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La decima (minuscola, please) è un richiamo del corpo, non dell’anima, un’esigenza irrinunciabile per deviare il corso dell’acido lattico e starsene a galleggiare in questa dimensione favolistica, ereditata dal Liverpool: si cambia ancora, e c’è la necessità di farlo, avendo consumato tanto ed essendo coscienti d’avere forza, talento e intelligenza per restare sulla giostra e divertirsi a oltranza. La decima (ed è la formazione, ovvio) che va incontro al Sassuolo è la figlia del calcio moderno, d’un Terzo Millennio che va fronteggiato a muso duro e con i muscoli elastici: perché giocare un giorno sì e l’altro pure consuma le energie fisiche ma pure quelle nervose e prim’ancora che germoglino i rimpianti e sempre utile fare un’analisi di se stessi e radiografarsi e rimettersi in discussione.



RIVOLUZIONE. Il decimo identikit del Napoli è indefinito, forse persino indefinibile, vive di pennellate nel chiaro-scuro di Castel Volturno, tra i misteri che hanno ragione di esistere per tenere elevatissima l’attenzione e magari pure la tensione: si riparte e però con un volto completamente nuovo, un lifting massiccio in qualsiasi zona del campo, un ribaltamento (quasi) totale che va dalla difesa, al centrocampo e all’attacco e risparmia (probabilmente, perché guai vivere di certezze) soltanto Ospina, Koulibaly, Allan e Insigne, rimescolando il Napoli per averlo sempre spumeggiante, carico d’autostima, possibilmente anche fresco.

ALL IN. La decima squadra diversa dalle precedenti è la figlia di un’idea nuova, alternativa, che fonde quella filosofia accumulata nell’infinito girovagare sui campi di mezz’Europa d’un allenatore senza paure: il turn-over è sacro, per non rischiare di affogare alla distanza in se stesso, per rinnovarsi, per motivarli tutti e non creare barriere gerarchiche insormontabili. Il resto l’ha fatto il sistema, la ricerca di modificare qualcosa o parecchio, di andare a sollecitare nuove emozioni tattiche per non fossilizzarsi: con il Sassuolo, riappare la difesa sistematicamente a quattro, con due esterni di fascia che spingono (e saranno Malcuit da una parte e Hysaj dall’altra) e restituiscono concetti-base. Ma poi si rimane dentro al Napoli in maniera pressoché eguale, nonostante siano diversi gli interpreti, percé a centrocampo ne succedono e quante, in una specie di all in da far tremare il tappeto verde.

DI CORSA. C’è una specie di mutamento generazionale, a pensarci bene: a riposo due presunti vecchietti (con rispetto parlando, s’intende) e sarebbero i trentunenni Callejon e Hamsik e largo ai giovanotti in grado di garantire geometrie, solidità e fantasia, per esempio Diawara (21 anni) e Verdi (26). E’ chiaro che non esistono ragioni anagrafiche, ma il metodo-Ancelotti interviene chirurgicamente sul Napoli, lo rimodella, con una plastica facciale a tutto campo: sempre là in mezzo, dove raccontano tutto nasca e tutto vada custodito. Il superstite, rispetto al Liverpool, dovrebbe essere Allan, nonostante la possente fisicità di Rog che incede alle spalle del brasiliano, e a sinistra, la corsia appartenuta mercoledì scorso a Fabian Ruiz, finirebbe per questa sera Zielinski, perché in una rotazione eccezionale va pure inserita una traccia di normalità. Poi davanti, beh, mica si lancerà la monetina: Insigne e Mertens, per cominciare.

LE ONDE. Dalla Lazio al Sassuolo, se ne sono visti di Napoli: ventuno calciatori utilizzati, per chiunque una chanches dall’inizio, moduli che sono evaporati, così d’incanto, e innovazioni anche stupefacenti spruzzate senza indugi: pure la decima formazione ha una serie di perché, nasce dalla volontà precisa di sfruttare un potenziale che Ancelotti riconosce («per questo è un gruppo forte, molto forte») che è appena all’inizio di una (sua) nuova vita.

E adesso a chi tocca? Perché sembra quasi tutto scritto, ma non lo è, che una la giochi il polacco e l’altra tocchi di diritto al belga: ma in quell’area, sono sedici metri e bastano e avanzano, c’è un ballottaggio che ondeggia sul filo dei riflessioni, alla ricerca dei bomber un po’ perduti. E se comunque va così, lì davanti più che altrove, c’è un motivo e anche una ragione: c’è la voglia matta, in Ancelotti, di scovare il centravanti ideale, sia esso alto o anche un po’ piccino, qualcuno che dia ulteriore senso alla manovra offensiva, un tipo senza troppi fronzoli, né eccessivi scrupoli, che la butti dentro.

A DRIES. Perché le statistiche, poi, a loro modo qualcosa suggeriscono e Dries Mertens, cinquantasei gol nelle precedenti due stagioni, ha un po’ perso il suo smalto: sarà colpa del Mondiale, sarà anche la difficoltà a calarsi un qualcosa che improvvisamente gli appaia «diverso», ma due gol finora rappresentano la spia luminosa d’una difficoltà crescente. Dodici mesi fa, per dire, era già sul personalissimo otto volante e ci aveva infilato persino una tripletta: dieci partite, otto gol, un mostro. Che poi è andato sparendo nel finale di campionato, e ci sta, e che adesso, raccontano impietosamente i numeri, ne ha segnati due, ha confezionato un assist, ha giocato poco, 367 minuti, e soprattutto lo ha dovuto fare fuori dal «tridente», che pareva fosse una sua insospettabile collocazione naturale. Stasera, si riparte: la comincia Mertens, così sembra, e sarà la quarta che gli capita di vivere dall’inizio e dunque di evitarsi quella panchina, divenuta un po’ un tormento e genesi di quel luogo comune che gli dà noia ma che affronta con ironia. «Non dite che sono un uomo che spacca le partite, quando entro a gara in corso. Sennò poi Ancelotti vi prende in parola».

E MILIK. Il centravanti classico, quello che sta in area, che la occupa, che fa reparto, che va a fare spallate – e anche le sponde – quello che quando arrivò, con la pesante eredità di Higuain sulle spalle, segnò sette reti in cinquecento minuti, ha dovuto convivere con la malasorte: due infortuni da spezzare l’umore di chiunque. Poi s’è messo in testa che la vita da bomber continua e ora tocca a lui indirizzarla: stavolta va in panchina, succede assai più raramente che a Mertens chiaramente, anche perché con il Liverpool gli è stato chiesto parecchio, un lavoro ai fianchi della difesa, per trascinarla al di qua della linea e far intrufolare gli altri. Milik è quello del primo gol stagionale (all’Olimpico con la Lazio), quello della doppietta al Parma, quello che ha un po’ rubato gli occhi ad Ancelotti, stupendolo con qualità che vanno e vengono, come le sagome dei centravanti nell’area di rigore avversaria. Qui si giocano una maglia, fors’anche il futuro: perché tra un’estate, altrimenti, immaginate un po’ cosa diventerebbe il mercato, già infestato mesi fa dalle ombre più fantasiose, dai sogni più suggestivi!

E sono dieci. Qualcosa cambierà anche oggi pomeriggio, Carlo Ancelotti. Sarà la decima formazione diversa, quella che affronterà il Sassuolo, su altrettante partite giocate, fin qui, tra campionato (8 compresa quella di oggi) e Champions League (2). Un turnover continuo, che sta apprezzando anche un ambiente che, nei precedenti tre anni, s’era abituato alla poca duttilità di Maurizio Sarri. La diversità è notevole, oggi il Napoli è un’oasi felice, dove non esistono giocatori scontenti, dove tutti i disponibili sanno di poter essere utili alla causa, di poter contare su un allenatore che non trascura niente e nessuno. Al di là della questione tecnica, la coesione del gruppo è parte integrante del progetto.

DUTTILITÀ’ Provate a indovinare la formazione. Resta questa, forse, la vera impresa del cronista. Con Sarri, gli undici titolari si recitavano a memoria: Reina; Hysaj, Albiol, Koulibaly, Ghoulam; Allan, Jor- ginho, Hamsik; Callejon, Mertens, Insigne. Davvero difficile non azzeccarla, alla vigilia, soltanto in rarissime occasioni s’è sbagliato un nome. E poi, era facile da indovinare anche la prima sostituzione: Zielinski per Hamsik, in genere dopo il primo quarto d’ora della ripresa. Insomma, non si è mai vissuta la suspense per sapere la formazione. Oggi no, oggi è tutto diverso, indovinare gli undici di Carlo Ancelotti è come trovare un ago nel pagliaio.

Dieci formazioni inedite certificano quanto siano ragionate le scelte dell’allenatore, quanto siano dettate dal valore dell’avversario e dalla necessità di tenere a riposo chi evidenzia una stanchezza maggiore.

ROTAZIONE Nasce dalla necessità del tecnico di gestire un organico che dovrà impegnarsi in egual misura in tutte e tre le competizioni alle quali partecipa. Quest’anno non si tralasce- rà nulla, la magica notte di Champions League ne è la dimostrazione. Per battere il Li- verpool c’è voluto un notevole dispendio di energie fisiche e mentali ed è proprio questo il motivo per cui, stasera, contro il Sassuolo, Ancelotti ricorrerà all’ennesimo turnover. Dovrebbe esserci Malcuit, dal primo minuto, nel ruolo di esterno destro difensivo, con lo spostamento di Hysaj sulla fascia mancina, considerata la squalifica di Mario Rul. Inedita dovrebbe essere anche la mediana dove Allan e Hamisk potrebbero cedere il posto a Rog e Diawara. Insomma, non esistono comprimari o mezze figure, l’allenatore tratta tutti alla stessa maniera dando così modo a tutti i giocatori di sentirsi parte integrante del suo progetto tecnico.

STRATEGIA Quella di Carlo Ancelotti ha sorpreso persino il patron Aurelio De Laurentiis che ha sempre desiderato la valorizzazione dell’intera rosa, cosa che non ha mai potuto riscontrare durante la gestione Sarri. Dopo dieci partite, dunque, sono venti i giocatori schierati almeno una volta da titolari. Dei cinque restanti, Ounas è solo subentrato, mentre Ghoulam, Younes, Chiri- ches e Meret stanno recuperando dai rispettivi infortuni. Nessun condizionamento, allora, lo dimostrano i numeri. Il Napoli è una squadra camaleontica che, al di là dei giocatori che schiera, riesce sempre a rispondere alle direttive del tecnico. Quando ciò non è avvenuto e s’è reso necessario cambiare sul piano tattico, ecco la svolta, alla quarta giornata, contro la Fiorentina, Ancelotti non ha avuto esitazioni a passare dal 4-3-3 al 4-4-2, variazione che s’è resa necessaria per dare una maggiore copertura alla difesa e per accentrare Lorenzo Insigne negli ultimi venti metri. Certo non tutto ha funzionato alla perfezione, basti pensare al pareggio di Belgrado o alle sconfitte con Sam- pdoria e Juventus. Nonostante tutto, però, resta ancora il Napoli l’antagonista dei campioni d’Italia. Il cui rendimento non conosce soste. Ma, stavolta, si andrà avanti fino in fondo, non ci si abbandonerà nel primo hotel, si combatterà allo stremo, fino alla fine

Capita, quando si diventa allenatori, di chiedere ai propri calciatori quello che non sempre si riusciva a dare con le scarpette ai piedi. Roberto De Zerbi, che ora pretende giustamente sacrificio e corsa dai suoi talenti offensivi, a partire da quel Berardi che un po’ gli somiglia per via del mancino delicato, non è riuscito ad esprimere a Napoli le sue grandi doti tecniche perché non sempre ha tramutato il «giovedì nella domenica».

GIOCATE DA FUORICLASSE A

Castel Volturno se lo ricordano ancora molto bene cosa era capace di fare in partitella: giocate da fuoriclasse assoluto e compagni più giovani (Hamsik e Lavezzi nella prima parte del campionato di A 2007-2008) che cercavano di finire in squadra con lui. Quando però Reja lo mandava in campo (30 presenze e 3 gol in B nel 2006- 2007) non sempre Roberto ripeteva quelle gesta o comunque non aiutava a dovere la squadra in fase difensiva. Di conseguenza, da protagonista annunciato divenne un comprimario. Era arrivato, infatti, come grande colpo di mercato del d.g. Pier Paolo Marino al pari del collega Bucchi (lo scorso anno a Sassuolo ed ora suo successore in panchina a Benevento), ma De Zerbi si esprimeva alla grande in un attacco a tre e, in nome dell’equilibrio tattico, fu accantonato quando il vecchio Edy decise di passare al 3- 5-2.

PROMOZIONE DIFFICILE Tutta via fece in tempo ugualmente a regalare scampoli di grande calcio: fondamentale un suo gol contro il Rimini al San Paolo per sbloccare una gara soffertissima nella quale i romagnoli dominarono in lungo e in largo. De Zerbi la vinse praticamente da solo, adesso invece vuole da gli attaccanti del Sassuolo che giochino con e per la squadra: «Dobbiamo ripartire dall’atteggiamento che abbiamo avuto con il Milan, ma senza commettere gli stessi errori – ha detto ieri in conferenza -. Sfidare Ancelotti è un onore. Non andremo a Napoli solo per difenderci, lì ho ricordi indelebili avendo contribuito ad una promozione difficile dai cadetti alla A. Sappiamo che sarà dura ma cerchiamo di pensare a noi e non solo all’avversario che ci aspetta».

MAESTRO MARINO Ecco, questa è la filosofia di De Zerbi, che lo scorso anno con il Benevento mise in difficoltà il Napoli di Sarri attraverso il palleggio e grazie alla mossa di Guilherme

«falso nove». Il ruolo che a Sassuolo ha affidato a Boateng. «Ho già in testa la disposizione che avremo in campo tanto in fase difensiva quanto in fase offensiva – ha concluso De Zerbi -. Sugli interpreti da schierare invece conservo qualche dubbio che scioglierò aH’ultimo momento utile». In settimana ha provato sia la difesa a quattro sia quella a tre: comunque presenterà a Fuorigrotta un Sassuolo coraggioso come del resto è solito fare ovunque. Così gli è stato inculcato dai maestri che ha avuto in carriera, a cominciare da Pasquale Marino che a Foggia ne esaltò le qualità schierando De Zerbi attaccante esterno destro in un tridente con Del Core e Greco. Il capitano di quella squadra era Roberto Carannante, ex difensore napoletano che esordì con la maglia azzurra in Coppa Italia nell’anno del primo scudetto.

L’ indiscrezione arriva r dagli uffici della Fe- I derazione. Roberto Mancini sarebbe intenzionato a convocare Allan in Nazionale. Il centrocampista del Napoli è in possesso di doppio passaporto, brasiliano e italiano, e dunque potrebbe tranquillamente accettare la convocazione. Il cittì è stato a Napoli nei giorni scorsi e non è escluso che ci ritorni a breve per parlare direttamente col giocatore. Il quale dovrà poi decidere sulla scelta da fare.

DELUSIONE BRASILE In questo periodo, Allan è deluso dal comportamento del cittì brasiliano, Tite, che fin qui non l’ha mai preso in considerazione. Durante i suoi giri in Europa, Tite non si è mai fermato a Napoli per osservare il centrocampista, nonostante laggiù, oltre oceano, arrivino relazioni soddisfacenti sul suo rendimento. Da anni, Allan è in crescita, il suo livello di prestazione sta raggiungendo il massimo. Attualmente, è uno degli incontristi più forti, se non il più forte, di tutta la serie A. E proprio quest’evoluzione l’ha illuso di aver convinto Tite a chiamarlo nella Nazionale verde-oro. Convocazione che non è arrivata, però.

IPOTESI ITALIA E proprio da questa delusione che Roberto Mancini ha preso lo spunto per discutere dell’eventuale convocazione sia coi vertici federali sia con lo stesso giocatore. Non è escluso che Allan, anche per una forma di ripicca verso il cittì brasiliano, possa accettare la chiamata della Nazionale italiana. Un’ipotesi, al momento, che presto si potrebbe trasformare in realtà. Un incontrista forte come il centrocampista del Napoli è merce molto rara. Mancini ha valutato bene la questione e sa che Allan potrebbe essere davvero un punto di forza per la sua mediana.

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Ma se al posto dell’albanese c’è Malcuit, che spinge tanto, allora Fabian Ruiz che ama rientrare sul mancino può giocare ala destra «a modo suo» lasciando cioè la corsia libera al francese.

EQUILIBRIO È solo uno dei tanti «accoppiamenti» possibili. Per esempio, a Torino contro i granata si è rivelato molto interessante l’asse composto da Lupetto e Verdi. Più difensivo il primo rispetto a Mario Rui, più bravo il secondo rispetto a Zielinski nel puntare l’avversario sulla linea laterale. Contro il Sassuolo, però, potrebbe esserci – complice la squalifica di Mario Rul -, Hysaj dietro Verdi ma l’ex empolese, destro naturale, sarebbe frenato in fase di spinta giocando sulla corsia mancina e quindi non ci sarebbero problemi di equilibrio. Già, l’equilibrio: Ancelotti lo ricerca da sempre nelle sue squadre e a maggior ragione lo ha cercato nel Napoli sin dal ritiro di Dimaro perché aveva intuito qualche scricchiolio difensivo (10 le reti al passivo nelle prime 7 giornate). Così ha deciso di puntare forte su Zielinski che è, appunto, l’equilibratore per eccellenza. Nato trequarti- sta, si è consacrato interno con Sarri e Giampaolo ma è perfetto per giocare da «ala finta». Contro il Sassuolo potrebbe spostarsi in regia, ma comunque da esterno sinistro fin qui ha fatto molto bene perché ha dato anche una mano consistente in fase di non possesso quando il Napoli si compatta allargando rapidamente proprio gli esterni di centrocampo per evitare ad Hamsik di «scivolare» vicino alla linea laterale.

SORPRESA Se poi tutti i piani iniziali dovessero saltare per un imprevisto sviluppo negativo della partita, Ancelotti ha la carta a sorpresa in panchina: Adam Ounas ha velocità e imprevedibilità per far male alle difese italiane, come si è visto contro la Sampdoria. Generalmente parte da destra ma con il suo passo svelto potrebbe cavarsela bene anche a sinistra andando a cercare il fondo e i cross per Milik. È tutta una questione di incastri tra terzini, ah e punte. Ancelotti è davvero un maestro nel completare il suo puzzle chiamato formazione: i tasselli più importanti sono quelli che nasconde e inserisce alla fine. Il rebus delle fasce, infatti, non è stato quasi mai risolto fin qui da allenatori avversari e giornalisti ma spesso è risultato decisivo per le sorti delle partite del Napoli.

NAPOLI Rischiano il posto tutti, anche i due titolarissimi Koulibaly e Insigne che fin qui sono sempre stati nella formazione iniziale di Ancelotti. Non ha fatto mistero Carletto con i suoi calciatori che ha in mente di cambiare nuovamente tanto, non parlerà oggi con i giornalisti e dunque le sue scelte saranno imperscrutabili. In porta potrebbe esserci ancora Ospina ma soltanto perché il colombiano dovrebbe riposare dopo la sosta, come accade contro la Fiorentina perché rientrato solo poche ore prima della ripresa del campionato dall’impegno con la Colombia. Va verso la conferma Maksimovic, anche se potrebbe essere spostato al centro della difesa dopo la buona prestazione da terzino con il Liverpool. La sua fisicità potrebbe far comodo contro Boateng. Diawara spera di essere della partita anche perché Al- lan sembra destinato a rifiatare. Insomma, possibili sei cambi rispetto alla Cham- pions con Mertens sicuro del posto lì davanti.

RISARCIMENTO Saranno massimo in 30mila al San Paolo, dove potrebbe esserci, chissà, anche Roberto Mancini, avvistato ieri in città. Intanto, il club azzurro è stato condannato dal giudice di pace a risarcire gli abbonati della stagione 2016- 17 che avevano intentato una causa contro il Napoli poiché penalizzati dal fatto che il costo complessivo dei singoli biglietti si era rivelato inferiore al prezzo degli abbonamenti. Ora la società di De Laurentiis dovrà corrispondere la differenza ai suoi vecchi «fedelissimi».



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