È sorprendente la reazione suscitata dal caso Garofani. I principali organi di stampa, tra cui Corriere della Sera e Repubblica, si sono immediatamente schierati in difesa del consigliere del Presidente della Repubblica. Tuttavia, la situazione presenta diverse criticità. Inizialmente, la notizia pubblicata da Maurizio Belpietro è stata ignorata, nonostante la sua rilevanza, come dimostra la sua persistenza nel dibattito pubblico. Invece di riconoscere l’errore o richiedere chiarimenti al diretto interessato, si è dato avvio a una ricerca del responsabile delle fughe di notizie e a una semplificazione eccessiva della vicenda. Si è parlato di una semplice cena tra amici e di due chiacchiere al bar, negando l’esistenza di un piano segreto.
Mentre MAURIZIO BELPIETRO spiega con dovizia di particolari la vicenda “Garofani” Faraone si “attacca” al telefono chiedendo come nei migliori game l’aiuto da casa. E si becca pure una querela dal direttore @BelpietroTweet #DrittoeRovescio pic.twitter.com/ZHuVWz4PRI
— Virna (@Virna25marzo) November 21, 2025
I due principali quotidiani nazionali, il Corriere della Sera e La Repubblica, si sono dedicati con particolare attenzione all’argomento. Iniziamo con il Corriere della Sera, che il giorno successivo alla controversia tra Quirinale e Bignami aveva pubblicato un articolo di elogio nei confronti di Francesco Saverio Garofani di tale ampiezza e tono celebrativo da risultare imbarazzante, anche per il diretto interessato. Oggi, il quotidiano di Via Solferino riporta che si è instaurato un clima di tensione tra il Quirinale e Palazzo Chigi, e si stanno compiendo sforzi per sanare la frattura causata “dalla richiesta di ‘smentita ufficiale’ al consigliere Francesco Saverio Garofani, che durante una ‘conversazione informale’ aveva espresso le proprie opinioni su governo e opposizione”.
Si pone, tuttavia, una questione di rilievo. La “controversia” tra Quirinale e Fratelli d’Italia non è stata originata da Galeazzo Bignami, il quale si era limitato a richiedere “cortesiemente” una smentita a Garofani e non al Quirinale. Il conflitto è stato innescato da una nota inaspettata emessa dall’ufficio comunicazione dell’ex Palazzo dei Papi che, in contraddizione con la consueta difesa della libertà di stampa, ha espresso “stupore” per coloro che danno credito a un “ulteriore attacco alla presidenza della Repubblica” basato su un retroscena “elaborato al limite del ridicolo”.
In sintesi, il conflitto non è stato provocato da Bignami né da Belpietro, bensì dal Quirinale, che ha trasformato un ordinario retroscena (peraltro veritiero) in un’offesa alla corte che circonda il Presidente Mattarella.
Si ritiene opportuno sottolineare che se Palazzo Chigi avesse definito “attacco” e “ridicolo” un articolo di un quotidiano, in particolare La Repubblica, ciò avrebbe suscitato una forte reazione da parte della comunità giornalistica, inclusa l’Ordine dei Giornalisti, che in questa occasione è rimasta invece in silenzio.
La questione della cena, inizialmente negata, è stata successivamente ampiamente riportata dai principali quotidiani. Il menù comprendeva pasta alla norma, pesce, vino bianco e la presenza di amici sostenitori della Roma. Sebbene si sia verificato un dibattito di natura politica, nessuno ha osato approfondire ulteriormente la questione. I media hanno individuato in Francesco De Dominicis, responsabile dell’ufficio stampa della Fabi ed ex cronista di Libero durante la direzione di Belpietro, il possibile autore dell’articolo-resoconto, inviato a diverse testate giornalistiche e pubblicato integralmente dalla Verità con uno pseudonimo. De Dominicis ha negato ogni coinvolgimento, e la sua affermazione deve essere considerata veritiera. Tuttavia, la questione centrale non riguarda l’identità della talpa, bensì la verifica dell’accaduto. La risposta a tale quesito è affermativa. Nonostante ciò, il Corriere della Sera ha espresso perplessità, sottolineando la persistente sorpresa per i dettagli che emergono quotidianamente riguardo al “contesto grottesco” in cui si è sviluppato l’attacco al Quirinale: cene conviviali con la presenza di tifosi giallorossi, email notturne provenienti da indirizzi anonimi, pseudonimi improbabili e frasi mai pronunciate, come il celebre “scossone”, attribuite al consigliere Garofani.
È effettivamente vero che il signor Garofani non abbia mai pronunciato esplicitamente le parole “scossone”? Nell’editoriale di Belpietro, la frase è riportata tra virgolette, mentre nella comunicazione di Mario Rossi il riferimento appare al di fuori di esse. Questo, secondo il Corriere della Sera e La Repubblica, costituirebbe la prova che il signor Garofani non abbia mai pronunciato tali parole e che, di conseguenza, Belpietro avrebbe interpretato in modo errato le informazioni fornite dalla “talpa”. Tale affermazione non è dimostrabile, ovviamente. Tuttavia, i principi deontologici impongono di fidarsi del lavoro del direttore della Verità, che si è assunto la responsabilità e avrà effettuato le opportune verifiche. Inoltre, non è corretto, come riportato da La Repubblica, che solo l’esistenza di una registrazione audio possa dissipare ogni dubbio. Infatti, nel suo colloquio con il Corriere della Sera, in cui ha fornito dettagliate informazioni, il signor Garofani non ha mai – ripeto, mai – negato di aver pronunciato la frase in questione. Il Corriere della Sera e La Repubblica dovrebbero interrogarsi, mentre danno per scontato che Belpietro abbia inventato la frase: se il signor Garofani non ha mai fatto riferimento a “scossoni”, perché non ha smentito pubblicamente? Forse perché, in ultima analisi, non è in grado di farlo?
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