Elly Schlein e Giorgia Meloni proseguono il loro confronto a distanza. L’occasione odierna è offerta dal telegiornale di La7. Ieri sera Enrico Mentana ha condotto un’intervista con la segretaria del Partito Democratico. Oggi, invece, sarà la volta della Presidente del Consiglio.
La leader del Partito Democratico non ha celato le proprie aspirazioni, dichiarandosi disponibile a guidare un governo di centrosinistra.
«Possediamo una coalizione progressista competitiva — ha affermato — e la situazione è ancora aperta. Se sarò io a guidare un governo di centrosinistra? Sono a disposizione, ma le modalità di selezione del candidato premier saranno determinate congiuntamente. Attraverso un accordo di coalizione che stabilisca chi ottiene un voto in più, come avviene nel centrodestra, oppure mediante primarie a cui sono pronta a partecipare».
L’intervista, tuttavia, si apre con la politica estera. Abu Mazen sarà presente ad Atreju. La Schlein, tuttavia, rivela che incontrerà anche lei durante la sua visita a Roma. «È opportuno che lo invitino — precisa la segretaria del Pd — ma farebbero meglio ad ascoltarlo. Il governo italiano, infatti, dovrebbe riconoscere lo Stato palestinese, come hanno già fatto numerosi altri Paesi. Si tratta di un segnale politico forte. Non si possono ignorare con impunità i gravi crimini commessi dal governo Netanyahu negli ultimi anni».
Successivamente, il tema Ucraina.
La posizione del Partito Democratico in merito all’invio di armi all’Ucraina? «Abbiamo sempre sostenuto il popolo ingiustamente invaso. Se non l’avessimo fatto, ritengo che a questo punto ci troveremmo a discutere di come Putin abbia già ridisegnato i confini con l’uso della forza. E una forza progressista non può accettarlo».
La posizione del Partito Democratico (PD) in merito al conflitto in Ucraina è chiaramente definita. Una pace equa non può essere raggiunta senza la partecipazione di Kiev ai negoziati, affiancata da un’Unione Europea unita e coesa che tuteli gli interessi di sicurezza di Ucraina e degli Stati membri. Non è ragionevole aspettarsi che l’ex Presidente Trump, attraverso colloqui bilaterali, possa realizzare e consolidare la pace.
Il PD non ha apportato modifiche allo Statuto per garantire la candidatura di Elly Schlein alla carica di Presidente del Consiglio. Allo stesso modo, non è previsto alcun ordine del giorno con tale finalità.
L’assemblea del PD del 14 dicembre si concentrerà probabilmente sulla votazione della relazione della segretaria, la quale non intende auto-proclamarsi o cercare l’acclamazione per la sua investitura. L’incontro con i delegati dem della prossima settimana servirà principalmente a certificare l’ampliamento della maggioranza interna che sostiene la leader.
Tra coloro che si sono già espressi a favore della Schlein, partecipando all’iniziativa di Montepulciano, figurano personalità come Dario Nardella, Debora Serracchiani, Anna Ascani e Gianni Cuperlo, che non avevano sostenuto Schlein all’ultimo congresso. Si prevede inoltre che Stefano Bonaccini e i restanti membri della sua area politica “Energia popolare” si uniscano al gruppo.
Al fine di ridurre l’influenza dei principali azionisti del cosiddetto “correntone”, tra cui Dario Franceschini e Andrea Orlando, si ritiene opportuno che il Presidente del Partito Democratico (PD) si ritrovi formalmente in maggioranza anche con il suo sfidante delle primarie, Elly Schlein, e con Cuperlo. Tale situazione rappresenterebbe un segnale positivo per proiettarsi verso le prossime elezioni politiche.
Dopo la rottura con i riformisti, che lo accusano di eccessiva accondiscendenza nei confronti della segretaria, il percorso del Presidente del PD appare delineato, a meno che non intenda rimanere in una posizione di incertezza. Tuttavia, egli ha dichiarato di non aver ancora preso una decisione definitiva, ponendo alcune condizioni politiche per compiere questo passo significativo. «È evidente che per votare un documento, ad esempio la relazione della segretaria, è necessaria una condivisione dei contenuti», ha dichiarato un parlamentare che ha mantenuto la sua vicinanza all’ex Presidente dell’Emilia Romagna.
In realtà, le divergenze tra Stefano Bonaccini ed Elly Schlein non riguardano i temi principali. Nell’ultimo anno, hanno condiviso la stessa posizione su quasi tutte le questioni, ad eccezione forse del referendum sul Jobs Act e del voto a Bruxelles sul piano di riarmo europeo.
Il punto cruciale è la possibilità di un congresso anticipato. Bonaccini ha espresso chiaramente la sua contrarietà, affermando: «Non è necessario, Schlein è già forte di per sé – ha spiegato – Con le regole attuali, rischieremmo di dedicare quattro mesi a discussioni interne». Non è l’unico a condividere questa opinione.
Franceschini, Orlando, Nicola Zingaretti, Roberto Speranza e molti altri membri dei gruppi parlamentari del PD sostengono la stessa tesi, sebbene con toni meno perentori. Anche i riformisti che si oppongono alla segretaria, tra cui Guerini, Gori e Delrio, concordano con questa posizione. Pertanto, sembra che il congresso anticipato nel PD non goda del favore della maggioranza, eppure, o forse proprio per questo motivo, rimane una possibilità concreta, oggetto di riflessione ai vertici del Nazareno. L’obiettivo sarebbe quello di rafforzare la posizione di Schlein alla guida del PD e della coalizione, disciplinare le correnti interne e rendere evidente a tutti che ella è l’avversaria di Giorgia Meloni.
Le dimissioni in piena campagna referendaria, in concomitanza con l’avvio della discussione programmatica del Partito Democratico in tutto il territorio nazionale, appaiono verosimili. Per i sostenitori di Bonaccini, tale evento rappresenterebbe «un’inutile forzatura, che non riconoscerebbe lo sforzo unitario e i sacrifici compiuti in questi anni».
Interrogato in merito, Bonaccini avrebbe risposto con una battuta, che si può riassumere come segue:
«In caso di convocazione del congresso, ciascuno effettuerà le proprie valutazioni; io potrei anche valutare la possibilità di ricandidarmi».
Sebbene sia difficile immaginare un ritorno al 2023, la battuta riflette il clima attuale. Nell’ambito ristretto di Schlein si predica la calma, con la convinzione che si raggiungerà un accordo con il presidente del partito, anche proiettando lo sguardo verso la compilazione delle liste per le elezioni politiche. Tuttavia, il tempo a disposizione è limitato: appare complesso ipotizzare di arrivare al 14 dicembre senza aver risolto la questione. «Forse si terrà il congresso con un ticket Schlein-Bonaccini», suggerisce scherzosamente un parlamentare vicino alla segretaria. Un’ulteriore battuta, o forse no.



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