Chi sono i figli e chi è la moglie di Sergio Mattarella: Laura, Bernardo Giorgio e Francesco



La moglie si Sergio Mattarella Marisa Chiazzese è tragicamente scomparsa per un cancro nel 2012. “Ho riflettuto a lungo”, ha detto durante un discorso al Quirinale, “quando, per seguire la mia persona più cara al mondo, ho passato con lei diverse settimane di visita agli ospedali”. Per tutte le persone che ora sono sane – e forse anche per quelle che allora non lo erano – sarebbe auspicabile che ogni tanto passassero qualche giorno a visitare gli ospedali, perché il contatto con la sofferenza aiuterebbe chiunque a dare a qualsiasi cosa il suo giusto posto.



Quali sono i figli di Sergio Mattarella? Il Capo dello Stato ha tre figli: Bernardo Giorgio, Francesco e Laura. Una famiglia molto unita, con una storia che risale alla morte prematura della moglie per un cancro di oltre 20 anni fa. Ecco perché da quando si è insediato nel 2015, Sergio Mattarella è sempre stato accompagnato dalla figlia Laura agli eventi di Stato. Sul secondo genero, non si sa molto di lui perché è un uomo così riservato.

Marcello Pera, Andrea Riccardi, Carlo Nordio, Letizia Moratti, Giulio Tremonti, Maria Elisabetta Alberti Casellati, Elisabetta Belloni, Sabino Cassese, Franco Frattini, Paola Severino, Marta Cartabia, Giampiero Massolo, Pier Ferdinando Casini, Silvio Berlusconi.

Ne dimentichiamo qualcuno? Sì, sicuramente: mai come per l’elezione di quello che doveva essere il tredicesimo presidente della Repubblica italiana si sono fatti così tanti nomi e avanzate così tante candidature.

Per quasi una settimana i partiti sono apparsi frastornati, ondeggianti come sulle montagne russe. Hanno proposto candidati che sono durati lo spazio di poche ore. Qualcuno è stato votato, qualcun altro è servito solo a gettare un po’ di fumo negli occhi agli avversari.

Alla fine si è tornati a quello che qualcuno ha definito il “bene rifugio” degli italiani, Sergio Mattarella. Perché cercare un tredicesimo presidente quando il dodicesimo è così amato, così autorevole, così rassicurante e stimato anche all’estero? Sembra facile, addirittura logico.

Ma di logico, in questa vicenda, c’è stato ben poco. A iniziare dal fatto che i leader dei partiti sono arrivati all’appuntamento del tutto impreparati. Eppure, di tempo per discutere ne avevano avuto. Certo, fino a qualche settimana fa molti commentatori sembravano dare per scontata l’elezione di Mario Draghi, attuale presidente del Consiglio.

Ma, si chiedevano i dirigenti dei partiti: se Draghi va al Quirinale, chi farà il premier? Si rischiava la caduta del governo, e quindi il caos. Nei giorni precedenti il voto, un sondaggio dell’istituto Demopolis certificava che se gli italiani avessero potuto decidere avrebbero sicuramente scelto Mattarella o, in second’ordine, Draghi.

Il problema era che Mattarella aveva fatto capire che a un secondo mandato non ci pensava proprio e che considerava inconcepibile che i partiti non riuscissero a mettersi d’accordo su un nome condiviso e autorevole.

A rendere le cose ancora più tortuose è arrivata poi l’auto candidatura di Silvio Berlusconi. Indigeribile per il centrosinistra, ma nemmeno troppo sostenuta dal centrodestra, tanto che alla fine lo stesso ex premier, una volta capito che non aveva a disposizione i voti necessari, si è fatto da parte.

Intanto, però, si erano persi altri giorni. Il 24 gennaio i 1.009 grandi elettori convocati per eleggere il presidente della Repubblica non avevano la minima idea di cosa sarebbe accaduto né avevano ricevuto indicazioni dai loro leader su chi avrebbero dovuto votare. È iniziata così la giostra dei nomi.

Qualche leader come Enrico Letta, segretario del Pd, non ne ha mai fatti e ha aspettato le mosse degli avversari, qualcun altro, come Matteo Salvini, capo della Lega, di nomi ne ha fatti fin troppi. Si è parlato insistentemente di una donna al Quirinale, ma quando si è trattato di tradurre in pratica le parole si è riusciti solo a mandare alla sconfitta annunciata la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, o a spendere affrettatamente e senza le opportune verifiche un nome altrettanto autorevole, quello di Elisabetta Belloni, capo del Dis (Dipartimento informazione per la sicurezza), i servizi segreti italiani. Intanto fioccavano le schede bianche o nulle e i soliti spiritosi scrivevano sulla scheda il nome di Amadeus o di Terence Hill.

Mattarella osservava da lontano, sempre più perplesso e preoccupato. Gli scatoloni del trasloco erano già arrivati nell’appartamento del quartiere residenziale di Roma dove, da presidente emerito, sarebbe andato a vivere. Però tra i 1.009 grandi elettori qualcosa stava accadendo: di votazione in votazione le schede con il nome di Sergio Mattarella continuavano ad aumentare. All’inizio si trattava di attestati di stima, quasi una forma di ringraziamento.

Al primo scrutinio sono stati 16 voti, 39 al secondo, 125 al terzo, 166 al quarto, 46 al quinto fino ad arrivare ai 336 del sesto scrutinio e ai 387 del settimo. Un segnale chiaro che i leader dei partiti non potevano più ignorare. Le ultime ore sono state convulse. Salvini e Giuseppe Conte, presidente dei 5 Stelle, hanno gettato nella mischia il nome della Belloni. Matteo Renzi, capo di Italia viva, e Silvio Berlusconi hanno detto no: senza il loro consenso la maggioranza di governo sarebbe evaporata. Insomma, Salvini e Conte hanno probabilmente fatto il tipico passo più lungo della gamba. Poche ore dopo sembrava che potesse farcela Pier Ferdinando Casini.

C’è andato vicino: da politico di lungo corso è comunque riuscito a mascherare apparentemente la delusione. Cosa restava da fare, quindi? La cosa più logica e più semplice: seguire l’inequivocabile messaggio che arrivava dai grandi elettori e quello che giungeva, allo stesso tempo, dal Paese. È stato tutto chiaro quando anche Salvini ha detto: «Chiediamo al presidente Mattarella di ripensarci e accettare un secondo mandato».

Quando leader di partito e presidenti di Regione sono andati da lui per chiedergli un altro settennato, qualcuno ha voluto scherzare: «Presidente, l’aiuto a disfare gli scatoloni?». La risposta è stata secca: «Faccio da me, grazie». Poche ore dopo Sergio Mattarella è stato eletto presidente della Repubblica con 759 voti. Solo Sandro Pertini, settimo presidente dal 1978 al 1985, prese più voti: 832. «I giorni difficili trascorsi per l’elezione alla Presidenza della Repubblica nel corso della grave emergenza che stiamo attraversando richiamano al senso di responsabilità e al rispetto delle decisioni del Parlamento.

Queste condizioni impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati e, naturalmente, devono prevalere su altre considerazioni e su prospettive personali differenti, con l’impegno di interpretare le attese e le speranze dei nostri concittadini», ha dichiarato Mattarella subito dopo lo spoglio decisivo. I cinque giorni dal 24 al 29 gennaio, culminati con l’elezione del presidente, saranno ricordati anche per lo scompaginamento che hanno provocato tra le coalizioni dei partiti e all’interno dei partiti stessi. Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, furibonda con Salvini, ha detto che il centrodestra va totalmente rifondato. Forza Italia dal canto suo si è smarcata dalla Lega e da Fratelli d’Italia avvicinandosi di più al centro, e in particolare a Italia Viva di Renzi. Nel Movimento 5 Stelle è in corso la resa dei conti tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. Sergio Mattarella e Mario Draghi hanno di fronte a loro un compito certamente non facile.



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