Coronavirus in Italia boom di contagi e troppi morti: si cerca il perchè



Questo articolo in breve

Per ora sembra avere la stessa “curva”: prima in Cina, in particolare nella provincia Hubei; poi in Corea del Sud, quindi in Iran, Italia e ora in Germania e Francia. Il contagio da Coronavirus che, ormai sappiamo, è in circolo almeno da novembre e in Europa da gennaio, a un certo punto si impenna.



Ma si spera anche che, complici le severe misure adottate, a un certo punto, proprio come in Cina, rallenti e poi si blocchi: tranne i pochi casi di Wuhan, il primo focolaio, non si registrano più nuovi casi e i centri medici creati per l’emergenza sono in via di smantellamento. Lo stesso inizia ad accadere in Corea del Sud e in Giappone e, per l’Italia, nei primi comuni isolati nel lodigiano e in Veneto (Vo’ non è più considerata “zona rossa”). Dai dati della Johns Hopkins University, degli 80.756 casi confermati in Cina al 10 marzo, 60.096 erano guariti.

Tolti, purtroppo, i 3.136 morti, restavano 17.524 malati. Quasi quanti in Europa. Non tutto è andato liscio, certo: è filtrato che la vicepremier Sun Chunlan sia stata contestata dagli abitanti di Wuhan durante la visita del 2 febbraio. Ma i cinesi si sono piegati alla quarantena. E questo ha dato i suoi frutti. Così come Corea del Sud, Singapore e Giappone, sia pure in modi diversi, hanno mostrato una grande efficienza nel limitare i danni del Covid-19.

Ora, però, si deve pensare all’Italia. E alla sua anomalia: non soltanto (al 10 marzo) siamo di gran lunga il secondo Paese al mondo per contagiati. Ma, soprattutto, il secondo per i decessi, con una percentuale inedita di letalità: il 5%, contro il 3,8% della Cina, lo 0,7% della Corea del Sud, il 3,3% del Giappone e dell’Iran, e lo 0,2 della Germania. A Singapore, poi, non si sono registrati decessi. Abbiamo chiesto a Giovanni Maga, che dirige il laboratorio di Virologia molecolare al Cnr (Centro nazionale ricerche) di Pavia, e insegna Biologia molecolare all’Università di Pavia se esiste una specificità italiana e quali possono esserne le cause: «Il Cnr ha individuato tre possibili ragioni: uno, i numeri di contagi registrati sono inferiori a quelli reali e quindi la percentuale dei decessi potrebbe essere sovrastimata. Due: in questa seconda ondata (la prima è stata a gennaio) il virus è mutato. Tre: la popolazione europea è più vulnerabile di quella asiatica».

1. In realtà ci vorrà tempo, spiega Maga, per verificare le tre ipotesi, a cui si aggiunge un dato: il virus è più cattivo con gli anziani (oltre che, come sempre, con chi è immunodepresso), «ma non è vero che non colpisce i più giovani: fa solo meno danni. E noi siamo un popolo anziani: a Lodi, per fare un esempio, il 24% della popolazione ha più di 65 anni. «È difficile dire», aggiunge Maga, «se i nostri anziani ricorrano più spesso ai presidi medici e questo abbia facilitato la diffusione del contagio. O se la crisi economica degli anni scorsi abbia costretto alcuni a curarsi meno. Di certo pesa la struttura demografica dell’Italia. Sappiamo pure che il virus colpisce più gli uomini delle donne, ma non il perché». 2. Quanto alla possibilità che il virus sia mutato in questa seconda ondata, «per ora non sembra abbia subito grandi mutazioni.

Certo muta meno di quello dell’Hiv. Ma, a volte, piccole differenze si possono accumulare». 3. Anche per sapere se il Covid-19 è più letale per gli europei che per gli asiatici bisogna aspettare: «Vanno studiate le risposte immunitarie. Ma non si fa nella fase esplosiva dell’epidemia».

LE NUOVE DISPOSIZIONI Nell’attesa, il Paese si adatta alle disposizioni che il governo ha varato nella notte di lunedì 9 marzo e che fanno di tutto il Paese una zona “di sicurezza” con restrizioni agli spostamenti. L’invito è di rimanere a casa e uscire solo per andare al lavoro e per ragioni serie, che, però, si possono autocertificare. I trasporti pubblici funzionano, ma sono bloccate tutte le istituzioni e le attività culturali, di sport e svago, mentre bar e ristoranti sono sottoposti a orari ridotti (ma mentre andiamo in stampa si parla di chiusura totale) e ovunque va rispettata la distanza di un metro tra una persona e l’altra. Le contestazioni non sono mancate, così come le richieste di modifiche. Nel frattempo, le limitazioni imposte ai colloqui con i familiari hanno fatto esplodere rivolte in 20 carceri italiane: sono immagini che non si vedevano da decenni. Al tempo stesso aumentano le preoccupazioni economiche: l’Italia è già in recessione. E così, in attesa che la “curva” del virus pieghi, sono in molti a chiedersi che cosa ci aspetta oltre l’arcobaleno.



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