Achille Lauro, L’artista romano è nel film di Amazon Prime “Anni da cane” e dopo questa prima esperienza nel cinema non esclude di tornare a recitare



Il successo? Questione di fallimenti. Gli obiettivi raggiunti? Niente è per caso. L’arte? È una cosa che l’artista crede non possa interessare a nessuno, e invece poi il pubblico ci vede un valore. Sono alcune sintesi del pensiero di Achille Lauro. L’artista più amato e odiato della nuova musica italiana è protagonista di Anni da cane, il primo film italiano prodotto da Amazon Original.



Un teen movie cui il cantante non presta solo la sua musica, ma anche, per la prima volta, l’interpretazione (di sé stesso) in un piccolo cameo che segna il suo debutto su un set. Come è andata questa prima esperienza con il cinema? «La cosa più bella sul set per me, è stata vedere giovanissimi attori, soprattutto quelli alla prima esperienza, impegnarsi tanto per creare qualcosa di bello. Così giovani e così pieni di voglia di fare il loro difficile mestiere. Anch’io sono passato attraverso questa esperienza».

Quali differenze ha notato nel lavoro tra cinema e musica? «Fondamentalmente quello che faccio io, di base, non è diverso da quello che fanno loro. Credo che in tutte le espressioni della creatività, dell’arte, c’è sempre qualcosa che si ha intesta che si cerca di proiettare per farlo entrare nella realtà. Si cerca di prendere quell’idea vaga che ci può sembrare niente, ma che poi diventa una grande idea, una volta realizzata nel modo più coerente possibile».

Dopo questa esperienza la vedremo nuovamente al cinema in futuro? Le piacerebbe fare l’attore? «Vedremo. Fondamentalmente io non mi pongo mai limiti. La mia creatività non è circoscritta. Sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, qualcosa che non ho mai fatto, che mi metta alla prova, qualcosa che non esiste. Quindi, chissà. La mia attività principale per il momento è la musica, ma nel frattempo ho fatto molte altre cose. In questo film, oltre alla musica, mi hanno chiesto se volevo interpretare me stesso.

Ho detto di sì perché mi piace mettermi alla prova, per il futuro vedremo. So che interpretare un ruolo non è una cosa facile, soprattutto per me che ho impostato tutta lamia carriera basandola sulla spontaneità. Fare l’attore è un lavoro molto serio e bisogna essere veramente bravi per interpretare le vite degli altri. È un po’ come interpretare una canzone non tua. Ragionare su una canzone di altri, o interpretare la parte di un altro è molto più difficile, e chi ci riesce ha tutta la mia stima.

Mi affascina il percorso per entrare nei panni di qualcun altro, lo vedo difficile, ma immagino sia qualcosa legato anche all’esperienza». Alla luce della sua sensibilità estetica così spiccata è interessato alla regia? «Ripeto: non mi precludo nulla. Ho curato sempre la regia di tutto il mio lavoro, dei miei videoclip, oltre che di due documentari ancora inediti. È un ruolo che mi piace veramente, perché mi permette di proiettare qualcosa di mio all’esterno.

Mi piacerebbe provare, anche fallendo. Per me il fallimento è assolutamente contemplato nei nostri percorsi. Anzi, l’unico modo di arrivare al successo è fallire ripetutamente. Per quanto mi riguarda, prima di ritenermi una persona di successo mi ritengo una persona che ha fallito tante volte. Il fallimento è qualcosa che ti dà unicità. Ti insegna ad andare avanti, ad addrizzare il tiro e a metterti sulla strada giusta, la tua».

Che rapporto ha con il cinema? Ha mai preso ispirazione da qualche film per le sue canzoni? «Mi faccio ispirare da qualunque cosa. L’ispirazione può venire dai discorsi, dagli incontri, dalle canzoni degli altri, dagli stati d’animo e, certamente, anche dai film. Tantissimi hanno influenzato il mio percorso. Il brano di quest’estate, Latte+, per esempio, è ispirato ad Arancia Meccanica. Al momento mi piace il cinema di Christopher Nolan.

Però sono uno che si appassiona facilmente e si annoia altrettanto facilmente perché sono molto curioso. Si può dire che alla base di tutto quello che ho imparato, della mia istruzione, c’è la mia curiosità che mi fa esplorare un po’ tutto in tutti i campi». Nel film assume un’importanza particolare la lista fatta dai giovani protagonisti. Lei mai fatto un elenco di questo tipo nella sua vita? «Praticamente tutti i giorni. Fare una lista dei miei obiettivi è un punto fermo, già da quando ero più giovane.

Tutto quello che ho fatto, in realtà, era su una lista. Tutto quello che ho raggiunto era stato pianificato. Nulla succede per caso. Una lista c’era ieri e c’è oggi. Avevo degli obiettivi da raggiungere prima dei trent’anni, di ampio respiro, ma ho anche degli obiettivi da inseguire da qui a due giorni. Faccio tutto seguendo un percorso, cercando di non sbagliare, e gli obiettivi li scelgo proprio grazie agli sbagli fatti».



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