Delitto Gucci, Lady Gaga nel ruolo di Patrizia Reggiani



Tamponi ogni 72 ore e sanificazione costante, posti di blocco, guardie di sicurezza, una troupe di oltre cento persone, poi i tir e i megacamper per la sartoria, il trucco e il parrucco. Il blindatissimo set del film House of Gucci di Ridley Scott (in Italia il titolo sarà solo Gucci) è passato come un ciclone sul nostro Paese: prima a Gressoney (in provincia di Aosta), poi a Milano in varie location tra piazza Duomo, la Galleria e l’università Statale e infine sul Lago di Como.



Una invasione hollywoodiana che ha creato qualche disagio logistico ma anche curiosità e attesa. Protagonisti del film sono Adam Driver e Lady Gaga, somigliantissimi ai protagonisti della storia vera e nera: Maurizio Gucci e la moglie Patrizia Reggiani, che nel 1995 fece uccidere l’ex marito. Anche il resto del cast è stellare: Jeremy Irons interpreta Rodolfo, papà di Maurizio, nonché fiero oppositore del matrimonio del figlio con la Reggiani, tanto da non partecipare alle nozze che si tennero nel 1972 alla presenza di 500 invitati.

Al Pacino è lo zio Aldo che, a differenza del fratello, aveva stima di Patrizia, mentre Jared Leto è suo figlio Paolo, che era in conflitto col cugino. La vicenda è italiana, ma sembra Dynasty e possiede tutti gli ingredienti per appassionare un pubblico internazionale: il favoloso mondo della moda, la Milano da bere, le feste, gli amori, i tradimenti, la follia e l’omicidio, e poi le indagini per scoprire i responsabili durate due anni. «Non credevo che mi avrebbero beccato», confessa con semplicità sconcertante Patrizia Reggiani, che ha scontato la sua pena ventennale a San Vittore e oggi è libera.

La donna ha raccontato la sua vita in una video-intervista intitolata Lady Gucci – La vera storia di Patrizia Reggiani, disponibile da gennaio su Discovery+. «Facevo una vita incredibile, poi da un giorno all’altro lui se ne è andato e mi sono sentita persa, sconvolta. Mi ha lasciato in una casa enorme con due bambine. Vabbe’, avevo la tata». Dopo lo smarrimento iniziale spiega Patrizia, subentrò il rancore: «Allora ho cominciato a chiedere in giro: c’è qualcuno che ha il coraggio di ammazzare mio marito?». Dichiarazioni choc e confessioni da donna comune. «Non ho mai smesso di amare Maurizio, però mi ha deluso enormemente».

Il film di Ridley Scott, tratto dal libro The House of Gucci: A Sensational Story of Murder, Madness, Glamour, and Greed (Una sensazionale storia di omicidio, follia, fascino e cupidigia) della giornalista di moda Sara Gay Forden, comincia con i colpi di pistola esplosi il 27 marzo 1995 nell’androne di via Palestro 20 a Milano, che uccisero l’imprenditore. Al funerale la Reggiani si nascondeva dietro un velo nero e occhiali scuri da diva: col senno di poi la sua espressione appariva del tutto indecifrabile.

Le indagini partirono dai numerosi affari che ruotavano attorno al miliardario, ma senza arrivare a nulla: sembrava un delitto destinato a rimanere irrisolto. Finché si diressero verso la donna che aveva più volte espresso odio per l’ex marito. «Sei un’escrescenza deforme, sei un’appendice dolorosa, l’inferno per te deve ancora venire », è un messaggio che Patrizia lasciò nella segreteria telefonica di Maurizio all’epoca del divorzio.

Lei non sopportava che lui stesse per sposare un’altra, Paola Franchi, togliendole così il titolo di Signora Gucci. Fu un informatore della polizia a fornire il primo tassello al commissario Filippo Ninni, incaricato dell’inchiesta: portò il nome del portiere Ivano Savioni, che si era vantato in pubblico di essere coinvolto nell’omicidio. Savioni era amico di Giuseppina Auriemma, detta Pina, una cartomante napoletana grande frequentatrice dell’attico di piazza San Babila dove Patrizia Reggiani viveva con le figlie. Le due donne si erano conosciute a Ischia, nel 1977, ed erano diventate subito amiche e confidenti: «Eravamo come sorelle», dice l’Auriemma nel documentario di Discovery+.

La polizia mise sotto intercettazione la linea telefonica tra l’Auriemma e Savioni riuscendo a scoprire ogni particolare, compreso che lavoravano su mandato della Reggiani. I due inizialmente avrebbe voluto organizzare solo una truffa ai danni della donna, senza commettere davvero l’omicidio. Poi, davanti alle insistenze e ai soldi offerti da Lady Gucci, Savioni trovò il ristoratore Orazio Cicala, che aveva contatti nella piccola criminalità e individuò l’esecutore materiale: il muratore Benedetto Ceraulo.

Tutti i sospettati furono arrestati all’alba del 31 gennaio 1997. Il commissario Ninni andò a casa della vedova chiedendole se sapeva per quale motivo fossero lì e lei rispose secca: «Sì, per l’omicidio di mio marito». Dal documentario emerge il ritratto di una donna fredda e distaccata, che confida: «Io ho un difetto, non so mirare e non conosco la portata di una pistola: non lo potevo fare da sola. E ho trovato questa Banda Bassotti che l’ha fatto per me». E ancora: «Il carcere non mi ha cambiato assolutamente.

Ho passato diciott’anni al Victor’s Residence [San Vittore, ndr] e mi sono trovata benissimo: anni di pace». In questi giorni le hanno chiesto anche che cosa pensa del film: «Sono infastidita dal fatto che Lady Gaga mi stia interpretando senza aver avuto il riguardo e la sensibilità di venire a contattarmi. Lo dico con tutta la simpatia e l’ammirazione che provo per lei. Patrizia Reggiani è molto di più rispetto a ciò che avrà letto e visto. Molto di più delle parole degli autori. Io stessa, ad oggi, non ho finito di conoscermi. Continuo a farlo giorno per giorno, dopotutto».



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