Eitan Biran, Mottarone: eredità, bisnonno, rapimento e risarcimento



Non si concluderà in tempi brevi la vicenda di Eitan Biran, il bambino di 6 anni unico sopravvissuto della tragedia del Mottarone, e ora rapito e portato in Israele dal nonno materno, Shmuel Peleg. Il ramo familiare paterno parla di «sequestro».



Quello materno replica da Israele: «Abbiamo rispettato la volontà dei genitori che non ci sono più. Volevano far crescere i bimbi in Israele». La storia di Eitan aveva commosso l’Italia: il 23 maggio, alle 12.30, la funivia che da Stresa conduce alla vetta del monte Mottarone, sulla sponda piemontese del Lago Maggiore, precipita per la rottura di una fune. A bordo ci sono 15 persone. Se ne salva una sola, il piccolo Eitan Biran, che perde quel giorno il fratello Tom, di 2 anni, il padre Amit Biran, la madre Tal Peleg Biran e i bisnonni Itshak e Barbara Cohen.

Eitan che è nato in Israele ma è cresciuto in Italia, a Pavia, dopo le lunghe settimane di cure e riabilitazioni viene affidato alla zia paterna Aya Biran, nominata tutrice legale del bambino. La famiglia di Aya vive a Travocò Siccomario, nel pavese, molto vicino a dove il bambino abitava con i genitori. Ma la decisione di affidare Eitan alla zia paterna, e quindi di farlo vivere in Italia, è sempre stata contestata dal ramo materno del piccolo.

In particolare il nonno, Shmuel Peleg, e le zie per parte di madre, Gali e Aviv, sostenevano che Eitan avrebbe dovuto frequentare una scuola ebraica e non quella cattolica a cui l’aveva iscritto la zia. In una conferenza stampa le zie Gali e Aviv avevano detto: «I suoi genitori si rivolgevano a Eitan in ebraico. Parlavano in continuazione di Israele e di ebraismo. Stavano comprando una casa a Tel Aviv, volevano tornare a vivere vicino a noi».

Nella stessa conferenza stampa avevano anche detto che la zia paterna Aya non dava notizie del bambino, che lo teneva segregato, che lui era infelice. Tutte cose negate da Aya Biran e da chi aveva visto il piccolo nelle ultime settimane.

Oltretutto Aya non si era mai opposta alle visite di nonno Shmuel e aveva sempre scelto di tenersi lontana dalle polemiche. Si dedicava solo a Eitan che doveva ancora completare la riabilitazione a Pavia ed era seguito da uno psicoterapeuta. Il blitz di Shmuel Peleg, ex membro delle forze armate israeliane, è scattato sabato 10 settembre, due giorni prima che Eitan iniziasse la prima elementare. Si è presentato a casa di Aya per una delle due visite concordate con il tribunale ed è andato via con Eitan, con la scusa di comprargli un giocattolo. Ha percorso in auto 150 chilometri fino a Lugano, forse aiutato da un complice.

Qui è salito con il piccolo su un aereo noleggiato ed è volato in Israele. Alle 18.30 Aya Biran ha ricevuto sul cellulare un messaggio da parte della zia paterna: “Eitan è a casa”. Shmuel Peleg, prelevando il piccolo, ha commesso diversi reati. Innanzitutto per Eitan il tribunale aveva deciso il divieto di espatrio, proprio per scongiurare l’eventualità di essere portato fuori dall’Italia.

L’uomo ha poi violato la convenzione dell’Aia che tutela i minori, a cui aderisce anche Israele: stabilisce che in caso di sottrazione internazionale di minore si faccia ricorso ai giudici dello Stato dove è stato condotto il bambino. Se viene riscontrata una sottrazione illecita, il giudice deve ordinare il rimpatrio nel Paese di residenza. Per gli avvocati della famiglia Biran non c’è alcun dubbio che si debba seguire quanto stabilito dalla convenzione dell’Aia: l’aver portato Eitan in Israele è una sottrazione illecita perché chi lo ha portato via non aveva la sua custodia.

Ora Shmuel Peleg, che secondo Aya Biran sarebbe stato condannato in patria per maltrattamenti all’ex moglie, è indagato per sequestro aggravato di persona e si trova agli arresti domiciliari. Con lui è indagata anche Etti, l’ex moglie, nonna materna di Eitan. Il ministero della Giustizia israeliano ha fornito al governo un parere in cui si afferma che in effetti quello che è avvenuto si configura come un sequestro di persona.

Peleg adesso dice di aver agito d’istinto, vedendo quanto Eitan fosse infelice. Ma il rapimento, secondo i legali di Aya Biran, era stato programmato, dato che a Lugano c’era un aereo pronto a decollare. È molto probabile che il tribunale israeliano ordini alla famiglia Peleg di riportare Eitan in Italia. Ma ci vorrà tempo. E lo scorso lunedì il banco di scuola, pronto ad accogliere il piccolo in prima elementare, era vuoto.

Eitan e l’eredità del bisnonno

Uno dei moventi che hanno portato al rapimento di Eitan potrebbe essere il patrimonio del bisnonno Itshak. Infatti, su un’intervista rilasciata su Repubblica, il marito di Aya Biran, tale Or Niko afferma che “non sappiamo per certo se dietro al sequestro ci siano interessi economici, io presumo che loro (la famiglia Peleg, indagata come autrice del rapimento, N.d.A.) non abbiano ancora stillato l’atto per l’eredità del bisnonno, una persona molto ricca”, continua Or Niko ipotizzando che la madre di Eitan fosse “l’erede principale” del patrimonio del bisnonno.

Con Eitan secondo in linea di successione è lecito ipotizzare il movente economico nel rapimento.

Il risarcimento

Il quadro però non si chiude qui, infatti permane la questione del risarcimento che il piccolo Eitan dovrebbe percepire dall’assicurazione di Ferrovie del Mottarone Srl. L’azienda che ha in gestione l’impianto della funivia Stresa-Mottarone è di proprietà di Luigi Nerini, detentore del 100% delle quote aziendali.



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