Omicidio Elena Ceste, l’ennesima bugia di Michele Buoninconti



L’uomo ha tentato ancora una volta di dimostrare che la madre dei suoi 4 figli morì in un tragico incidente. Così ha incaricato parenti e investigatori privati di cercare nuove prove. Michele Buoninconti uccise senza ombra di dubbio sua moglie Elena Ceste, madre dei suoi quattro figli, e deve scontare i 30 anni di prigione che gli sono stati inflitti.



Se ce ne fosse stato bisogno, l’evidenza è stata ribadita dai nuovi accertamenti scientifici che lo stesso Buoninconti aveva chiesto, nella speranza di dimostrare la sua innocenza e tornare in libertà. Qualche mese fa, infatti, aveva annunciato che avrebbe chiesto la revisione del processo e che le tracce di quello che era successo veramente alla moglie sarebbero state trovate nel tubo di scolo che porta al Rio Mersa e che si trova vicino alla villetta dove la famiglia viveva a Costigliole d’Asti.

In realtà, gli accertamenti sono stati fatti e non sono state trovate tracce del Dna di Elena Ceste, che secondo gli inquirenti fu assassinata da Buoninconti nel gennaio 2014, a 37 anni, nella sua casa di Costigliole. E quindi, in mancanza di prove decisive, la situazione resta com’è. L’ex vigile del fuoco è stato condannato a 30 anni di carcere con rito abbreviato per l’omicidio della moglie, ma non ha mai ammesso il delitto e ha sempre cercato di provare la sua innocenza.

A distanza di un anno e mezzo dalla sentenza definitiva di condanna in Cassazione, a novembre dello scorso anno Buoninconti aveva incaricato una società di investigazioni private, la Falco, di compiere indagini difensive a sostegno della sua versione per chiedere appunto la revisione del processo. Gli esperti da lui assunti dovevano dimostrare che Elena Ceste, quella mattina del 24 gennaio 2014, in preda a terribili crisi psicotiche, uscì nuda di casa e scomparve dopo pochi metri scivolando in un tubo di cemento per lo scolo delle acque piovane.

Lì avrebbe perso la vita a causa del freddo. Nei mesi successivi il suo cadavere sarebbe stato trascinato via, anche a causa delle piogge che caddero abbondanti, fino al luogo dove poi fu ritrovato nell’ottobre successivo. Il perito biologo forense Eugenio D’Orio, insieme all’investigatore privato Davide Cannella e a un gruppo di collaboratori accompagnati dal fratello e dal nipote di Michele, ha eseguito una serie di sopralluoghi e prelievi di campioni sia all’inizio che alla fine del tubo di scolo.

Hanno, dunque, cercato tracce che la donna avrebbe potuto e dovuto lasciare, dato che il tubo risulta davvero stretto. Il laboratorio ha però dato responso negativo: in tutto il materiale repertato non vi è alcuna traccia genetica non solo di Elena Ceste, ma neppure di altre persone. E così è fallito l’ennesimo tentativo di Michele Buoninconti di dimostrare la sua innocenza e quindi di guadagnare la libertà. Intanto, in cella ad Alghero, dove si è fatto trasferire, l’uomo continua a studiare per conseguire la laurea in Economia e commercio.



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