Inizia a concretizzarsi l’idea che circola già da anni e che si ritiene una possibile soluzione per limitare l’uso dello zucchero in bevande e alimenti: l’introduzione di una tassa su questo dolcificante.
È entrata infatti in vigore in tutta la Gran Bretagna la sugar tax sulle bevande zuccherate. Si tratta di un provvedimento differente dagli altri applicati fino ad oggi, sia per quanto riguarda la modalità che per l’obiettivo che si propone.
L’iniziativa, infatti, non è stata pensata tanto per agire direttamente sui consumatori disincentivando il consumo di zucchero, quanto sulla pressione nei confronti dei produttori in modo che evitino il più possibile di utilizzare questo dolcificante o quanto meno si preoccupino di limitarlo fortemente in modo da non dover pagare di più per realizzare le proprie bibite. Il risultato che si intende ottenere è comunque lo stesso: incentivare dei prodotti in cui si abbassi il livello di questa sostanza che diverse ricerche hanno dimostrato essere dannosa, soprattutto se consumata in eccesso. Secondo gli ultimi dati, gli italiani consumano il doppio dello zucchero consigliato dall’Oms: aumenta il rischio di obesità, diabete e malattie cardiache. La proposta in una lettera aperta al ministro della Salute: una sugar tax che preveda anche divieto di pubblicità di prodotti destinati ai bambini.
Nello specifico la tassa inglese prevede due fasce: una di 18 pence al litro nel caso di bevande che contengano più di 5 grammi di zucchero ogni 100 millilitri di liquido e l’altra di 24 pence al litro per le bevande con più di 8 grammi di zucchero ogni 100 millilitri di bibita. Ci sono però delle categorie di bevande che sono esenti dal provvedimento: succhi di frutta naturali e bibite a base di latte. Anche i piccoli produttori non dovranno pagare la nuova tassa.
L’associazione dei produttori di bibite inglese, la British Soft Drinks Association, aveva definito la tassa “semplicemente assurda” ma alla fine le aziende aderenti si sono dovute adeguare (sostenendo tra l’altro che stavano già autonomamente cercando di limitare lo zucchero nelle loro bevande).
In effetti le entrate stimate con la nuova tassa, inizialmente di 520 milioni di sterline, sono state in realtà ridotte già nel 2017 a meno della metà (240 milioni di sterline).
Lo zucchero è un killer, come alcol e sigarette. Ad alte dosi fa aumentare il rischio di sovrappeso, obesità, diabete 2 (che deriva dall’obesità) e malattie cardiache. E in Italia ne consumiamo troppo: stando agli ultimi dati dell’Osservatorio epidemiologico cardiovascolare dell’Istituto superiore di sanità (2008-2012), circa 100 grammi al giorno, pari al 20,7 per cento delle calorie assunte, cioè il doppio di quello consigliato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Per prevenire i cattivi stili di vita allora, anche da noi è partita una campagna per introdurre la sugar tax, una tassa sulle bevande zuccherate sul modello di quella inglese entrata in vigore lo scorso aprile. Promossa dal Fatto alimentare, ha già raccolto l’adesione della Società italiana di diabetologia (Sid), l’associazione nazionale dietisti (Andid), la Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps), l’European childhood obesity group (Ecog) e Slow medicine. Trovando d’accordo anche l’Istituto superiore di sanità.
La proposta è contenuta in una lettera aperta al ministro della Salute e prevede il divieto di pubblicità di prodotti destinati ai bambini sbilanciati dal punto di vista nutrizionale e di tassare del 20 per cento le bibite zuccherate con valori progressivi. Per esempio in Gran Bretagna, la tassa è di 18 pence al litro (0,20 euro) per bibite con un contenuto variabile da 5 a 8 grammi di zuccheri per 100 ml, mentre se il contenuto supera gli 8 grammi per 100 ml l’importo sale a 24 pence al litro (0,27 euro).
Con gli introiti della sugar tax, circa 240 milioni di euro l’anno, si vogliono promuovere programmi di educazione alimentare e di avvio allo sport nelle scuole, sconti alle famiglie meno abbienti sul prezzo dei pasti distribuiti nelle mense, e messaggi promozionali in tv. La stessa Oms raccomanda ai governi di tassare i soft drink per combattere diabete e obesità, ricordando che un prelievo del 20 per cento ne riduce di un altrettanto 20 per cento il consumo. In molti Paesi del mondo la sugar tax è già realtà: oltre che nel Regno Unito, anche in Finlandia (dal 1940), Norvegia (1981), Ungheria (2011), Francia (2012), alcune città degli Stati Uniti (tra 2014 e 2016) e Messico (2014). In quest’ultimo caso, dopo due anni le famiglie più povere avevano limitato già del 11,7 per cento gli acquisti di bevande zuccherate, mentre il resto della popolazione del 7,6.
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