Pietro Castellitto interpreta Francesco Totti e il capitano ringrazia



L’attore è l’ex capitano della Roma nella serie tv “Speravo de morì prima”, incentrata sugli ultimi 18 mesi della sua carriera, tra pubblico e privato. «È il mio grande idolo, sono cresciuto col suo poster in cameretta. È un mito, ma ti mette a proprio agio». «Da ragazzino ero terrorizzato dall’idea che mia madre potesse morire e anestetizzavo la paura pensando a lui». Er Popone, che ha visto gli episodi, commenta: «Ho scoperto lati sconosciuti di me» di Paola Trotta.



Ringrazio tutti coloro che hanno lavorato a questa serie, in particolare Pietro Castellitto, che ha avuto un compito non facile ed è stato bravo: ha cercato di farmi uscire come sono veramente. Ho scoperto delle cose di me che non sospettavo di avere, dei lati sconosciuti.

La serie va vista perché è ironica ed emozionante». Così, in pieno Stadio Olimpico sotto la Curva Sud, Francesco Tetti invia un contributo video alla presentazione stampa col cast di Speravo de morì prima (Sky Atlantic e in streaming su Now Tv), la serie in sei episodi diretta da Luca Ribuoli sulla storia del campione della Roma, targata Sky Originai e tratta dall’autobiografia di Totti Un capitano.

Nei panni di Totti c’è uno straordinario Pietro Castellitto, che ne cattura movenze, sguardi, smorfie, voce, cadenza, cercando di riportarne l’essenza senza imitarlo, ripercorrendo l’ultimo anno e mezzo di carriera dell’ex capitano della Roma, la fine del suo entusiasmante percorso con la maglia giallorossa, rimasta sempre la stessa per 28 anni. Accanto a lui, Greta Scarano nel ruolo di llary Blasi.

Cosa rappresenta per lei Totti? «Ho passato tante domeniche sulle seggioline blu dell’olimpico a tifare per Totti e grazie a questa serie ho avuto l’occasione di conoscere di persona il mio grande idolo. Sono cresciuto col suo poster in cameretta. La mia più grande soddisfazione è che Totti vedendo la serie ha detto di aver scoperto qualcosa di sé che non conosceva. Poterlo interpretare è stato proprio uno scherzo del destino, anzi doppio!».

Perché? «Durante le riprese ho ritrovato un diario della mia infanzia, avevo 9 anni, nel quale ho scritto un lungo racconto dedicato a Totti per elogiare il mio eroe: “Faccio collezione di figurine Panini. Io sono della Roma e per magica fortuna, nel mio primo pacchetto che ho aperto, ho trovato il mitico e unico Francesco Totti, il grande gladiatore giallorosso. Ha fatto un gol col Brescia veramente bellissimo. Totti è qualcosa che l’umanità neanche se ci prova riesce a inventare.

Per i laziali è un sogno da costruire. Totti è come l’inchiostro per la penna, le radici per un albero, la camera d’aria per un pallone: e se la camera d’aria non c’è, il pallone non c’è, e se Totti non c’è la camera d’aria non c’è e neanche il pallone. E se il pallone non c’è, il calcio non c’è e quindi il calcio non è calcio se Totti non c’è”». Da bambino quindi Totti era il suo faro? «Sì, quando ero ragazzino ero terrorizzato dalla idea che mia madre potesse morire.

Avevo paura di perderla in ogni momento ed ero convinto che perdendola prematuramente non avrei mai fatto nulla nella mia vita. Anche a scuola quando sentivo le ambulanze ero convinto ci fosse lei dentro. Riuscivo ad anestetizzare questa paura pensando a Totti. Se c’era Totti, non poteva esserci la morte. Quando ripensavo ai suoi gol, alla sua persona, al suo essere capitano, mi rasserenavo e non pensavo più alla paura per la morte di mia madre.

In questa serie raccontiamo la fine di Totti, la sua morte calcistica. Ed è un controsenso perché Totti non muore mai. È presente in tutti i tifosi della Roma, sempre, e non solo, perché la tenace lealtà alla sua maglia gli ha reso onore. La sua figura è universale».

Come è stato conoscere il suo mito? «Avendo la fortuna di passarci tanto tempo insieme per preparare la serie, ho scoperto una persona estremamente loquace, divertente, lui teneva banco, si divertiva se intorno aveva gente che si stava divertendo. È anche molto consapevole di quello che rappresenta per un ragazzo cresciuto con lui, del mito che è, e fa di tutto per metterti a tuo agio. Il mio è un Totti molto ironico, come l’ho conosciuto da bambino, e nella preparazione del personaggio ho cercato di amplificare i ricordi diretti che avevo di lui».

Quale storia di Totti racconta? «Tra presente e passato, pubblico e privato, la serie ripercorre i 18 mesi che vanno dal ritorno di Luciano Spalletti sulla panchina della Roma al più struggente addio al pallone della storia del calcio. Un anno e mezzo di guerra contro due avversari che non fanno sconti neppure a Totti: il tempo e l’allenatore.

Una guerra combattuta con passione e tormento da un calciatore che non vuole e non riesce a mettere la parola fine a una carriera da sogno, vissuta indossando sempre e solo una maglia. E racconta non solo il campione e, detto l’ottavo Re di Roma, ma l’aspetto più privato della sua vita, l’uomo fuori dal cam

E cosa emerge? «L’uomo coraggioso, semplice, autoironico, un figlio, un padre e un marito legato alla sua famiglia, un romano attaccato alla sua città, ma impossibilitato a viverla. Un uomo con le sue insicurezze. Totti è universale, va al di là del tifo e la sua storia, la sua sola immagine è in grado di aiutare le persone. Francesco è come se fosse una rete di salvataggio per tutti noi che ci siamo cresciuti assieme».

Totti le ha raccontato il primo appuntamento con Ilary Blasi e l’amore per lei. «Sono una bella coppia, collaudata, ironica, affiatata. Sul loro primo appuntamento Totti ha raccontato: “L’ho portata al Fungo (ndr: ristorante all’ultimo piano di una torre all’Euf) perché era aperto solo quello. Andai a prendere Ila-ry a casa con la Ferrari e lei aprì il suo sportello, dando una botta forte al muretto… L’avrei ammazzata, ho fatto finta di niente ma dentro di me pensavo: questa la prima volta parte male!”.

E poi ha detto che “non è facile essere la moglie di un calciatore e non è stato facile starmi accanto in quest’ultimo anno e mezzo, significa che sei davvero innamorata e questo conferma che ho fatto la scelta migliore di averla accanto in questi vent’anni”».

Legato all’addio al calcio all’Olimpico il 28 maggio 2017, al termine di Roma-Genoa, c’è un aneddoto che ha dato il titolo alla serie. «Sì, la produzione ha contattato il tifoso che espose lo striscione con scritto “Speravo de morì prima” (ndr: di vivere il dolore dell’addio di Totti al calcio), scelto proprio per dare il titolo alla serie, e gli hanno riconosciuto il copyright e soprattutto lo hanno ringraziato».

Cosa le hanno detto Totti e Ilary quando hanno visto la serie o l’avete vista insieme? «Il primo episodio ho voluto che lo vedessero da soli per avere la libertà di commentare. Poi sono stati loro a chiamare me e Greta Scarano per vedere gli altri insieme. Io ero attento alle loro reazioni, non hanno dato per nulla l’idea che non gli piacesse, insistevano per vedere puntata dopo puntata e si sono emozionati».



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