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Le buone notizie annegano sotto il diluvio che continua a imperversare su Mi- lanello, ma se non altro ci sono. E allora partiamo da quelle, ovvero dalla più importante: domani sera Higuain ci sarà. Ieri Gonzalo ha abbandonato cure e palestra per scendere in campo assieme a chi non aveva giocato a Siviglia, sostenendo tutto l’allenamento. Dove per tutto si intende dal riscaldamento alla serie di partitelle finali a campo ridotto, pare anche giocate su ottimi ritmi. Questo significa che il Pipa è recuperato e potrà assecondare il grande desiderio di sfidare il passato che l’ha sedotto e abbandonato. Il Milan però in questo periodo sta viaggiando a ritmi ospedalieri che hanno dell’incredibile e ieri è caduta su Gattuso l’ennesima mazzata: il tecnico perde anche Musacchio, che ha riportato «la lesione del legamento crociato posteriore del ginocchio destro, infortunio che richiederà un trattamento conservativo di 6-8 settimane». In pratica, tutti a preoccuparsi della botta alla testa – gli accertamenti hanno dato esito negativo – dopo il violento scontro con Kessie, mentre il vero problema era al ginocchio. Un problema per Mateo e ovviamente un problema per il Milan, che perde un altro pezzo importante per un paio di mesi circa, assenza resa ancora più dolorosa da quella concomitante di Caldara. In questo momento gli unici centrali di ruolo sono Romagnoli, Zapata e Si- mic, che fin qui langue a minuti zero.

PROSPETTIVA Un altro lungodegente dunque, che si somma all’assenza di Biglia, fuori per circa quattro mesi. Occorrerà intervenire sul mercato e sul taccuino di Leonardo c’è il nome di Stefano Sensi, da tempo in evidenza e in queste ore tornato d’attualità. Ancora non c’è stato un contatto ufficiale con il Sassuolo, ma la candidatura del centrocampista di Urbino sta prendendo quota. In questa stagione si è ben disimpegnato anche da mezzala e ha mezzi tecnici di primo livello. Nell’immediato può sopperire all’assenza di Biglia, ma ha la duttilità per ricoprire più ruoli a centrocampo. Messosi in luce nel Cesena, è al Sassuolo dalla scorsa stagione. Dopo un lungo infortunio ha trovato continuità, tanto da meritare la convocazione in Nazionale. In prospettiva Sensi può essere prezioso in vari ruoli, considerando che molti centrocampisti rossoneri sono a fine contratto: Montolivo, Bertolacci e José Mauri. Anche per questo Leonardo ci sta pensando in maniera concreta. Già a Reggio Emilia, il 30 settembre, si era complimentato per la sua prestazione contro i rossoneri.

RICADUTE Tornando all’infer- meria, da registrare il rientro a pieno titolo di Calabria, ma anche i numerosi punti di domanda sugli acciaccati vari. Premesso che Bonaventura non ce la fa, per quello che è filtrato Kessie stringerà i denti ancora una volta e dovrebbe esserci, e lo stesso dovrebbe accadere per Calhanoglu, che ha preso l’ennesima botta sul piede destro ma ieri camminava abbastanza bene. Dubbi su Cutrone, anche lui alle prese con una ricaduta alla solita caviglia sinistra che lo tormenta da due mesi. Gattuso dovrebbe tornare alla difesa a quattro, con il resto del sistema da valutare oggi: può essere 4-4-2 (con Castillejo che si candida con forza) o 4-2-3-1.

Se si considerano i minuti di assenza dal campo, Riccardo Montolivo è il più «infortunato» della squadra: l’ultima partita giocata risale al 13 maggio scorso, in casa dell’Atalanta, e finita anzitempo per un’espulsione a un quarto d’ora dal 90’. Un lunghissimo periodo che avrebbe fiaccato chiunque: un conto è allenarsi, un altro mettere alla prova fisico e mente in partite vere. Il discorso vale per tutti, per chi si è sempre mantenuto in buona forma e a maggior ragione per chi, come l’ex capitano, in questi mesi ha risentito di un fastidio al polpaccio che richiederebbe un ritorno in gruppo graduale. Ecco perché nonostante gli infortuni veri e gli impegni ravvicinati che favorirebbero il turn over, anche contro la Juve Montolivo andrà in panchina. Convocato – perché Gattuso non l’ha mai escluso a priori – ma a sedere tra le riserve. Così la mediana sarà ancora composta dall’insostituibile guerriero Kessie, ormai abituato al super uso, e pronto alla battaglia di domani sera. Al suo fianco ancora Bakayoko, che effettivamente sta crescendo: a Gattuso sono molti di meno quelli che danno del pazzo. «Ha giocato bene anche col Genoa, solo chi non fa, non sbaglia. Ma quando l’ho detto mi avete preso per matto. Ora deve continuare su questa strada e ci darà grandi benefici». Di tutta la rosa solo Tiemoué, del resto, può vantare due partite da titolare contro la Juventus in semifinale Champions: magari qualcosa vuol dire.

IN DIFESA DI CONTI Infine il club difende Conti, squalificato tre turni in Primavera: «Un provvedimento severo che ne intacca la reputazione inappuntabile. Chiediamo, nel pieno rispetto delle autorità giudicanti, che i fatti vengano accertati con particolare riferimento alla condotta del direttore di gara. Vogliamo evitare che il caso venga chiuso con una semplice sentenza, senza fare chiarezza su tutto».

In comune hanno due punti chiave: il ruolo, attaccante, e il passato a Milanello. Ibrahimovic e Pato alimentano i sogni di mercato dei tifosi rossoneri, sostenuti dal fatto che un nuovo ingresso in attacco è ritenuto opportuno anche dalla società e dall’allenatore. Se il modulo che sceglierà Gattuso in futuro è quello a due punte, è evidente la mancanza di un altro elemento in rosa. Zlatan è senza dubbio una figura ingombrante e a 37 anni l’investimento va ben ponderato: Leonardo aveva ammesso di averlo cercato durante l’estate scorsa e anche di recente non ha chiuso categoricamente la porta. Anche perché poi a riaprirla ci pensa sempre lui, Ibra. Stavolta, se la suggestione si fa più concreta, è per una conferma – più o meno indiretta- dello svedese. In un’intervista rilasciata all’Equipe ha replicato alla domanda di un possibile ritorno in rossonero con una frase che lascia aperta alle interpretazioni. L’assist che Ibra raccoglie arriva in realtà da…Arsene Wenger: «Lui al Milan? E’ più probabile che torni io… Comunque non so ancora cosa farò. So che molti club europei sono interessati a me».

DIFFERENZA Se l’età può essere un freno per chi riflette sul suo possibile ingaggio, di certo non lo è per Zlatan che a -3 dai quaranta si sente sempre in ottima forma: «Io e la mia famiglia amiamo molto la vita qui a Los Angeles ma ho bisogno di una sfida, di una ragione per continuare a giocare a calcio. Non voglio andare in una squadra solo perché sono Zlatan Ibrahimovic. Voglio fare ancora la differenza, come ho sempre fatto». Pato dalla Cina la pensa allo stesso modo: in Oriente è osannato ma l’energia della Serie A è un’altra cosa.

Un sogno mai realizzato, quello di Ramon Calderon. Il presidente del Reai Madrid dall’estate del 2006 al gennaio 2009 ha preso prima Gonzalo Higuain e poi Cristiano Ronaldo, però non è riuscito a vederli giocare insieme. A Un grande rammarico, provocato dalle sue dimissioni dalla Casa Bianca per irregolarità in un’assemblea, col ritorno di Fiorentino Perez nell’estate del 2009 e la faraonica campagna acquisti che ne seguì, con gli arrivi tra gli altri dello stesso Ronaldo, di Kakà, Benzema, Xabi Alonso, Albiol.

Andiamo per gradi, e iniziamo da Higuain.

«Lo prendemmo insieme a Gago e a Marcelo per una cifra che ora con i prezzi assurdi che circolano può sembrare ridicola: 9 milioni di euro. Io non lo conoscevo però Franco Baldini e Pedja Mijatovic mi assicurarono che sarebbe diventato un grande giocatore, e non si sbagliavano. Il Madrid da Gonzalo ha avuto tantissimi gol e poi l’ha venduto bene».

La sorprese? «In pieno, perché arrivò da noi quando aveva appena compiuto 18 anni e s’inserì subito bene, cosa non scontata. Fabio

Capello non riteneva compatibile Ronaldo, il Fenomeno, con Ruud van Nistelrooy, mi convinse a cederlo al Milan in gennaio e Higuain ebbe più spazio, contribuendo in maniera importante alla grande rimonta sul Barcellona che ci portò alla vittoria della Liga all’ultimo respiro. Segnò un gol importantissimo nel derby con l’Atletico e uno decisivo nel 4-3 al- l’Espanyol nell’incandescente finale di stagione. Poi progredì al meglio negli anni successivi, con noi crebbe tantissimo».

Intanto però lei voleva Cristiano Ronaldo. «Sì. Impiegai quasi due anni per prenderlo. Era legatissimo allo United, e lo United a lui. Alla fine mi diede il suo sì però nell’agosto del 2008 quando eravamo a Bogo- tà per un’amichevole mi chiamò e mi chiese di farlo restare un altro anno a Manchester, per un debito di riconoscenza nei confronti del club e di Sir Alex Ferguson. Acconsentii e in dicembre firmammo il ■ contratto per l’estate successiva».

Furono Perez e il Madrid a goderselo. «No, io sono madridista e in questi 9 anni me lo sono goduto, eccome. Insieme a Di Stefano è stato lo straniero più importante della storia del Madrid, e non solo per i 450 gol. La sua mentalità ha trascinato la squadra ai trionfi di questi anni. Non ho mai conosciuto un giocatore così, uno che a un talento enorme unisce una forza di volontà ferrea, guidato dall’ossessione di migliorarsi giorno dopo giorno».

Con Higuain hanno convissuto 4 anni. «E in maniera più che positiva a mio avviso. La nostra idea era quella di formare un attacco con Robben, Higuain e Ronaldo, però Perez aveva altre idee. Fiorentino ha fatto grandi cose per il Madrid, però ha sempre avuto una grande difficoltà nel gestire i giocatori che non ha preso lui. È stato così con Casillas e Raul, con Robben e Sneijder. Stava per rinunciare anche a Marcelo e persino a Ronaldo, però nel caso del portoghese se non l’avesse preso avrebbe dovuto pagare la penale da 30 milioni di euro che avevamo fissato con lo United in dicembre in caso di rinuncia da parte del Madrid. Una cosa che Ronaldo seppe e che non gradì, la considerò come un insulto. Perez prese Benzema (e Kakà, del quale a noi avevano detto che aveva un problema al ginocchio di difficile risoluzione) e da lì cominciò una convivenza che ha terminato col logorare Higuain, che alla lunga ha deciso di andar via perché avvertiva che non aveva spazio. E mi dispiace, perché in Italia con Napoli e Juventus ha fatto bene in Serie A ma meno in Europa».

Ora è andato via anche Ronaldo. «Un errore storico, determinato sempre da quella difficoltà di Perez nell’accetta- re giocatori ereditati. Ronaldo è un calciatore impossibile da sostituire che farà ancora più grande la Juve: ha davanti a sé ancora diversi anni al massimo livello. La Juve vincerà sicuramente lo scudetto ed è la massima candidata al trionfo in Champions, perché la fame di Ronaldo è inesauribile e contagiosa. Il Madrid in questo inizio di stagione è stato 9 ore senza far gol, è evidente che la cosa ha a che fare con la partenza di Cristiano. Ripeto, uno così è insostituibile. Sono contento che stia facendo bene con la Juve, la cosa mi riempie d’orgoglio».

E Milan-Juventus?

«La registrerò e la guarderò dopo, perché è in contemporanea a Celta-Real Madrid. Spero che Higuain e Ronaldo segnino entrambi, e che vinca il migliore»



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