ampia sulla situazione politica nel Medio Oriente. Tuttavia, è importante sottolineare che i tempi prolungati per la liberazione sono stati influenzati da dinamiche politiche complesse. Infatti, sia Hamas che il premier israeliano Benjamin Netanyahu hanno utilizzato gli ostaggi per i propri scopi strategici. Gli unici ostaggi liberati in precedenza erano parte di un accordo più ampio, dimostrando come entrambi i lati abbiano strumentalizzato queste persone per i propri fini, come evidenziato dai fischi rivolti a Netanyahu durante le celebrazioni.
Inoltre, la paura di Netanyahu di sottrarsi alle proprie responsabilità riguardo agli eventi del 7 ottobre suggerisce che egli sia consapevole della sua complicità nella crisi. Questo contesto ci permette di esplorare il ruolo che Donald Trump sta assumendo nella regione, il quale non può essere disgiunto dalla crescente tensione tra Stati Uniti e Cina. La strategia della Casa Bianca si concentra sulla stabilità politica dei paesi del Golfo e sui loro interessi geopolitici.
Per comprendere le connessioni tra la fine della guerra nella Striscia di Gaza e le sfide commerciali con Pechino, è necessario esaminare i recenti incontri diplomatici, come il summit tenutosi in Egitto. Anche le dichiarazioni di attori assenti, come Vladimir Putin, che ha applaudito alla cessazione delle ostilità, devono essere considerate. La sua affermazione serve a ricordare che la Russia rimane un attore cruciale nel panorama geopolitico.
Trump e il suo entourage hanno riconsiderato il loro posizionamento sulla mappa globale, specialmente dopo la crescente influenza del cartello guidato dalla Cina, che include il Brics Plus e l’Organizzazione di Shangai. Nonostante il premio Nobel stia ricevendo un’attenzione politica che potrebbe sembrare eccessiva, gli Stati Uniti non intendono rinunciare al loro ruolo di leader. Il tentativo di rilanciare la ricostruzione di Gaza, eliminando l’influenza di Hamas, si inserisce in un piano più ampio che coinvolge anche i Patti di Abramo del 2020. Questi patti non solo riguardano i paesi arabi già in pace con Israele — come Giordania, Egitto, Marocco, Emirati Arabi Uniti e Bahrein — ma si estendono anche a Arabia Saudita, Qatar, Indonesia, Pakistan e Turchia.
Come riportato da Molinari su Repubblica, “questo significa avvicinare l’obiettivo di un corridoio geoeconomico fra Indonesia, India, Penisola Arabica, Israele, Europa e Nordamerica, destinato a diventare il più formidabile avversario della Nuova via della seta di Xi Jinping”. Sebbene la tregua a Gaza resti fragile, con disaccordi sul disarmo di Hamas e sull’uscita dei suoi leader dalla Striscia, Trump percepisce nella ricostruzione un elemento chiave per un mosaico internazionale che potrebbe spostare il Medio Oriente verso un’area geoeconomica americana in competizione con Pechino. Si segnala, infine, che l’unico paese musulmano a sostenere ancora Hamas è l’Iran, legato a Pechino attraverso l’esportazione di petrolio.
Un’altra questione di rilevanza per l’Europa riguarda l’emergente ruolo della Turchia, che si sta affermando come un attore di primo piano in ambito politico, militare ed energetico. La crescente intraprendenza di Recep Tayyip Erdogan potrebbe nascondere un disegno strategico che, se non monitorato attentamente, potrebbe avere ripercussioni significative in futuro.



Add comment