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«…Abbiamo un modo abbastanza simile di vedere il calcio, a tutti e due piace costruire gioco dal basso…», ha spiegato ieri tra altre cose Rino Gattuso, raccontando del suo rapporto con Andrea Pirlo, dentro e fuori dal campo. La costruzione dal basso difatti è diventata uno dei tratti distintivi del Napoli fin da quando il tecnico calabrese ha sostituito Ancelotti. A Pirlo oltre che costruire basso piace anche pressare alto, e a sua volta sta cercando di rendere l’aggressività in zona offensiva un tratto distintivo della sua Juventus.

Due gusti, quello di Gattuso per la costruzione bassa e quello di Pirlo per il pressing alto, destinati probabilmente a entrare in conflitto stasera, quando il Napoli comincerà le proprie azioni. Conflitto che, se davvero ci sarà, potrebbe decidere l’esito della sfida, in un senso o nell’altro. Se davvero ci sarà perché non è detto che per una sera, viste assenze e condizione fisica non certo straripante dei bianconeri, Pirlo non scelga un atteggiamento più attendista, come aveva fatto a Roma contro la Lazio in campionato.

Se invece la Juventus deciderà di andare ad aggredire il palleggio basso del Napoli dovrà farlo molto, ma molto, meglio di come ha fatto domenica sera contro l’Inter. E non solo contro l’Inter. Quella contro i nerazzurri è stata una partita pessima sotto ogni punto di vista e quello del pressing non ha certo fatto eccezione. Anzi. I nerazzurri trovavano sistematicamente un uomo (spesso potendo anche scegliere) alle spalle dei bianconeri che pressavano, potendo poi sviluppare l’azione in spazi ampi e in velocità. Il Napoli ha meno potenza nel risalire il campo, ma più tecnica e più fantasia: pressare la costruzione bassa e farsi saltare significherebbe permettere a Zielinski, Lozano e Insigne di sfruttare al meglio tecnica, fantasia e velocità. Una situazione che il Napoli cercherà di creare ogni volta che imposterà, provando ad attirare la Juventus nella sua ragnatela di passaggi per poi colpirla.

D’altra parte, se in alcune occasioni Gattuso si è trovato a replicare all’accusa di eccedere con la ricerca della costruzione dal basso, spiegando come ritenga i benefici superiori ai pericoli, è perché il Napoli qualche rischio nell’impostare lo prende. Pressarlo male è un suicidio, pressarlo bene può pagare. Rispetto alla partita contro l’Inter la Juventus sarà probabilmente aiutata dal 4-2-3-1 della squadra di Gattuso, che imposta con i due centrali difensivi ai quali va incontro a turno uno dei due centrocampisti centrali, con i terzini larghi sulla propria trequarti. Una disposizione a cui il 4-4-2 della Juventus in fase di non possesso si accoppia in modo naturale, dando riferimenti più facili ai bianconeri, che invece faticano di più contro le squadre che impostano con tre difensori centrali, contro i quali le due punte partono già in un’inferiorità numerica che il movimento loro e dei compagni spesso non compensa.

Contrariamente a quanto accade con la costruzione dal basso, Gattuso condivide di meno il gusto di Pirlo per il pressing alto. Non che il Napoli non lo attui mai, ma preferisce utilizzarlo per riconquistare la palla persa. Quando gli avversari iniziano l’azione predilige cominciare a pressare a metà campo o poco oltre, compattandosi in un 4-5-1 con linee strette e corte, difendendo sempre di reparto con la palla come riferimento. Un atteggiamento difensivo che, per evitare di concedere spazi troppo larghi al centro della linea difensiva, lascia un po’ di campo sulle fasce che la Juventus potrebbe sfruttare per arrivare al cross. Cercando poi con Ronaldo e gli inserimenti di McKennie (e con Morata se giocherà o quando entrerà) di trovare comunque spazio tra un difensore e l’altro: come Immobile in Lazio-Napoli del 20 dicembre (gol dell’1-0) o come Ronaldo nel gol del 2-2 alla Roma (che difende con principi analoghi) all’Olimpico il 27 settembre. Attaccare la profondità per abbassare la linea e trovare spazio davanti a essa sarà un altro obiettivo che la Juventus dovrà perseguire, guardandosi al tempo stesso dal concederlo: le giocate di Zielinski, ma anche i tagli di Lozano e Insigne, tra le linee bianconere sarebbero altrettanto pericolose.

Cede il Napoli e poi lo colpisce, Dejan Kulusevski. Perché, se i vividi colori dei panorami partenopei avevano ammaliato Wolfgang Goethe al punto da strappargli il celebre “Vedi Napoli e poi muori”, l’azzurro intenso delle magliette del club ispira allo stesso modo la vena realizzativa dell’attaccante svedese. Il talentuoso classe 2000 da quando veste la casacca della Juventus non ha ancora avuto modo – per l’arcinota vicenda su cui ha sentenziato il Collegio di Garanzia del Coni – di sfidare i campani, ma lo scorso anno a Parma ha dimostrato di gradire alquanto l’incrocio con gli azzurri.

Puniti a freddo all’andata al San Paolo con una sgroppata conclusa in rete, giustiziati allo scadere al ritorno con un rigore prima procurato e poi trasformato. Un brutto ricordo per Gattuso, dato che la prima delle due sfide era coincisa con una mortificante sconfitta al suo esodio sulla panchina azzurra. Un vero e proprio incubo per Koulibaly, che in un’occasione si era lasciato sfuggire Kulusevski sulla trequarti e nella successiva l’aveva steso in area di rigore. Si lascerà allora ispirare (anche) da questi dolci pensieri lo svedese, che questa sera proprio al Napoli chiederà strada per sollevare il primo trofeo della propria carriera. Confidando in una cabala che, da quando è sbarcato in Italia, non ha conosciuto eccezioni.

Nemmeno nelle due stagioni trascorse nella Primavera dell’Atalanta ad affilare tutte le proprie armi, anzi: in quattro incontri – tra il 2017 ed il 2019 – erano arrivate due reti e addirittura sei assist per un giovane Kulusevski, il cui talento tracimava già.  Il numero 44 bianconero alla Continassa ha così preparato nei dettagli la gara del Mapei Stadium, dall’alto di queste premesse e dell’entusiasmo generato dal riconoscimento di miglior giovane svedese che gli è stato conferito nel corso dello “Sports Gala 2021” in patria. «Sono molto orgoglioso, è uno di quei traguardi per cui ho lavorato tutta la vita. Ringrazio le mie squadre, i miei allenatori e la mia famiglia: dietro questo premio c’è davvero molto lavoro», il suo ossequioso commento.

Una soddisfazione grazie alla quale Kulusevski ha provato a mitigare la delusione per la prova di forza incassata dall’Inter domenica sera, sfida nella quale tra i pochi a non affondare individualmente c’è stato proprio lui. Che anche a San Siro, da subentrato, ha dimostrato di godere di uno stato di forma in incoraggiante crescendo. Dopo l’ottimo impatto iniziale e un periodo invece di scarso smalto che pare ora destinato agli archivi: lo aveva sussurrato il prezioso suggerimento per McKennie contro il Milan, l’ha confermato una partita da gol più assist in Coppa Italia con il Genoa. E, nel mezzo, l’aveva raccontato anche il decisivo impatto dalla panchina di fronte al Sassuolo, quando il dinamismo e l’energia dello svedese avevano indirizzato la ripresa. Qualità che, questa sera, faranno dello svedese un vero e proprio jolly nella manica di Pirlo. Perché l’ex Parma ha già dimostrato di poter lasciare il segno dal primo minuto come a gara in corso. E di poter ricoprire, alla luce della sua poliedricità, più ruoli in campo. Quello di esterno, su cui il tecnico bianconero ha insistito in questi primi mesi, ma anche quello di attaccante nel tandem avanzato, dove pare maggiormente a proprio agio in questo momento. E il fatto che, in assenza di Dybala, la Juventus si presenti all’appuntamento in Supercoppa con i soli Ronaldo e Morata arruolabili in qualità di terminali offensivi, apre il campo a tutte le soluzioni possibili per Kulusevski. Il jolly che, quando vede il Napoli, poi lo colpisce.



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