Giorgio Panariello racconta il retroscena doloroso: Padre e Fratello



Giorgio Panariello spunta un retroscena doloroso. Il noto attore conduttore imitatore e showman di grande successo nel corso di un’intervista sembra abbia raccontato qualcosa legato alla sua vita privata. Si tratterebbe di un retroscena piuttosto doloroso, dal quale il noto artista ha voluto parlarne seppur a distanza di tanti anni. Ma che cosa è accaduto a Giorgio Panariello?



Giorgio Panariello spunta un retroscena doloroso

Tutti noi lo abbiamo conosciuto e amato per la sua innata comicità e simpatia. Il suo intento è stato da sempre quello di farmi ridere e far divertire la gente, ma in realtà per lui non è stato sempre facile ridere. È stato lui stesso a parlarne in molte occasioni, raccontando di essere cresciuto con i nonni che ha chiamato mamma e papà. Sostanzialmente Giorgio Panariello è cresciuto senza genitori. Nel dettaglio pare che la madre lo abbia abbandonato dopo il parto e l’ha vista soltanto in diverse occasioni durante tutta la sua vita.

Cresciuto dai nonni, nell’infanzia ha sofferto per l’abbandono della madre

L’attore invece non ha mai conosciuto il suo vero padre. Insomma una storia davvero molto triste quella di Giorgio Panariello che con tutto ciò comunque è riuscito a costruirsi una propria vita ed un proprio Futuro. È stato molto fortunato ad aver avuto due nonni come i suoi, che lo hanno cresciuta proprio come fossero i suoi genitori. Un anno dopo la sua nascita secondo quanto raccontato dallo stesso, è arrivato un fratello ovvero Franco, che anche lui è stato abbandonato dalla madre. Giorgio avrebbe saputo della sua esistenza però purtroppo alcuni anni dopo, quando lo ha incontrato per la prima volta. Il fratello purtroppo è venuto a mancare nel 2011 a soli 50 anni per via della dipendenza dalla droga. Di questo ne ha parlato lo stesso Panariello nel corso di un’intervista rilasciata a Domenica in, nel salotto di Mara Venier.

Il libro ed il dramma del fratello morto

Giorgio ha parlato della storia del fratello nel libro intitolato “Io sono mio fratello”, svelando alcuni retroscena inediti sul suo passato. “Per anni mi sono sentito in colpa per essere nato un anno prima (questo gli ha permesso di essere cresciuto dai nonni, mentre suo fratello è cresciuto in un istituto, ndr.) o di essere diventato popolare. Quando ho capito che lui era fiero di me, ho capito che potevo vivere senza colpe”. Questo quanto raccontato da Giorgio, che porta ancora dentro di sé questo enorme dolore.

Lo ha profuso per anni nella fumosa speranza di incontrarlo senza mai riuscire a trovarlo G davvero.

O forse, quando è accaduto, era talmente confuso dall’eroina da non essere in grado di rendersene conto». Nel suo libro la vostra storia apparentemente così diversa procede su binari che corrono uno accanto all’altro. «Ho capito che volevo scrivere un percorso parallelo: la storia di due fratelli che si divide per poi riunirsi.

Non un libro su di me o su di lui, ma su noi due. Non un apologo sul povero artista che ce l’ha fatta pur avendo un fratello matto e disgraziato, né un’autobiografia, ma un racconto utile a far capire che tra precipitare dalla scarpata o fermarsi sulla soglia del burrone la differenza è minima».

Per scrivere ha dovuto affidarsi a ricordi a volte lontanissimi. «Ed è stato difficile perché con la mia infanzia ho un rapporto stranissimo: non ho conservato foto e in generale ricordo poco. La prima volta che ho incontrato mio fratello però non l’ho dimenticata, perché ancor prima di vederlo l’ho sentito.

Come un’onda, una presenza, un colpo di vento. L’immagine di questo bambino ben pettinato che spuntava da un groviglio di gambe adulte e a un tratto alzava la testa svelando il suo strabismo non l’ho dimenticata. Me lo presentarono fugacemente: “Questo è tuo fratello”. Io non capivo.

Ma avevo avuto la sensazione di essere guardato da una presenza che in qualche modo mi apparteneva e che con il tempo avrei imparato a conoscere meglio». Una sensazione giusta. «Non ci volle molto perché la verità uscisse.

Due mezze cattiverie dei compagni di scuola, i miei nonni molto più adulti dei genitori dei miei coetanei, il dubbio che si insinua e in breve tempo misi le cose nella giusta prospettiva: mi stavano crescendo i miei nonni perché io e Franco eravamo figli di una madre che ci aveva partoriti e poi lasciati apparendo soltanto a folate, durante le feste comandate. Nei suoi confronti, comunque, non ho mai provato né rabbia né odio».



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