Strage di Erba, Olindo e Rosa forse ci sarà un nuovo processo



Potrebbe esserci un nuovo processo per Olindo Romano e Rosa Razzi, condannati all’ergastolo per la strage di Erba: la Corte di Cassazione ha accolto il loro ricorso e ha trasmesso alla Corte di Assise di Como la richiesta della difesa. Si chiedono nuovi accertamenti sui reperti rinvenuti sulla scena del crimine alla luce delle nuove tecniche scientifiche.Nello scorso mese di aprile i giudici di Como si erano opposti all’istanza presentata dai legali di Romano e Bazzi di procedere con nuove analisi su alcuni reperti. Secondo la Corte di Assise, le richieste degli avvocati della coppia omicida erano immotivate e inutili “a distruggere l’impianto su cui è fondata” la condanna definitiva.



Ma quella decisione è stata presa senza un contraddittorio tra le parti. Così, per un vizio formale, la Cassazione ha accolto il ricorso della difesa. La Corte di Assise di Como dovrà quindi fissare un’udienza per decidere se possano essere avviati o meno nuovi accertaménti per la strage consumata il 11 dicembre 2006, in cui persero la vita tre adulti ad un bambino.
Sono trascorsi quasi tredici armi dal dicembre del 2006 quando Raffaella Castagna, giovane mamma di soli 30 anni fu aggredita e uccisa in un rogo divampato nel suo appartamento della cittadina
nel Comasco. A morire, insieme a lei, in un raccapricciante bagno di sangue, la sessantenne Paola Galli, il figlioletto Youssef, di due anni e Valeria Cherubini, una vicina di casa.

Nell’appartamento a fuoco i primi soccorritori avevano trovato anche, gravemente ferito, Mario Frigerio, il marito di Valeria Cherubini. L’uomo fu sgozzato come le altre vittime, ma si salvò dalla morte per dissanguamento grazie a una malformazione congenita della carotide e fu il testimone-chiave per l’accusa. Furono arrestati per il barbaro omicidio. Eppure, spesso accade che le verità più evidenti sono spesso le più fragili. Fatti apparentemente chiari, traguardati con un occhio diverso e alla luce di una diversa angolazione, possono rivelare una storia molto lontana da quella inizialmente percepita. Forse tutto ciò sta accadendo anche per Olindo e Rosa?

«La difesa  spiega l’avvocato Carotina Lussana – ritiene, da tempo, con fermezza che Rosa e Olindo siano innocenti e sta provando a seguire la via della revisione». E se davvero non fossero stati loro a uccidere 11 anni fa il piccolo Youssef, la sua mamma, la sua nonna e una vicina di casa? E possibile che ci sia un killer professionista? Ci sono davvero prove che in quell’appartamento ci fossero altre persone e che i due assassini, in carcere da oltre 10 anni, siano stati incastrati in qualcosa più grande di loro. E davvero affidabile la testimonianza del Frigeri, il solo ad aver indicato in Olindo l’assassino?

Molte domande, troppi dubbi e anche alcune inchieste giornalistiche hanno “rappresentato” quei mostri additati come l’emblema inaccettabile di una violenza cieca e barbara; ma forse non sono mostri. Forse non sono neanche criminali. Forse sono due disgraziati incappati in un clamoroso, quanto involontario, errore giudiziario. La revisione di una sentenza passata in giudicato, tuttavia è una via tortuosa e stretta.

«Affinché possa essere esperita – evidenzia Lussana – la revisione ha bisogno di prove nuove e decisive, capaci di azzerare gli esiti di un lungo processo approdato alla parola fine». E quel che sembrava impossibile oggi non lo è più: la decisione della Cassazione apre uno spiraglio di speranza per Rosa e Olindo e per i tanti “innocentisti” che si sono sempre schierati dalla loro parte. La verità sancita dalle condanne può anche essere, forse, una falsa verità.

Il papà di Raffaella Castagna è sempre stato convinto della colpevolezza della coppia e più volte ha dichiarato: «Ora vogliono uscire
di galera e le stanno provando tutte, ma sono certo che a uccidere siano stati loro». Mario Frigerio, unico testimone della strage, non c’è più, è morto nel 2014. Aveva sempre accusato Rosa e Olindo: «Lo dirò finché campo: sono stati loro, non potrò mai dimenticare lo sguardo di Olindo». Quel maledetto giorno in cui si consumò la mattanza per alimentare le fiamme appiccate nell’appartamento, fu usato un accelerante che eliminò tutte le prove all’in- terno della casa. Ecco che anche il lavoro degli inquirenti giunti sulla scena del crimine fu estremamente complesso.



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