La Corte di Appello di Torino ha annullato il trattenimento di Mohamed Shahin, imam islamico, presso il Centro di Permanenza per i Rimpatri (Cpr) di Caltanissetta, dove era stato portato in vista della sua espulsione. Questa decisione è arrivata dopo che la cattura di Shahin aveva suscitato forti reazioni da parte dei gruppi pro-palestinesi torinesi, che avevano manifestato contro la sede de La Stampa in segno di protesta.
Il ricorso presentato dagli avvocati di Mohamed Shahin è stato accolto dai giudici, i quali hanno esaminato la nuova documentazione fornita dalla difesa. Secondo la Corte, non ci sarebbero elementi sufficienti a giustificare l’espulsione sulla base di motivi di “sicurezza per lo Stato” o “ordine pubblico”. Il provvedimento di espulsione era stato firmato dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e aveva generato un ampio dibattito pubblico riguardo alle politiche di immigrazione e sicurezza in Italia.
L’imam Shahin, noto per le sue posizioni religiose e sociali, era stato arrestato in un contesto di crescente tensione politica e sociale. La sua cattura aveva sollevato preoccupazioni tra i suoi sostenitori, che l’hanno percepita come un attacco alla libertà di espressione e di culto. La decisione della Corte di Appello di Torino rappresenta una vittoria per i legali di Shahin, che hanno sostenuto che l’espulsione fosse ingiustificata e basata su pregiudizi.
L’episodio ha ulteriormente acceso il dibattito sull’approccio del governo italiano nei confronti dell’immigrazione e delle minoranze religiose. In particolare, la questione della sicurezza nazionale è stata al centro delle discussioni, con molti che hanno messo in dubbio l’efficacia delle politiche attuate. La decisione della Corte potrebbe influenzare future azioni legali relative a casi simili, evidenziando la necessità di una valutazione più attenta delle circostanze individuali di ciascun caso.



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