Papa Francesco contro i pedofili: “Sta lottando, no si dimetterà”



Non mi dimetto». Così ha risposto Papa Francesco alla richiesta dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò, ex Nunzio apostolico a Washington (rappresentante diplomatico della Santa Sede), che in una lettera aveva accusato il pontefice di aver coperto gli abusi sessuali commessi negli Stati Uniti dal cardinale Theodore Me Carrick contro seminaristi e preti suoi sottoposti. Il documento di Viganò, una decina di pagine in tutto, ricco di nomi, fatti e circostanze è stato diffuso proprio mentre il Papa era in Irlanda, Paese cattolico, ma devastato dalle tante accuse verso religiosi macchiatisi di atti di pedofilia. L’accusa al Papa, di aver coperto un esponente di rango còme il cardinale Me Carrick, è stata tremenda anche perché Bergoglio si è fatto promotore di esemplari punizioni non solo verso i membri della gerarchia ecclesiastica che si sono resi protagonisti di abusi sessuali, ma anche verso chi, tra vescovi e altri prelati, ha coperto con il suo silenzio l’opera di quanti nella chiesa cattolica hanno taciuto, aumentando così le sofferenze delle vittime che in tutto il mondo sono migliaia.



Proprio a Dublino, papa Francesco aveva chiesto alle vittime «perdono per gli abusi e i silenzi». A dire il vero, qui in Italia la lettera di Viganò, pur pubblicata il 26 agosto dal quotidiano la Verità, negli ambienti laici e politici era passata quasi inosservata. Non così è stato nei sacri palazzi della Santa Sede, allertati della “bomba” mediatica da diverse ore. Già all’alba di quel 26 agosto tutta la gerarchia romana era in attesa di una copia del giornale diretto da Maurizio Belpietro, dove era riportata integralmente la lettera di Viganò. La tempesta era dietro l’angolo. La sera dello stesso giorno, sull’aereo papale che riportava il pontefice a Roma da Dublino, dove erano ospitati anche i giornalisti accreditati per l’evento irlandese, l’imbarazzo si tagliava a fette. Nessuno osava parlare di Viganò. A rompere il ghiaccio, l’inviata americana della Nbc Tv, Anna Matranga, che ha posto al Papa la fatidica domanda su cosa ne pensasse della lettera del monsignore ex Nunzio della Santa sede a Washington. Il Papa, senza rispondere alle dettagliate accuse di Viganò, si è affidato, per un giudizio alla professionalità dei giornalisti. L’abile uscita del Pontefice sembrava aver messo una pietra tombale sulla vicenda. Non è stato così. E se da una parte la stampa italiana sembra essersi schierata quasi in toto nella censura di Viganò e nella difesa di Francesco, negli Stati Uniti le cose stanno in maniera diversa. Nei giorni scorsi il procuratore generale della Pennsylvania, John Shapiro, è stato durissimo riferendosi alle violenze subite da oltre mille bambini. «Abbiamo le prove che il Vaticano sapeva e ha coperto gli abusi. Non posso parlare specificatamente di Papa Francesco». Un po’ più moderata la linea dei vescovi degli Stati Uniti, che però nella sostanza confermano le accuse di Viganò verso i prelati complici di abusi, e rivolgendosi direttamente al Papa sostengono che questa è l’occasione giusta per fare piena luce sui personaggi come il cardinale.

Me Carrick, che è stato privato dello status e del titolo cardinalizio, anche se solo recentemente e sino a quando non sarà concluso il procedimento ecclesiastico nei suoi confronti. «Negli Usa si assiste a una vera e propria levata di scudi in difesa di Viganò», conferma a Sono una fonte che vuole restare anonima. «Tra questi oltre al cardinale Raymond Burke, vi sono personaggi del calibro del vescovo Joseph Strickland del Texas che ha scritto ai seminaristi e ai suoi preti. Altri ancora come David Konderla, vescovo di Tulsa, nell’Oklahoma, che ha addirittura diffuso un comunicato secondo cui le accuse di Viganò rappresentano un buon punto di partenza per avviare le indagini che devono ripristinare la Santità della Chiesa Cattolica». Intanto, in Vaticano, a Santa Marta, l’albergo del Vaticano dove papa Francesco risiede in due piccole stanze, si respira aria di amarezza. In un primo momento sembra che il Pontefice non fosse particolarmente preoccupato della lettera di Viganò. Poi le cose sono cambiate.

Il Papa non ha preso bene la vicenda e, secondo i bene informati, se da una parte ha deciso di resistere e di non voler prendere in considerazione le ipotesi di dimissioni, dall’altro il dolore per l’affronto subito dal monsignore è lancinante. A confortare il Papa sono scese in campo alcune delle penne più sapienti del giornalismo italiano tra cui quella di Andrea Tondelli, che dalle pagine della Stampa ha cercato di confutare le accuse di Viganò. Inaspettatamente una difesa per papa Francesco giunge da Francesca Immacolata Chaouqui, ex membro della Commissione economica pontificia Cosea, poi arrestata in Vaticano e condannata dal tribunale dello Stato Città del Vaticano per lo scandalo Vatileaks. La Chaouqui, contattata da Sono non è tenera con Viganò: «Se l’ex Nunzio apostolico a Washington, dove è rimasto per quasi cinque anni sapeva tutte le cose denunciate nella lettera perché non le ha rivelate prima? Poi penso che Papa Francesco stia facendo tanto contro la pedofilia. E stato coraggioso è sta riuscendo a smantellare connivenze di ogni tipo. Perché prendersela con lui? Tutto questo è illogico. Il Papa gode di buona salute e chi spera che si dimetta ha sbagliato i suoi conti. La lettera di Viganò è stata cavalcata da ambienti conservatori della Chiesa. Non potranno però fare nulla contro Papa Francesco».

Altra persona di solito non tenera con il pontificato attuale, Luigi Bisignani, difende il Papa dall’attacco dell’ex Nunzio a Washington. «Mi sembra che in Vaticano sia spuntata un’Asia Argento nelle vesti di monsignor Viganò», ha scritto sul quotidiano II Tempo. «Il monsignore ha deciso di fare il persecutore dei peccati di Santa Romana Chiesa solo quando capisce che non riceverà la porpora cardinalizia». Viganò però non ci sta e da una località segreta dove si è rifugiato respinge le critiche ed insiste: «Nessuna vendetta da parte mia. Ora deve emergere la verità. Ho parlato solo perché la corruzione nella Chiesa ormai tocca i vertici».



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