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Durante un intervento al cranio, chirurga fa partecipare la figlia 12enne: “Non ha operato, solo osservato”



Una chirurga di 48 anni è finita sotto processo in Austria, insieme a un collega, con l’accusa di aver fatto assistere — e forse partecipare — la figlia di 12 anni a un delicato intervento chirurgico al cranio presso l’ospedale di Graz. La vicenda risale allo scorso anno e ha suscitato ampio scalpore nell’opinione pubblica e nella comunità medica.



Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la minore si trovava in ambulatorio con la madre quando è arrivata una chiamata d’urgenza per operare un paziente con trauma cranico. La dottoressa, contravvenendo a ogni protocollo, avrebbe acconsentito a far entrare la figlia in sala operatoria. “Voleva assolutamente partecipare e mi sono lasciata trasportare”, ha ammesso la chirurga davanti ai giudici, riconoscendo il gesto come un “grave errore”.

Durante l’operazione, riuscita senza complicazioni, si sarebbe verificato però un fatto ancora più grave: mentre la madre era momentaneamente assente per una telefonata, la dodicenne avrebbe chiesto al collega presente di poter intervenire. Secondo l’accusa, l’uomo le avrebbe permesso di utilizzare un trapano per forare il cranio del paziente al fine di inserire una sonda per la misurazione della pressione intracranica.

La difesa, però, nega che la ragazza abbia operato autonomamente lo strumento. Secondo i legali, la minore avrebbe semplicemente appoggiato le mani su quelle del chirurgo, che avrebbe sempre mantenuto il pieno controllo del trapano e dell’intera procedura. “Ho sempre avuto il controllo del pedale e dell’attrezzo. Anche se ha esercitato una minima pressione, era sotto il mio totale controllo”, ha dichiarato il medico imputato.

Un elemento chiave dell’inchiesta è una frase che la madre avrebbe pronunciato al termine dell’operazione, riferendosi con orgoglio alle infermiere: “Ha appena fatto il suo primo foro con il trapano”. Una battuta che, secondo i magistrati, confermerebbe la partecipazione attiva della ragazza. La dottoressa, ora, nega l’affermazione, definendola una frase “sciocca, dettata solo dall’orgoglio materno”.

Le sue parole sono state comunque decisive per far emergere l’episodio, finito all’attenzione del primario di neurochirurgia, che ha avviato l’indagine interna sfociata nel licenziamento della dottoressa e nell’apertura del procedimento penale.

Nel corso dell’udienza, la chirurga ha riconosciuto la propria responsabilità nel permettere la presenza della figlia in sala, ma si è dichiarata non colpevole per le accuse di lesioni. Anche il collega si è difeso, sostenendo di aver pensato che la presenza della bambina fosse stata approvata e supervisionata dalla madre.



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