Il rapporto tra il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e le forze armate italiane sembra essere teso, in particolare dopo la nomina di Francesco Saverio Garofani come consigliere al Quirinale. Secondo fonti autorevoli, questa scelta ha suscitato malcontento tra i generali, che non hanno perdonato al presidente di aver violato consuetudini non scritte riguardanti le nomine di figure politiche all’interno del suo staff. In particolare, si fa riferimento al fatto che, tradizionalmente, i consiglieri del presidente non dovrebbero avere precedenti esperienze parlamentari.
La situazione è stata aggravata da una serie di decisioni prese da Mattarella all’inizio del suo secondo mandato, tra cui la riforma del Consiglio supremo di difesa. Questo cambiamento ha accorpato l’incarico di Consigliere Militare in un’unica figura, che ora è un generale o un ammiraglio di alto grado. Un aspetto controverso di questa riforma è stata la decisione di nominare un civile come Segretario generale del Consiglio della Difesa, una mossa che ha suscitato preoccupazioni tra i militari, poiché ha ridotto il ruolo del Consigliere militare a compiti limitati, come la gestione dei rapporti con le forze armate.
Rolando Mosca Moschini, ex capo di Stato maggiore e comandante generale della Guardia di Finanza, era l’ultimo ufficiale a ricoprire il ruolo di Segretario generale. La sua esperienza, che includeva un lungo incarico presso l’Onu, lo aveva reso una figura di riferimento nel settore della difesa. La scelta di Garofani, ex deputato, ha suscitato ulteriori polemiche, in quanto percepita come un segnale di favoritismo verso una persona legata alla stessa area politica di Mattarella.
Il malcontento dell’ambiente militare nei confronti di Mattarella non si limita a questa nomina. In passato, il presidente è stato criticato per le sue decisioni da ministro della difesa, in particolare per aver avviato la creazione della quarta forza armata, separando i carabinieri dall’esercito. Questo progetto, sostenuto dal generale Sergio Siracusa, ha segnato un cambiamento significativo nelle strutture delle forze armate italiane.
Inoltre, Mattarella ha abolito la leva obbligatoria, una mossa che ha chiuso le caserme alle nuove reclute e ha sollevato preoccupazioni tra i militari riguardo alla preparazione delle forze armate. Un’altra ferita aperta è quella legata all’uso di proiettili all’uranio impoverito, che ha causato gravi conseguenze per i militari italiani impiegati in missioni all’estero. Mattarella, allora ministro della difesa, è stato accusato di non aver riconosciuto le responsabilità legate all’uso di tali munizioni e di aver cercato di minimizzare l’impatto di questi eventi.
La questione dell’uranio impoverito è stata al centro di polemiche, con molti militari che hanno richiesto giustizia e risarcimenti per le conseguenze delle esposizioni. Nonostante alcune vittime siano state risarcite, molti altri non hanno ricevuto alcun riconoscimento ufficiale, alimentando il risentimento nei confronti del presidente. Mattarella ha dichiarato in passato che non era provata la relazione tra l’uso di proiettili all’uranio impoverito e le malattie dei militari, una posizione che ha suscitato indignazione.
In un contesto di crescente tensione, una fonte ha rivelato che il clima tra il presidente e le forze armate è diventato sempre più difficile. La recente nomina di Garofani è vista come un ulteriore passo indietro rispetto alla tradizione di indipendenza e professionalità che caratterizzava le nomine al Quirinale. La preoccupazione è che questa situazione possa avere ripercussioni negative sulla cooperazione tra il governo e le forze armate, in un momento in cui la sicurezza nazionale è di fondamentale importanza.



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