Diabete, ipoglicemie spaventano il 60% degli italiani ed hanno anche un costo a livello sociale



Questo articolo in breve

Per questo sono state al centro del primo “Forum clinico”dell’Italian Barometer Diabetes Observatory, organizzato di recente alle porte di Roma. Durante questo summit, dedicato all’analisi e allo studio dei più recenti progressi in ambito di ricerca clinica e farmacologica sul diabete, esperti nazionali e internazionali hanno discusso soprattutto di questo tema e dell’importanza di trovare farmaci più sicuri, che permettano di ridurre al minimo gli episodi di ipoglicemia e che consentano un controllo rapido e duraturo della glicemia sin dalle primissime fasi della malattia.



Non così rare Come ha spiegato Salvatore Caputo, Dirigente medico dell’Unità di Diabetologia al Policlinico Gemelli di Roma, “in un anno una persona con diabete di tipo 1 va mediamente incontro a 47,5 episodi di ipoglicemia, quasi uno alla settimana”. Da 1 a 3 casi si tratta di un’ipoglicemia grave, al punto da rendere necessario il ricovero in ospedale. Si verificano in media 9 episodi di ipoglicemia all’anno nel caso di diabete di tipo 2 trattato con insulina, e gli episodi gravi rappresentano 1 caso all’anno se il trattamento insulinico è presente da oltre 5 anni. Più rari questi episodi in persone che sono in cura solo con gli antidiabetici orali. Nonostante siano quindi un fenomeno piuttosto frequente, “le ipoglicemie, soprattutto quelle gravi, costituiscono un’area ancora poco indagata ma di grande rilievo e causa di costi diretti e indiretti legati alla malattia, al di là di quelli prodotti dalle complicanze croniche del diabete”, ha aggiunto Antonio Nicolucci, Responsabile Dipartimento Farmacologia Clinica e Epidemiologia del Consorzio Mario Negri Sud e Coordinatore Data Analysis Board dell’Italian Barometer Diabetes Observatory.

Un costo non solo in denaro Le ipoglicemie sono anche responsabili di costi certamente non quantificabili in denaro, perché legati all’impatto negativo sulla qualità della vita. Inoltre, come ha spiegato ancora Nicolucci, “la paura delle ipoglicemie è spesso responsabile di una scarsa aderenza alle cure, con riduzione autonoma, da parte della persona con diabete, della quantità di farmaci assunti, e quindi di un peggior controllo metabolico”. Infatti, oltre il 60% delle persone con diabete intervistate nel corso dell’indagine sociologica DAWN Italia ha espresso forte preoccupazione per le ipoglicemie. Uno studio canadese ha messo in evidenza come un terzo delle persone con ipoglicemia lieve o moderata, e oltre l’80% di quelle con ipoglicemia grave, abbiano maggior paura delle ipoglicemie dopo avere subìto l’evento. Ciò ha indotto oltre la metà di loro a modificare la dose di insulina assunta. Per questo è importante che la ricerca farmacologica renda disponibili farmaci sempre più “efficienti”, che agiscano contemporaneamente sul controllo glicemico, ma che siano anche ‘sicuri’ dal punto di vista del rischio di ipoglicemie. È questo ad esempio il caso degli ultimi arrivati tra gli antidiabetici per il tipo 2: le incretine. “In particolare gli analoghi del GLP- 1 come liraglutide, che non comporta un aumento del rischio di ipoglicemia”, ha detto Caputo. “Oppure, parlando di insulina, di quelle a lunga durata d’azione, che comportano il minor rischio di ipoglicemia fra tutti gli schemi di trattamento insulinico. Si parla oggi addirittura di insuline ad azione ultralenta, con durata di oltre 24 ore e presenti in circolo fino a 96 ore dopo la somministrazione”, ha concluso il dirigente.

Le cause più frequenti Le cause più frequenti dell’ipoglicemia sono legate ad una riduzione della quantità di cibo, in particolare quello ricco in carboidrati, dopo aver assunto farmaci che comunque abbassano la glicemia (insulina o secretagoghi dell’insulina). Quindi, se per esempio una persona, dopo aver praticato l’insulina, salta il pasto o riduce la quantità di pasta o pane, oppure per una malattia intercorrente non riesce ad alimentarsi regolarmente o vomita (può capitare durante le malattie influenzali, per esempio), si può verificare un’ipoglicemia. Un’altra causa di ipoglicemia è legata allo svolgimento di un’attività fisica prolungata o non programmata, non abituale, oppure ad un errore nell’iniezione di insulina. Infine, l’assunzione di un eccessivo quantitativo di alcol, soprattutto se fuori pasto, può causare ipoglicemie anche gravi e prolungate.

Come riconoscerle I sintomi più frequenti di un’ipoglicemia sono abbastanza caratteristici: sensazione di fame, mal di testa, tremori, sudorazione fredda, palpitazioni e tachicardia. Se l’ipoglicemia non viene trattata possono insorgere sintomi di sofferenza cerebrale come disturbi della vista e dell’umore, irritabilità, incapacità a concentrarsi, fino alla perdita di conoscenza.

Come prevenirle Ecco cosa puoi fare per evitare di avere un’ipoglicemia: ❉ Evita di modificare la dieta, soprattutto il contenuto dei carboidrati abituali e non saltare mai i pasti.

❉ Se non riesci ad alimentarti in maniera regolare (per esempio perché soffri di nausea o vomito), fai in modo di assumere comunque zuccheri, magari tè zuccherato o succhi di frutta (meglio una glicemia alta che una troppo bassa!).

❉ Programma l’attività fisica in modo da svolgerla abitualmente e non in maniera sporadica. ❉ Impara a conoscerti, poiché a volte è facile essere tratti in inganno: controlla la glicemia in caso di sintomi particolari, attività fisica prolungata, malattie intercorrenti… Se le ipoglicemie sono frequenti, parla con il tuo medico: è possibile che la terapia diabetologica debba essere ridotta.

Come trattarle In caso di ipoglicemia, mai aspettare che passi da sola: controlla la glicemia e, se il valore basso è confermato dal test, assumi 15 grammi di zucchero. Si tratta di seguire la “regola del 15”: l’ipoglicemia dovrebbe essere trattata assumendo 15 g di zucchero sciolto in acqua o 125 ml di una bibita zuccherata o di un succo di frutta o un cucchiaio da tavola di miele, rimisurando la glicemia dopo 15 minuti e ripetendo il trattamento con altri 15 g di carboidrati sino a che la glicemia non risulti superiore a 100 mg/dl.



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