Ultimo litigio contro i giornalisti a Sanremo: “Avete rotto il c…”. Il video



Questo articolo in breve

Il Festival è di Mahmood, il cantautore di madre italiana e padre egiziano che è arrivato a Sanremo direttamente dalle qualificazioni Giovani. Un ritratto di una nuova Italia che cambia, non solo musicalmente. «Soldi» è un pezzo fresco, urban con influenze mediterranee (lui lo chiama morocco-pop), e il ragazzo ha una voce con un timbro originale. Secondo classificato Ultimo con «I tuoi particolari », sul gradino più basso Il Volo. Una finale tra le proteste e una gara cominciata con l’intensità drammatica di Daniele Silvestri, premio della Critica meritato. La rinascita di Bertè (il pubblico ha pesantemente fischiato per la sua esclusione dalla finale a tre) è partita quest’estate con i Boomdabash.



Una voce e una grinta così mancavano da quando Loredana era Loredana. Francesco Renga ha faticato a lasciarsi andare. Nell’ultima esibizione forse è stato condizionato dalla tempesta per l’avventata dichiarazione di venerdì al Dopofestival su una supposta superiorità delle voci maschili. «Era una questione tecnica legata alle frequenze, mi ferisce chi va oltre parlando di sessismo, non accetto strumentalizzazioni ma me ne scuso», ha dichiarato il cantautore. Le sorprese sono arrivate dagli under 30.

Mahmood in finale non si è lasciato emozionare da un problema tecnico che lo ha reso muto. Lauro è stile e provocazione. Motta testimonianza civile. Delusioni: Einar è trasparente, Patty Pravo piccona il suo stesso monumento. La sfilata dei 24 in gara è infinita. «Se dovessi tornare indietro inviterei solo 20 concorrenti. E credo anche che la consuetudine della giuria d’onore possa essere cambiata », sono i suoi suggerimenti a chi verrà. Il dirottatore ha condotto la nave in porto.

È riuscito anche a governare l’ammutinamento non dichiarato della Rai che rischiava di rovinare la tanto ricercata armonia. Baglioni ha chiuso il suo secondo Sanremo con ascolti in calo rispetto alla prima edizione, ma più che soddisfacenti. Le parole con cui il cantautore ha salutato il pubblico in apertura della diretta, avvolto in smoking total white, sembrano chiudere la porta al Baglioni- ter: «Ha vinto la musica, hanno vinto le parole, le speranze degli artisti. Spero che questo solco non venga smesso, è nello statuto e nella costituzione del Festival della canzone italiana. Spero che rimanga tale fino al prossimo Sanremo e a tutti quelli che arriveranno».

I superospiti della finale: Eros Ramazzotti ed Elisa. Lei ha omaggiato Tenco. Lui si è ripreso il palco su cui era nato. Il biglietto da visita è stato «Vita ce n’è», dall’omonimo ultimo album, quindi i duetti con Claudio Baglioni su «Adesso tu» e «Per le strade una canzone» in coppia con Luis Fonsi, quello di «Despacito ». In due anni e solo in Italia il portoricano ha avuto 336 milioni di views, messe in fila sono 1817 anni. «All’inizio della carriera ero più romantico, ora metto canzoni con più ritmo ma nel nuovo album “Vida” ci sono entrambi i miei lati», raccontava in mattinata. Un festival che si è dimostrato solido nella musica — qualità media alta e poche cadute di gusto — senza però trovare un corrispettivo altrettanto forte nello show. Lo riassumono bene le parole di Virginia Raffaele: «Bisio mi ha detto che lui si sentiva sempre col freno a mano tirato. E la conduzione non è il mio mestiere». Il momento migliore infatti è stato quando è tornata alle imitazioni: a occhi chiusi sembrava che Malika, Ornella Vanoni e Giusy Ferreri fossero all’Ariston. Le canzoni si sono aperte al nuovo, le gag erano ferme all’avanspettacolo in bianco e nero.

avorito, altro che Ultimo… «Mi mettono ansia i giochi di parole sul mio nome d’arte, li vivo male. Anche se fa piacere vedere che il pubblico lo abbia adottato». La vittoria nei Giovani lo scorso anno, e adesso tutti dicono che «I tuoi particolari » è la favorita di questa edizione. È scaramantico? «Mi ripeto: la vivo male. Quella dell’anno scorso è stata una vetrina importante. Avere addosso l’etichetta del vincitore annunciato, però, è una responsabilità troppo alta. Se arriverò secondo si dirà che ho perso.

La storia di Sanremo insegna, non sempre vincere è segno di apprezzamento da parte del pubblico». Il vero traguardo, dopo Sanremo e il tour nei palazzetti, è il concerto all’Olimpico di Roma del 4 luglio? «Questi risultati indicano che ho lavorato bene dal vivo. Il mio è un percorso atipico. Ho sempre puntato sul live: non mi si vede mai in tv a fare le cosiddette marchette. Ci sono andato per cantare negli show musicali e basta». Niente tv nel 2019? «Esatto e forse nemmeno gli instore (gli incontri nei negozi con l’artista che si concede a selfie in cambio dell’acquisto dell’album, ndr). Se vuoi vedermi devi venire al concerto. Qualcuno dice che più ti fai vedere più ti ricordano: siamo sicuri? Quando vado a una festa mi ricordo di chi non c’è».

Era la teoria di Apicella- Nanni Moretti in «Ecce bombo »… L’Olimpico fa paura? «Quel concerto è una mia esigenza. Mi piace mettere in evidenza i numeri per chiudere un cerchio». Quando lo aveva aperto? «Nell’ottobre 2017 è uscito il mio album di debutto, “Pianeti”, un mese dopo annunciavo le mie prime date che sarebbero arrivate a gennaio e in pochissimo tempo arrivò il sold out. Certo, erano locali da 400-500 posti. Al di là del giudizio bella/brutta, la mia musica adatta al contesto di un concerto: è suonata, unisce le persone, parla di quotidianità ». «I tuoi particolari» parla proprio di come, dopo un addio, ci si ricordi delle piccole cose…

«Ci sono particolari cui non dai peso vivendo la quotidianità e che ti tornano in mente perché quando tutto è finito senti che ti mancano. Ho provato questa sensazione in questi mesi. All’inizio del testo dico che mi manca la sua voce che al mattino faceva “bu”… quella cosa mi faceva arrabbiare quando stavamo assieme. È andata male per colpa degli impegni: il successo ti dà tanto sul palco, ma ti toglie tanto nella vita. Nel tempo troverò un equilibrio». Il successo fa anche perdere la testa? «Gli amici mi tengono coi piedi per terra, sono la parte più importante della mia vita. Siamo quelli che, come canta Venditti in “Sora Rosa”, dicono “che ce ne frega si nun contamo gnente”». Sanremo: amore contro impegno…

«Non amo la ricerca del tema sociale per far parlare di un brano, anche una canzone d’amore può essere bellissima. Nell’album ho un testo su chi non ha aspettative. Il sociale si fa nel sociale (e non vuole parlare della giornata di Natale passata alla comunità Sant’Egidio a Roma, ndr), non è che sei un pensatore o filosofo solo se fai una canzone così». Il tema migranti, in una canzone o in un monologo, agita la politica… «Non vedo l’esigenza di espormi nella politica. Sono un cantautore e la politica non è un’esigenza nella mia musica. Lo sono i sogni, le speranze, l’amore…» Per la serata dei duetti ha scelto Fabrizio Moro. Su Instagram è pieno di foto in coppia, avete già collaborato in passato… «Non ho dovuto pensare nemmeno un attimo a chi invitare. Ci vediamo spesso a casa sua, e non per forza parliamo di musica. Lui fa da mangiare, un bravissimo cuoco». Uscirà anche un nuovo album, «Colpa delle favole». Che lato mostrerà? «È una sorta di chiusura di una trilogia. “Pianeti” era il primo disco in cui mostravo un ragazzo che cercava la sua posizione nel mondo e si era innamorato. Era tutto giocato sulla metafora delle cose che non posso avere e che vorrei. “Peter Pan” descriveva l’amore trovato, mi sentivo un sognatore. Questo è la presa di coscienza che volevo raggiungere, un’isola che non c’è perché non basta più o forse l’ho persa ».



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