George Clooney si è schierato contro la pena di morte per gay e adulteri introdotta nel Brunei



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George Clooney non ci sta. Dal 3 aprile in Brunei, piccolo sultanato islamico nel Borneo, è entrata in vigore la sharia (la legge islamica più oltranzista): gay e adulteri possono essere messi a morte mediante lapidazione. La modifica del codice penale in senso religioso, che riguarda solo i cittadini musulmani, impone anche l’amputazione di una mano o di un piede per chi commette furti e il carcere fino a cinque anni per chi festeggia il Natale. Il divo di Hollywood, che da anni è impegnato in battaglie civili e contro ogni forma di totalitarismo e oscurantismo insieme con la moglie Amal, è sceso in campo chiedendo una presa di posizione della comunità internazionale e in primis di chi, come lui, può influenzare l’opionione pubblica e il flusso di denaro.



Sulle colonne del giornale online Deadline.com, Clooney ha pubblicato la lista dei nove hotel super lusso sparsi per il mondo di proprietà del sultano del Brunei, Hassanal Bolkiah, e chiede ai colleghi e agli abituali frequentatori di boicottarli. “Sono hotel bellissimi”, scrive. “Le persone che ci lavorano sono gentilissime e non hanno niente a che fare con la proprietà. Ma ogni volta che vi entriamo per un meeting o per una cena diamo soldi a chi condanna i propri cittadini a morte perché gay e adulteri”. L’attore si dice ben consapevole che queste forme di protesta non possano scalfire il potere assoluto di chi ha imposto quelle leggi. “Ma”, aggiunge, “possiamo influenzare le banche, i finanzieri e le istituzioni che fanno affari con loro e scegliere di non guardare dall’altra parte”. I grand hotel in questione, in effetti, sono presenti in città strategiche per gli affari, la moda e il jet set.

Due sono in Italia: il Principe di Savoia di Milano e l’Eden di Roma. Nel mondo, invece, tre si trovano a Londra (The Dorchester, 45 Park Lane e Coworth Park), due in California (Hotel Bel-Air a Los Angeles e The Beverly Hills Hotel) e altri due a Parigi (Le Maurice e l’Hotel Plaza Athénée). Molte star hanno subito aderito alla campagna di boicottaggio, in primis Sharon Stone e Elton John, sposato dal 2014 con David Furnish. Il sultano Hassanal Bolkiah, 72 anni, è uno degli uomini più ricchi del mondo, ha un patrimonio personale di oltre 22 miliardi di dollari, derivanti dal totale controllo dell’economia nazionale e dai ricavi provenienti dal petrolio. Pur avendo uno stile di vita molto stravagante e tendente ai piaceri di stampo occidentale – vive in una reggia di 1.788 stanze e ha una collezione di auto da corsa da Guinness dei primati – il sultano, nei suoi oltre 50 anni di potere assoluto, ha inasprito progressivamente le leggi in senso islamista e limitato le libertà civili. «È Dio ad aver creato le leggi», ha affermato, «e quindi noi possiamo usarle per ottenere giustizia, anzi questo è il nostro dovere».

Già nel 2013 Bolkiah aveva annunciato l’introduzione della sharia, ma poi l’applicazione di queste pene feroci, da Medioevo più oscuro, era slittata “per problemi pratici”. Sei anni fa, al posto di Clooney, era sceso in campo l’imprenditore francese del lusso François-Henri Pinault, marito dell’attrice Salma Hayek. La richiesta era stata sempre quella di boicottare gli hotel del sultano. Anche allora molte star avevano sostenuto la campagna con un risultato sorprendente: il Beverly Hills Hotel aveva ricevuto in poche settimane molte disdette di prenotazioni per una perdita di due milioni di dollari. E da allora molti vip come Tom Cruise, il cantante Ozzy Osbourne e Richard Branson, ex patron della Virgin, hanno giurato di non aver messo più piede in un resort della catena. Forse può funzionare di nuovo.



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