Sabrina Ferilli raccontata da Simona Izzo



Continuo a piangere ogni volta che vedo la serie». Simona Izzo, che insieme a suo marito Ricky Tognazzi ha diretto la fiction di Canale 5 L’amore strappalo, non riesce ad essere distaccata. Sceneggiatrice. regista, ma anche moglie e madre, si è identificata a fondo nella storia che lei stessa, come



regista ha portato sullo schermo, al punto che non riesce a guardarla con l’occhio critico degli addetti ai lavori. «Poter girare questa serie, che è ispirata a una storia vera, è un regalo che Sabrina Ferilli ha fatto a noi». È stata proprio l’attrice romana infatti, protagonista della fiction, a volere la regia della coppia d’oro del cinema italiano: «Maurizio Momi, il produttore con cui avevamo già lavorato in passato, ha proposto questa storia a Sabrina. È la storia di una madre coraggio, che a lei è piaciuta subito e ha fatto i nostri nomi per la regia e la sceneggiatura.

Noi avevamo già lavorato insieme, tanti anni fa, in un film che non ha avuto un grande successo di pubblico, Vite strozzate, che vedeva tra gli attori un Luca Zingaretti non ancora famoso come oggi. Sabrina era la protagonista. Lei all’epoca veniva dal successo di La bella vita, diretto da Paolo Virzì. Era al culmine della sua bellezza, ma adesso è al culmine della sua bellezza e della sua bravura».

La prima puntata ha già appassionato il pubblico. «Tra i commenti che ho ricevuto uno mi ha colpito più di altri: una signora mi ha detto che finalmente Sabrina è tornata a essere la Ferilli. I suoi ruoli sono questi, di una donna forte che, come in questo caso, combatte contro i mulini a vento. Questa storia racconta la vicenda che ha visto protagonista, suo malgrado, una bambina di sette anni, Angela Lucanto, tolta alla famiglia e, successivamente, data in adozione dopo un errore giudiziario e un’accusa infamante.

Suo padre, infatti, era finito in carcere con l’accusa di molestie sessuali nei riguardi della figlia. L’accusa poi si rivela infondata e la Ferilli, nei panni di una moglie e una mamma alla quale viene strappato l’amore del marito e soprattutto di sua figlia, lotta con tutta se stessa per ottenere giustizia. Noi non abbiamo voluto speculare sul dolore, ma raccontare un errore giudiziario che ha segnato la storia di una famiglia. E tutti, sul set, l’abbiamo sentita nostra».

Sabrina Ferilli, nella vita, non ha mai avuto figli. Da regista, come avete affrontato insieme le sfaccettature di un ruolo che le imponeva di interpretare una madre? «Anche una donna che non ha avuto figli, anzi soprattutto una donna che non ha avuto figli, può avere un istinto materno fortissimo che riserva e in qualche modo regala alle persone che le sono intorno. Sabrina è materna. Persino con me che sono molto più grande di lei. Ha un senso dell’accudimento molto spiccato, anche nella vita di tutti i giorni, non solo nel lavoro. Così, se c’è un molo che deve assolutamente interpretare, è assolutamente quello della madre. Ma non perché ci mette l’arte, ma perché istintivamente è mamma. E dunque non ha avuto nessun problema».

Per lei invece è stato complicato dover dividere la cinepresa con un collega che è anche suo marito? «Emotivamente non è cambiato niente. Io faccio i film di Ricky e lui fa i miei, quindi da sempre noi gestiamo molto bene il lavoro. Mentre io sceneggio il film lui lo prepara e quando siamo sul set lui si occupa della parte dinamica, mentre io lavoro con gli attori. Spesso mi capita di mettere bocca sul suo e lui fa altrettanto, magari facendomi cambiare le battute di notte.

Devo dire che andiamo a letto in tre: io, lui e il copione. Da quando esistono i tablet mi sveglia con la luce dello schermo se c’è qualcosa che secondo lui va modificato. In questo lavoro io mi sono occupata della parte emozionale e lui di quella visiva. Tra noi esiste un patto, quello della verità: lui dice che esiste quella di Ricky, quella di Simona e poi una terza verità, che è sempre quella di Simona, la mia. Per me è diverso: la terza verità è quella della fusione dei nostri pensieri. Non è un caso che in questa produzione io rinunci al mio cognome e firmi come Simona Tognazzi».

Che atmosfera si respirava sul set? «Nonostante la durezza della storia, ci siamo divertiti nelle pause. Mi ricordo che Sabrina portava le pizze. Il set, infatti, era pieno di bambini, che hanno dato il meglio quando dovevano lavorare. La protagonista Elena Minichiello, che interpreta la bambina all’età di sette anni, dopo il primo provino era restia a lavorare in una storia così forte e mi ha chiesto di pensarci. Io le ho risposto che in inglese recitare si dice play, ovvero giocare. Il giorno dopo mi ha scritto un messaggio per dirmi che era pronta a giocare con noi. E così è stato».

Pettegolezzi tra donne con Sabrina Ferilli? «Abbiamo discusso, sa? Bonariamente, ovvio. Con lei ho un’intesa molto forte. Nella fiction, che abbiamo girato tra Roma, Frascati e Ostia, c’è una lunga sequenza in spiaggia. Così Sabrina doveva indossare un costume da bagno e io la volevo spogliare. Lei, al contrario, voleva coprirsi, vista la delicatezza del molo mentre io volevo sfruttare tutta la sua bellezza e io la pregavo affinché si scoprisse. Con un seno meraviglioso come il suo, può farlo. Al di là delle battute, questo sta a significare il suo attaccamento alla storia. Pensi che, quando era previsto che piangesse, non abbiamo mai usato le lacrime finte.

Lei va d’istinto. In certe scene tra lei e il protagonista maschile, Enzo Decaro, c’era una tale intesa e affiatamento che io non riuscivo a dare lo stop per quanto la loro recitazione mi appassionava. Ci pensava Ricky. Questa è una storia che se non è sentita, è impossibile da interpretare e nessuna meglio di Sabrina avrebbe potuto raccontarla con la sua sensibilità e al tempo stesso la sua forza d’animo». L’amore strappato segna il debutto sul set di Alice Venditti, la nipote di Simona Izzo, figlia di suo figlio Francesco. «Fa doppiaggio da quando è bambina e a teatro ha interpretato Antigone. Nella serie ci serviva una ragazza di vent’anni, come lei. Così le ho fatto fare un provino con un altro cognome, Caon. Il direttore della fiction Mediaset, Daniele Cesarano, ha detto che gli piaceva e solo allora gli ho svelato che si trattava di mia nipote, che di cognome naturalmente fa Venditti».



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