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Chi era Najoua Minniti, la donna trovata senza vita in mare a Lecce: avrebbe ucciso il figlio prima di togliersi la vita



Najoua Minniti, 36 anni, è stata trovata senza vita in mare a Torre dell’Orso. Si sospetta che prima di togliersi la vita possa aver ucciso il figlio di otto anni, Elia. La sua vita è stata segnata da fragilità emotiva e problemi psicologici, che si erano aggravati negli ultimi anni. Nata a Polistena, in provincia di Reggio Calabria, Najoua era cresciuta in una famiglia con radici sia in Calabria che in Tunisia. Sua madre, Leila Mouelhi, era arrivata in Italia da bambina e si era stabilita nella provincia reggina, dove aveva incontrato il futuro marito.



Trasferitasi a Parma da giovane, Najoua ha conosciuto Fabio Perrone, originario del Salento, padre di Elia. La famiglia trascorreva le vacanze estive in Puglia e nel 2020 ha deciso di stabilirsi a Calimera, nel Salento. Negli ultimi anni, Najoua aveva mostrato segni di sofferenza psicologica, alternando periodi di apparente stabilità a momenti di profondo sconforto, nei quali aveva espresso più volte intenzioni suicide. Chi la conosceva la descriveva come una madre affettuosa e legata al figlio, amante della musica reggae e dei cani. Solo pochi mesi fa, in un commento su un post di Facebook, scriveva: “Stiamo bene grazie. Ogni tanto riusciamo a riunire tutta la famiglia”.

Tuttavia, quel benessere apparente sembra essere durato poco. Il 18 novembre, il padre di Elia ha denunciato la scomparsa del bambino, non trovandolo all’uscita di scuola e non riuscendo a contattare Najoua. Nel pomeriggio, un sub ha avvistato un corpo in mare, al largo di Torre dell’Orso. Grazie alla descrizione dei tatuaggi, i carabinieri hanno potuto identificare il corpo come quello di Najoua Minniti. In serata, all’interno dell’abitazione di via Montinari, è stato trovato il corpo di Elia, con segni di strangolamento e ferite da arma da taglio.

Testimonianze raccolte dagli inquirenti rivelano che Najoua era segnata da depressione e crisi ricorrenti. Un avvocato che l’aveva assistita in questioni legali ha dichiarato: “Era una donna molto forte che amava alla follia suo figlio. Non l’ho mai vista debole o vulnerabile se non quando si trattava di affrontare la situazione del figlio”. Tuttavia, lo zio di Elia, Brizio Tommasi, ha affermato che “c’era astio tra mio nipote e l’ex moglie”. Ha aggiunto che “lei non è che non stava bene, lei è sempre stata un tipo sui generis. Erano separati da due anni, avevano già avuto la sentenza dei giudici di affidamento congiunto e vivevano in case diverse”.

Tommasi ha sottolineato che “i servizi sociali e la scuola dovevano intervenire per chiedere al bambino: ‘Come stai con la mamma? Ti trovi bene a casa? Come stai con papà?’ Il bambino era intelligente e sveglio. Il bambino lo avrebbe detto, così come lo diceva ai nonni. Lei lo maltrattava, gli diceva sei ‘una merda’. Queste sono cose che devono far pensare a tutti”.

Le indagini sono ancora in corso, e gli inquirenti stanno considerando l’ipotesi di un omicidio-suicidio tra madre e figlio. Tommasi ha appreso della morte di Najoua per puro caso: “Si diceva che una signora era stata trovata in mare da un sub a Torre dell’Orso“. Durante le indagini sull’identità della donna, i carabinieri hanno rinvenuto un’auto e sono risaliti alla proprietaria. “Ma mancava il bambino. Gli investigatori erano convinti che mamma e figlio si fossero buttati entrambi in mare, quindi i sub dei Vigili del fuoco stavano cercando il bambino a Torre dell’Orso, dopo aver trovato la mamma”. Il piccolo, invece, era già morto in casa.



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