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Un giorno al derby, un allenamento, la rifinitura di oggi pomeriggio (poi ci sarà il ritiro), quindi Antonio Conte scioglierà le ultime, pochissime riserve. L’Inter, infatti, a meno di problemi dell’ultim’ora, si presenterà al completo contro il Milan, con il solo Sensi – un’ora totale in campo dal 6 gennaio a oggi – indisponibile.



L’Inter sta bene, lo racconta il bel successo contro la Lazio, ma l’intero ultimo periodo. Chi sorride è la retroguardia, la fase difensiva. Nelle ultime cinque partite di campionato Handanovic ha subito solo un gol, quello su calcio di punizione di Milinkovic-Savic, deviato da Escalante. Prima aveva mantenuto la porta inviolata con Juventus, Udinese, Benevento e Fiorentina. Merito, soprattutto, della ritrovata solidità del trio Skriniar-De Vrij-Bastoni. I due “braccetti” del centrale olandese erano assenti all’andata, fermati per Covid; i loro sostituti, D’Ambrosio e Kolarov, subirono le iniziative di Leao e Ibrahimovic. Domani sarà un’altra storia.

Hakimi a destra, Barella (in grandissimo spolvero) mezzala e Brozovic in regia: queste le certezze di Conte, ma dopo le ultime partite, anche gli ultimi due quinti della linea centrale sono ormai definiti: Eriksen affiancherà il croato come secondo play-mezzala di qualità; Perisic arerà la fascia sinistra provando a frenare Calabria tenendolo il più basso possibile. Il danese con Juve e Lazio è piaciuto a Conte e il fatto che Vidal – contusione al ginocchio – sia rientrato in gruppo solamente ieri, lo pone senza troppi in pole position per domani. Gagliardini e Vecino saranno le opzioni da usare a gara in corso, mentre, come detto, Conte dovrà rinunciare a Sensi, fermatosi a metà settimana per un affaticamento muscolare (tornerà in gruppo dopo il derby). Perisic contro Lazzari ha dimostrato di aver capito cosa il tecnico si aspetta dall’esterno e con la sua freschezza fisica ha sorpassato nelle gerarchie Young e Darmian.

Difficile dire che stia meglio fra Lukaku e Lautaro. Il belga con la Lazio è stato devastante, l’argentino ha segnato un gol facile e nelle gare precedenti ne aveva falliti diversi, ma è sempre pericoloso. Toccherà a loro, con Sanchez pronto a dare il suo contributo nella ripresa, da spalla di uno dei due o da trequartista se l’Inter dovrà recuperare.

Antonio Conte la settimana scorsa era stato netto. Prima della partita con la Lazio aveva detto: «Non posso credere che Romelu stia pensando a qualcosa che non è il calcio giocato. Le ultime prestazioni sono state un po’ opache, ma sa che abbiamo bisogno di lui e contiamo su di lui».

Dopo il match, nel quale il belga era stato il mattatore principale, aveva aggiunto: «Ha dato una grandissima risposta, era stato criticato dopo la Juve e c’erano stati strascichi dopo il derby. Ha reagito e ha fatto grandi giocate». Romelu Lukaku è questo. Un grandissimo attaccante, un bomber – spesso – letale, ma un ragazzo di 27 anni che inevitabilmente aveva subito quanto vissuto il 26 gennaio scorso, il fattaccio del derby di Coppa Italia con Ibrahimovic.

Come ha raccontato alla Procura Federale durante l’audizione di lunedì scorso, aveva reagito, male, alle provocazioni dell’attaccante svedese. Una reazione, però, eccessiva che aveva turbato per primo proprio lui stesso. I giorni successivi all’episodio, Lukaku li aveva vissuti male, passando da uno stato d’animo d’arrabbiatura – lo si era visto nelle “non” esultanze contro il Benevento quattro giorni dopo – a uno di tristezza. Non si riconosceva in quella persona che in campo aveva insultato Ibra e la sua famiglia, ma il fatto che Zlatan avesse toccato (a parole) sua mamma e le sue origini africane tirando in ballo il rito voodoo, lo aveva trasformato, come la rabbia che portava Bruce Banner a diventare Hulk.

Domani pomeriggio i due si incroceranno di nuovo a distanza di quattro settimane nelle quali non ci sono stati contatti diretti o chiarimenti. Sarà il campo a metterli uno di fronte all’altro in una partita che ha moltissimi significati, per le tifoserie; per le due squadre che oltre al primato cittadino si giocheranno una fetta di scudetto (l’Inter per la fuga, il Milan per il controsorpasso); ma soprattutto per i due che quando vedono i colori rivali si scatenano. Lukaku da quando è arrivato in Italia e a Milano, non ha mancato un derby. Li ha giocati tutti e quattro quelli che si sono svolti dall’estate 2019 a oggi e ha sempre segnato un gol. Lukaku diventa un toro quando vede rosso…nero: colpo di testa su cross di Barella a chiudere il derby d’andata del campionato scorso (2-0); altra capocciota a sigillare il risultato, sovrastando Kjaer, nel derby di ritorno, quello vinto dall’Inter in rimonta, da 0-2 a 4-2; tap-in su cross basso di Perisic nella sfida del 17 ottobre scorso, persa però 2-1 sotto i colpi di Ibra; rigore di potenza (e rabbia) nella gara del misfatto di Coppa Italia del 26 gennaio, decisa poi da Eriksen.

Lukaku si è avvicinato a questo derby nel solito modo (in settimana ha pure passato un po’ di tempo col suo agente Federico Pastorello che ieri ha pubblicato un selfie di loro due insieme, definendo l’attaccante “the King”, il re). Lavoro duro ad Appiano sul campo, bis a casa e meno distrazioni possibili, se non zero. Il suo focus è stato al 100% (o meglio, 1000 per 1000) sul derby, su come preparare la partita, sull’analisi dei punti deboli degli avversari. La settimana libera di impegni agonistici lo ha ulteriormente aiutato a ritrovare la condizione migliore, quella brillantezza che sembrava essere un po’ calata prima del match con la Lazio. Quella partita, la doppietta, la straordinaria cavalcata che ha portato al terzo gol di Lautaro, hanno riacceso la fiamma in Lukaku e gli hanno riportato il sorriso sul volto, quello perso fra la rissa con Ibra e l’eliminazione dalla Coppa Italia, quando contro la Juventus era stato neutralizzato da Demiral e De Ligt. L’Inter fuori dalle coppe è stato un duro colpo per tutti nell’ambiente Inter, in particolare per Lukaku che ambisce ad avere sempre più una dimensione internazionale e la scorsa estate era stato votato come miglior giocatore dell’Europa League. Al tempo stesso, però, poter preparare una partita alla settimana potrebbe rivelarsi un assist straordinario per “Big Rom” e per il suo fisico. Quando sta bene, gli avversari rimbalzano su di lui e arrivare alle partite con cinque-sei giorni di allenamenti mirati, sarà importantissimo. Domani, però, si andrà oltre l’aspetto fisico. Domani sarà un match molto mentale, psicologico, con Lukaku che dovrà stare attentissimo alle possibili nuove frecciate che potrebbero arrivare dal fronte rossonero. Ma Romelu lo sa, è preparato e si è preparato a tutto. In primis a segnare il quinto gol nel suo quinto derby.

Raccontando un derby del 1971, Gianni Brera riferì di un collega inglese che si era meravigliato della civiltà di San Siro e ringhiò: «Brutt demòni, dove credevi di essere venuto, in Papuasia? Tu non sapevi, povero inglese di uno, che Milan l’è on gran Milan?». Auguriamoci prima di tutto una bella partita, onorata da comportamenti degni della tradizione. Perché questo è un derby da Gran Milano: prima contro seconda.

Nel girone di ritorno non succedeva da 10 anni ed è successo solo 10 volte nella storia. In tutti i casi una milanese ha poi vinto lo scudetto. Inter fresca di sorpasso e, un punto sotto, Milan che vuole restituirlo. Romelu Lukaku capolista e capocannoniere; Zlatan Ibrahimovic mira al doppio scippo, vuole la Scala del calcio prima di quella di Sanremo. Nel derby del ‘71, Brera diede 7 in pagella a Mauro Bellugi; «Deve farsela con Prati, cliente di notevole perfidia, non solo di alta classe; vince tutti gli stacchi e lo blocca nel tackle». Bellugi aveva la leggerezza che auguriamo al primo derby senza di lui.

Zlatan Ibrahimovic e Romelu Lukaku sono diversi e hanno un modo diverso di essere padroni delle rispettive squadre, ma lo sono nella stessa misura. Lo svedese comanda con i gol e la personalità. Il trono del belga è fatto anche di servizio. Ci sono numeri che scavano un abisso tra i due. Sponde: Lukaku-Ibra 31-8; assist: Lukaku-Ibra 4-1; palle recuperate: Lukaku-Ibra 30-16; palloni giocati in area, dove si randella: Lukaku-Ibra 130-96.

Con le assenze e il calo del Milan, Ibra ha avuto meno assistenza. Quella a Lukaku invece è cresciuta grazie a Eriksen e ai due esterni offensivi. All’andata fu Perisic a mandarlo in rete; contro la Lazio sono entrati nei gol Eriksen e Brozovic. In qualche modo i ruoli si sono invertiti. Pioli, con un tridente di rifinitori, aveva coccolato Ibra costruendogli il Milan attorno. Lukaku, invece, nell’ottica più avara del 3-5-2, erabombardato da lanci lunghi da mettere giù. Ora è coccolato anche Big Rom, capocannoniere con 16 gol, come CR7. Ibra ne ha fatti 14, ma con sole 12 presenze: ha una media migliore (1,16 gol a partita contro 0,76). Ma questo dato non può soddisfare l’orgoglio ipertrofico di Ibra. Lukaku si presenta come capolista e capocannoniere. Dio Zlatan medita il doppio sorpasso. Lukaku e Ibra sono inesorabilmente lo skyline del derby, la cartolina di Milan-Inter: giganti in vetro- acciaio.

Come e dove vedere la partita

La partita si giocherà oggi alle ore 15.00 allo stadio SanSiro. Si disputerà a porte chiuse, per via delle restrizioni dovute al Covid-19. Il match sarà però trasmesso in diretta ed in esclusiva su Sky Sport serie A. L’incontro verrà così trasmesso in esclusiva su Sky, e sarà visibile sui canali Sky sport Uno, al canale 201 del satellite, 472 e 482 del digitale terrestre e Sky Sport, al canale 252 del digitale terrestre. Si potrà anche seguire il match in streaming con le varie App a disposizione. Sarà invece visibile in streaming per gli abbonati sulle piattaforme Sky Go e Now tv, il servizio di streaming live e on-demand della piattaforma tv satellitare, ovviamente dopo aver pagato il ticket previsto.

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Un derby che profuma di scudetto, che a Milano non si vive da un decennio e che il Milan vuole giocare con le sue armi anche per provare non solo il controsorpasso all’Inter, ma anche per mandare in archivio i risultati non soddisfacenti di La Spezia e Belgrado. Stefano Pioli analizza così l’avvicinamento alla partita odierna: «Ho sempre creduto tantissimo nel nostro lavoro, nell’ambizione di questo club, abbiamo cominciato un percorso che ci sta dando degli ottimi risultati, giochiamo un derby che non si vedeva da tantissimo tempo. Siamo volenterosi per fare bene questa partita».

Sarà una partita che si deciderà, come sempre, sui dettagli e l’allenatore milanista indica quella che potrebbe essere la chiave tattica del match: «Le due squadre hanno una fisionomia bella chiara. I derby precedenti sono stati sempre equilibrati, con parecchie occasioni da gol. Domani la squadra che avrà maggior compattezza e che riuscirà ad essere più precisa potrà avere più possibilità. Domani vogliamo giocare una partita di alto livello». Un livello che tra lo Spezia e la Stella Rossa non è stato così alto, ma Pioli spiega: «Nelle ultime due partite non abbiamo alzato il nostro livello di gioco, anche la fase difensiva non ci ha visto così solidi e compatti. Domani dobbiamo essere molto attenti e determinati. Dobbiamo avere le distanze giuste». Il duello tra Ibra e Lukaku sarà certamente uno dei temi del derby e su questa scelta, Pioli non ha dubbi su chi prendere dalla sua parte: «Mi tengo tutta la vita Ibra ma grande rispetto per Lukaku. Il duello in Coppa Italia? Sarebbe stato meglio non fosse successo – aggiunge -, ma quella di domani è un’altra partita, ci saranno duelli, scontri, è una gara molto sentita, ma ci sarà anche grande rispetto e professionalità».

Non firma per il pari, Stefano Pioli, che alla domanda specifica ha risposto: «Le ultime due partite non sono state le migliori, ma non ci hanno tolto convinzioni e certezze. Ci hanno fatto capire ancora di più come approcciare alle gare. Saremo forti e più forti delle ultime due gare. Se approcci ad una partita che un pareggio ti può andar bene sei più vicino alla sconfitta che alla vittoria. Andremo in campo per vincere» anche perché: «L’obiettivo del Milan è continuare il nostro percorso del quale siamo soddisfatti.

Siamo contenti di essere i più giovani, la sorpresa del campionato. Il nostro obiettivo è dare il massimo, poi alla fine tireremo le somme. Siamo partiti da lontano – prosegue Pioli -, mancano tante partite, nessun obiettivo di lungo termine». Il tecnico milanista non è rimasto soddisfatto del finale con la Stella Rossa e da lì la squadra deve trarre ispirazione: «A fine gara ero deluso, ho rivisto il finale, non abbiamo rischiato niente ma non abbiamo avuto la voglia di andare a cercare il terzo gol, è un errore che non vogliamo ripetere. Lo stesso errore commesso a Firenze l’anno scorso. E’ passato un anno, sono situazioni da sviluppare meglio. Gli avversari salgono di livello e la nostra prestazione deve essere massimale». Non saranno della partita né Bennacer né Mandzukic. Su di loro, Pioli ha fatto il punto: «Ismael non ha avuto una ricaduta, il muscolo fatica a trovare l’elasticità, spero di ritrovarlo a breve così come Mario, che ha una piccola lesione».
«Lukaku a Sanremo? C’è da cantare a San Siro…». Antonio Conte se l’è cavata con una battuta, ma c’è da scommetterci che se lui fosse stato l’allenatore di Zlatan Ibrahimovic, per nulla al mondo gli avrebbe dato il permesso di fare passerella al Festival. Certe cose, per un uomo tanto ossessionato dall’idea della vittoria, sono semplicemente inconcepibili. Non a caso, nella settimana che ha preceduto il derby Conte ha chiesto che tutti si cucissero le bocche, anche perché il rischio era quello di celebrare un’Inter che, ai suoi occhi, non ha ancora fatto niente. Per le celebrazioni, nel caso, il mese adatto è maggio, quando i giochi fatti per il campionato sono fatti.

Conte, tra l’altro, ricorda bene l’atmosfera che si respirava intorno all’Inter soltanto un paio di giornate fa: «Non dimentico che in tanti si chiedevano prima della gara con la Fiorentina a quanti punti di distacco saremmo arrivati dal Milan, visto che loro avevano Crotone e Spezia. In tanti pensavano che il derby sarebbe stata la botta finale invece ci arriviamo con un punto in più del Milan. Questo dimostra quanto sia difficile questo campionato. Certo, questo è un derby diverso rispetto a quelli del passato proprio perché riguarda l’alta classifica con due squadre quasi appaiate in testa. Penso sia una bella soddisfazione per Milano avere questo tipo di partite.

E noi il derby vogliamo vincerlo, per un discorso di campanilismo e per ragioni di classifica. Vantaggio nell’arrivarci davanti al Milan? Quando hai una classifica che ti sorride devi essere ancora più carico, avere ancora più entusiasmo e più voglia di far bene. Ai ragazzi non ho dato input particolari in settimana, l’obiettivo è sempre quello di dare il massimo cercando l’eccellenza perché stiamo lavorando per cercare di costruire qualcosa di importante».

Il risultato passerà anche dalla capacità da parte dell’Inter di contrastare Ibra che nelle tre stracittadine giocate dopo il suo ritorno in Italia ha segnato quattro gol: «Possiamo limitarlo lavorando da squadra, riducendo al minimo gli errori. Ibra è un giocatore forte, che sta dando tantissimo al Milan, ci ha sempre fatto gol negli ultimi derby ma non è detto che ci riesca pure stavolta…». A confortare Conte, pure il fatto che l’Inter abbia incassato una sola rete nelle ultime cinque giornate di campionato e che la squadra arrivi dopo una settimana in cui si è potuta allenare senza avere impegni in Europa: «Finora abbiamo giocato ogni tre giorni, abbiamo fatto una semifinale di Coppa Italia contro la Juventus e due giorni dopo abbiamo giocato a Firenze. Sulla carta si può parlare di vantaggi e svantaggi ma poi c’è il campo.

Pur sprecando tre-quattro gol clamorosi all’ultimo passaggio, con la Lazio siamo stati cinici. Quella vittoria, ottenuta contro una squadra che arrivava da sei successi consecutivi in campionato, ci ha dato forza e autostima. Le partite vanno giocate secondo una logica, studiando le situazione e capendo come si può far male all’avversario. E nel derby sappiamo sappiamo le difficoltà che ci possono creare ma pure quelle che possiamo creare noi a loro…». Soluzioni provate e riprovate in questi giorni ad Appiano, mentre il Milan giocava a Belgrado in Europa League.

L’Inter pende a destra. Lì spesso mette in moto le sue gambe motrici Lukaku, ma soprattutto sul versante destro del campo i nerazzurri costruiscono le loro fortune con l’asse Skriniar-Barella-Hakimi. L’Inter costruisce a destra con i triangoli nel giro palla fra Skriniar, Brozovic e Barella, passa poi da sinistra dove agiscono i piedi buoni di Bastoni ed Eriksen, ma spesso finalizza ancora a destra, dove arrivano gli inserimenti letali di Hakimi. All’andata proprio dal quel lato dell’Inter – dove mancava però Skriniar, fermato dal Covid come Bastoni -, il Milan aveva colpito con un contropiede letale finalizzato da Leao per Ibrahimovic, autore del 2-0, ma i rossoneri avevano subito spesso le iniziative nerazzurre, con Hakimi che, ai punti, aveva vinto il duello con Theo Hernandez, mancando però di testa su assist di Vidal il facile 2-2. Un duello, quello fra le due frecce ex Real Madrid, che si ripeterà anche oggi.

Una delle chiavi della partita sarà senza dubbio ciò che accadrà nella zona dove agiranno Barella e Hakimi che dovranno vedersela con Kessie e Theo Hernandez, i due giocatori più importanti della squadra di Pioli dopo Ibrahimovic e Donnarumma. Due giocatori, quelli rossoneri, da cui dipende molto del gioco del Milan. Ma lì l’Inter ha due dei suoi migliori: Barella, l’uomo in più dell’ultimo periodo. Il tuttocampista cagliaritano nell’ultimo anno ha fatto un evidente salto di qualità. Con Conte ha saputo trovare la sua dimensione, con Mancini in nazionale si è elevato a protagonista internazionale. Barella oggi è probabilmente il miglior centrocampista della Serie A, con un valore schizzato dai 45 milioni d’acquisto a quasi 80, ha segnato 3 gol e servito 10 assist. Nicolò è cresciuto in tutto, anche nell’irruenza, diminuita: in 22 giornate – non ne ha saltata una – ha preso 4 ammonizioni e gioca da diffidato da quattro partite; un campionato fa, allo stesso punto punto del torneo, aveva giocato 17 gare, aveva incassato 7 gialli ed era già stato fermato un turno dal giudice sportivo.

Barella il braccio di Conte in campo, Hakimi la freccia. Dopo alcuni mesi di conoscenza reciproca, il marocchino ha capito il tatticismo italiano e le richieste di Conte, mentre il tecnico ha compreso meglio che abbassare l’Inter di una ventina di metri avrebbe reso l’ex Borussia Dortmund un’arma letale. Con 50 metri davanti, Hakimi, capace di toccare i 35 km/h in questo campionato (con l’Atalanta), si è dimostrato devastante (a inizio campionato, con l’Inter col baricentro alto, era in difficoltà ad azionarsi). Al suo primo campionato di Serie A, Hakimi ha già segnato 6 reti e servito 4 assist. Con la Champions al bottino si aggiunge un assist che porta così il marocchino ad aver preso parte a 11 reti, quante Theo Hernandez, autore di 5 gol e 6 assist. L’Inter pende a destra, ma se la manovra si sviluppa a sinistra, c’è più spazio per lasciare Hakimi in isolamento, come il Michael Jordan dei bei tempi, quando i Chicago Bulls allargavano gli altri quattro giocatori sul perimetro del campo per lasciare a MJ palla e canestro. E così facendo, Hakimi sarebbe un pericolo costante per Theo che andrà frenato, grazie anche a Skriniar che dovrà però principalmente tenere un occhio su Rebic.

Il derby di domani fotograferà l’istantanea di un rullino pieno di ribaltamenti del pronostico, in una corsa scudetto che Milano non viveva da un decennio. A ottobre Inter e Milan si presentarono alla stracittadina di andata con i rossoneri inaspettatamente davanti di due punti rispetto ai nerazzurri. Nessuno lo avrebbe previsto perché l’Inter aveva chiuso al 2° posto la stagione precedente raggiungendo poi la finale di Europa League. E aveva messo nel motore il rinforzo Hakimi, uno dei terzini più forti del mondo. Il Milan invece aveva dovuto ancora una volta rinunciare al ritorno in Champions. Ma erano davanti i giocatori di Stefano Pioli che a fine partita voleranno addirittura a +5. L’Inter, quattro mesi fa, sembrava avere una proprietà solida, mentre il Milan era sempre legato al destino di un hedge fund, che prima o poi dovrà passare la mano. Dalla Cina filtravano le prime notizie preoccupanti, come la risoluzione del contratto tra PPTV (pay tv del gruppo Suning) e la Premier League. In tribuna a San Siro c’erano mille spettatori (solo mille, ma quanto mancano a ripensarci adesso che è tornato il deserto assoluto), ma non Steven Zhang, partito per la Cina dieci giorni prima e non ancora tornato. Ma nessuno avrebbe potuto immaginare che l’Inter avrebbe affrontato il derby di ritorno con una trattativa avanzata per la cessione del club. Si è ribaltato il mondo (calcistico) a Milano. Il Fondo Elliott può sottolineare la sua solidità finanziaria senza intoppi di liquidità: a Milanello gli stipendi arrivano regolarmente, senza necessità di spalmare. E il Milan ha potuto innestare tre rinforzi a gennaio (anche se solo Tomori finora ha dato risposte convincenti). L’Inter invece è rimasta ferma. Però adesso è in testa la squadra di Antonio Conte. Da appena una giornata. Per il sorpasso non è servito il derby. L’avvicendamento è andato in scena con un turno di anticipo grazie alla vittoria nerazzurra sulla Lazio e alla sconfitta rossonera con lo Spezia, in una delle più clamorose lezioni di calcio subite da una grande di Serie A sul campo di una provinciale neo-promossa. Il Milan ha una struttura che parte dal campo, prosegue con Pioli, fino a Paolo Maldini, Ivan Gazidis e la proprietà. In questo momento l’Inter deve quasi auto-sostenersi con una linea che fatica ad andare oltre i vertici della dirigenza. Solo le spalle larghissime di Beppe Marotta e Antonio Conte, oltre alla presenza in squadra di professionisti seri e ambiziosi, permettono all’Inter di essere in cima alla classifica in mezzo a queste condizioni tempestose. È un momento nel quale ogni riferimento è relativo. Dà più garanzie un club inchiodato da anni a 200 milioni di fatturato (il Milan) rispetto a uno che viaggia a quota 372 dopo aver sfondato nel 2019 la barriera dei 400 (l’Inter). Ma proprio questo dato relativo ai ricavi certifica il limite del Milan che non riesce a smuoversi da una stagnazione delle entrate. L’Inter ha fatto un salto in avanti da questo punto di vista. Spetterà a chi verrà dopo consolidare l’incremento. Il derby durerà 90 minuti e lo scudetto sarà assegnato a maggio. Ma chissà quali altri colpi di scena riserveranno i prossimi mesi. È una partita che può decidere un campionato. Tutto il resto si gioca su altri tavoli.

Ancora loro, uno di fronte all’altro, occhi negli occhi. Ma che stavolta la storia sia diversa, dopo il far west della Coppa Italia. E che magari possano darsi la mano, Zlatan Ibrahimovic e Romelu Lukaku. I protagonisti più attesi, gli idoli dei tifosi e i personaggi che fanno più discutere: tutti si chiedono cosa succederà dopo la rissa e di sicuro l’asso svedese vuole mettersela alla spalle. Sa di aver messo in difficoltà i compagni – ai quali poi ha chiesto scusa – di fatto dando una spallata alle speranze di qualificazione del Milan alla semifinale con il nervosismo che poi ha portato all’espulsione. Sa che ha qualcosa da farsi perdonare e sa anche, molto bene, come fare male all’Inter con i suoi gol. Intanto l’indagine della procura della Figc prosegue, in attesa di sviluppi e di una decisione definitiva che in ogni caso non arriverà prima del derby di domani, quando Ibra sarà chiamato a tornare leader tecnico e carismatico della squadra, come invece non è stato in quella folle notte di Coppa Italia.
Dalla quale però è sembrato uscire meno scosso, almeno pubblicamente, rispetto al collega interista, allontanando al tempo stesso con forza qualsiasi ombra di razzismo nelle sue parole e respingendo le accuse: una provocazione, nella quale Ibrahimovic è andato a toccare corde che sapeva avrebbero provocato una reazione in Lukaku. Domani Ibra avrà ancora addosso i riflettori e avrà più di un motivo per cancellare quel ricordo: dimostrare la propria superiorità, non solo in campo, e riportare il Milan in testa alla classifica, per di più in un derby cruciale.

gli insulti a belgrado

E a proposito di questioni relative al razzismo, Ibra si è ritrovato a ricevere insulti pesanti a Belgrado. «Peccato che non ci sia il pubblico» aveva sussurrato lo svedese a qualche compagno durante il sopralluogo sul campo del Marakàna mercoledì sera, ma la realtà dei fatti si è rivelata diversa. Sull’anello superiore della tribuna centrale dello stadio della Stella Rossa e anche in alcuni banchetti della tribuna stampa erano presenti numerosi supporters della squadra di Stankovic, con il gruppo più nutrito raggruppato alla sinistra del settore dedicato ai giornalisti, che ha lanciato insulti nei confronti dei croati Mandzukic e Rebic oltre a qualche coro contro il Milan. Ma qualcosa è andato storto anche nella parte inferiore, ovvero quella vicina alle panchine. Qui, come testimoniato da un filmato, Ibrahimovic è stato apostrofato con l’epiteto: «Brutto balija» che nella lingua serba è un insulto rivolto all’etnia bosniaca, che è quella del padre di Ibra. La Stella Rossa, attraverso delle dichiarazioni rese tramite le agenzie di stampa, ha preso posizione sull’accaduto: «La Stella Rossa condanna nella maniera più ferma le frasi offensive nei riguardi di Zlatan Ibrahimovic. Come società abbiamo fatto di tutto affinché l’organizzazione dell’incontro fosse al livello di due grandi squadre, e non consentiremo che un singolo primitivo getti una macchia sulla tradizionale ospitalità del nostro Paese e del nostro popolo» per poi aggiungere: «La società si scusa nella maniera più sincera con Zlatan Ibrahimovic per l’episodio spiacevole» e cercherà di individuare l’autore del gesto. Rimane da capire se l’Uefa aprirà un fascicolo d’inchiesta sulla presenza non autorizzata di tifosi dentro al Marakàna in violazione delle porte chiuse.

canta con miha

Ma a tenere banco in questi giorni c’è anche la presenza, confermatissima, di Ibrahimovic a Sanremo, in un periodo cruciale della stagione rossonera: un questione ovviamente delicata e che comporta un ulteriore sforzo da parte di staff tecnico e società nel mantenere perfettamente bilanciati gli equilibri di spogliatoio.
Una situazione molto seria sul quale, a distanza, ieri ha cercato di sdrammatizzare Sinisa Mihajlovic, con il suo consueto senso dell’umorismo: «Andrò a Sanremo, ho sentito questa mattina. Per fortuna non c’è pubblico, gli ho detto… Pensate che casino: io e Ibra, due zingari che cantano sul palco… Non so cosa potrà succedere! Le due cose peggiori che faccio sono ballare e cantare e quest’anno le ho fatte tutte e due. Ma nel canto è anche peggio. Anche Ibra fa schifo a cantare. Almeno la gente riderà». Di sicuro Ibra è meglio con il pallone tra i piedi e domani pomeriggio, alla Scala del Calcio, vuole tornare a fare la parte del tenore. Per dimenticare Lukaku, la rissa e tornare a dominare su Milano.



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